martedì 14 marzo 2023

isabella nicchiarelli per anna cappelli e giada prandi

 






isabella nicchiarelli 

per Anna Cappelli e Giada  Prandi

di Annibale Ruccello  


Regia di Renato Chiocca   Scena di Massimo Palumbo

È vero: Anna, il personaggio della pièce recitata da Giada Prandi  con la regia di Renato Chiocca, ha preso in affitto una stanza presso la signora Tavernini, proprietaria dell’appartamento, e non è che in quella stanza ci si trovi poi così bene. La signora Tavernini ha dei gatti e quando cucina loro il pesce, l’aria diventa irrespirabile.  D’altra parte, la stanza in affitto è solo il primo gradino di un viaggio doloroso nel quale l’alterità è sempre in agguato; il volto indifferente delle successive “stazioni” di una vita alienata muta espressione e contesto, ma in fondo è sempre lo stesso. Ed è vero che la prospettiva di vivere con il ragionier Tonino Scarpa nel suo appartamento di dodici stanze le sembra quanto di meglio possa desiderare. Non potrebbe essere diversamente, perché Anna Cappelli è la figlia di una società e di un momento della storia italiana che le ha insegnato a desiderare ciò che si rivolterà contro di lei, ad ammