mercoledì 15 febbraio 2017

miscellanea

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  works/opere






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  works/opere



(*)… Massimo Palumbo accoglie e fa sua  l’indicazione filosofica e costruttiva di tutta una linea dell’arte, per la quale fare l’opera è delimitare il perimetro sostanziale, il suo limite essenziale come la sua potenzialità totalizzante e infinita, luogo insondabile dove lo sguardo riacquista la propria verginità. L’opera, con la sua esistenza autonoma e autosignificante, indica senza definirlo uno spazio energetico, illimitato ed inesauribile. La superficie supera il concetto di stampo newtoniano, di spazio-contenitore e aderisce all’idea spazio-temporale di campo…
Patrizia Ferri
(*)  Da “ i bianchi” catalogo mostra “i bianchi” a cura di Patrizia Ferri,  1992 Galleria A come Arte  Vico Ischitella Riviera di Chiaia Napoli. Edizioni Arti Grafiche Archimio Latina

(*)... Non puoi nascondere tuttavia la tua formazione culturale costruttiva, oltretutto sei anche un valente architetto; le ampie superfici bianche e neutre nei tuoi quadri alludono al vuoto dell’aria dove la materia e i segni si posano con intenzionalità costruttiva come in una ideale architettura pittorica.
  Achille Pace
 (*)  Da “ i bianchi” 1992 catalogo mostra “i bianchi” a cura di Patrizia Ferri , Galleria A come Arte Vico Ischitella Riviera di Chiaia Napoli





(*)… Massimo Palumbo presenta a Riciclarte alcune opere che costituiscono, per molti versi, i punti cardinali della sua quasi ventennale ricerca artistica. Interessato da anni al potenziale espressivo e metamorfico di vari materiali di scarto come le garze, gli stracci, le cortecce d'albero ed il polistirolo, l'artista esprime una sua autonoma maturità con la serie dei "Bianchi", suggestivi ed intensi monocromi. Opere queste riconducibili ad un lirismo materico fortemente evocativo, che rivela elementi di carattere introspettivo, di discorsività esistenziale, ma anche una sontuosità compositiva di ampio respiro. La stoffa rappresa, quasi coagulata e raggelata conserva inoltre una carica espressionista, di tensione drammatica, che pretende un contatto ravvicinato, epidermico ed emotivo con i materiali.
      Andrea Bellini
   
  (*)Da “Attorno al riutilizzo dell’oggetto d’uso  ” catalogo mostra  “ RICICLARTE … ” Testo Critico di Andrea Bellini  2000  ITIS Liceo Tecnologico “G.Marconi “Latina, in collaborazione con  LATINAMBIENTE  SPA Residence BORSARI Latina






(*)…L’interesse del lavoro di Palumbo è proprio in questo suo duplice atteggiamento. Da una parte la sua formazione, la sua natura, di architetto è tesa verso il progetto (polittici, accostamento di più parti ed elementi); dall’altra una dimensione più istintiva e vibrale gli consente di affidarsi, valorizzandole, a più complesse e non del tutto prevedibili situazioni di “ visione”. Di qui, in un certo senso, un valore di stile di vita, un’arte come specchio della personalità dell’artista, di persona aperta e tendente insieme al progetto (progetto aperto) .
Teresa Zambrotta    

       (*)Da “Massimo Palumbo ” ,  testo critico di Teresa Zambrotta  su  NEXT  rivista d’ARTE e CULTURA .Anno XI n. 35- Autunno Inverno   1995 .





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...il lavoro di Massimo Palumbo si dirama in molteplici direzioni, è un affermato architetto, un artista innovativo e uno ricercatore attento che si è occupato della divulgazione dell’opera dello scultore Franco Libertucci e, ultimamente, ha collaborato alla pubblicazione di Littoria poi Latina – Contemporanea 1945-2003.
La sua ricerca artistica è caratterizzata da diverse tipologie di opere: installazioni, opere d’arte ambientale e pittoriche...
...la  serie I Bianchi, a cui l’artista si dedica da vent’anni.  Un impianto costruttivo armonico ed equilibrato caratterizza questa produzione dell’artista, alla quale conferisce una spazialità certa e definita. La superficie monocroma dell’opera è alterata e drammatizzata dall’assemblaggio di materiali eterogenei, solitamente di scarto, stracci, corde, garze, che conferiscono tridimensionalità e plasticità alla tela. Sono opere intense, che si caricano di un vissuto che scardina il candore iniziale e lo proietta nella realtà, senza mai perdere il carattere poetico ed emozionale risultato della calibrata costruzione plastica...

Federica Rigillo












Dall’Emozione al Gesto

Il 26 novembre ho incontrato Massimo Palumbo a Latina dov’egli vive ed opera, un venerdì importante per la città pontina che lo ha vissuto all’insegna della cultura presentando una rassegna di arti figurative curata da Vincenzo Scozzarella che ha riunito "Gli artisti di Latina in 900 minuti per la città del 2000", nel Palazzo della Cultura - Foyer del Teatro, dalle ore 9,00 alle ore 24,00. Con Massimo Palumbo hanno esposto Sergio Ban, Giuliana Bocconcello, Carmine Carbone, Nicoletta Piazza, Massimo Pompeo, Patrizia Talamo, Venanzio Manciocchi, Carla Viparelli e Tonino D’Erme. Una mostra interessante raccolta nella tematica "Dall’Emozione al Gesto - Il Primitivo nell’arte contemporanea". All’interno una mostra di Fotografia organizzata dal Foto Club di Latina e la presenza della Casa editrice Har Tzion. Nel Teatro è stato presentato uno spettacolo gratuito no stop di musica, teatro e danza che ha visto all’opera artisti locali. Vorrei ora dire qualcosa sul lavoro globale di Palumbo partendo a ritroso e quindi ad iniziare dal lavoro che ha presentato in questa occasione. Su di un drappo ‘Nero’, Massimo ha collocato due opere ‘Bianche’ realizzate con tecnica mista su tela e gesso su legno di cm 40×40 ciascuna; l’una intitolata "L’aria è irrespirabile", l’altra "Spegnete l’interruttore". Ed anche uno sgabello impagliato che fa da piedistallo ad un corpus di tele, carte ed oggetti impacchettati e uniformati con l’‘Argento’.  "...È una vocazione per Palumbo costruire nel bianco, utilizzato come materia della pittura in senso sintetico, in una costruzione non geometrica designabile come area vuota, per cui l’opera è manifestazione di luce. In questo senso il lavoro dell’artista è illuminato e illuminante perché il minimo vedere sia massimamente significativo". (1) Patrizia Ferri cosí si è espressa nella presentazione della monografia Massimo Palumbo - "i bianchi". E da qui voglio iniziare la mia breve riflessione sull’opera vista in questa mostra. È noto che il bianco è definito colore acromatico perché non è una particolare tonalità bensí le ingloba tutte, infatti, la scomposizione della luce che dobbiamo a Newton rende visibili i sei colori definiti puri dell’iride. Ora, proiettando i colori detti primari e cioè il rosso, il giallo e il blu, tramite filtri colorati, si ottiene il bianco. La stessa cosa accade per il nero che è assenza totale di luce e cioè, colorando una superficie si sottrae alla luce la parte colorata e sovrapponendo quindi rosso, giallo e blu, si ottiene il nero. Alla luce di queste conoscenze va da sé che per un artista la scelta dei colori è fondamentale. Allora, il drappo nero, assume una rilevanza essenziale perché suggerirà l’azzeramento di qualsivoglia tonalità per concentrare l’attenzione e renderla viva. Parimenti, le opere bianche, in considerazione di come si ottiene il bianco, attestano - attraverso la chiara esplicitazione del significato conferito già nei titoli - l’inequivocabile significante: la necessità di rendersi conto e di porsi domande sul contenuto delle opere che poggiano sul pavimento perché rappresentano la base, il fondamento della presa di coscienza che l’artista vuole condividere con l’osservante.  Queste stesse opere, unite simbolicamente a quelle della ricerca globale di Palumbo, subiscono una trasformazione immediata e mediata dalla mostra, per divenire bagaglio a disposizione di e per tutti. Esse sono custodite e affidate all’ Argento e l’Argento non è un colore bensí un metallo, nobile metallo duttile e malleabile da poter essere trasformato in Oro, metallo nobilissimo e piú prezioso il cui valore è la base per stabilire il valore delle cose utili alla vita.  Anche a questo deve tendere la vera Arte.

Carmine Mario Mulière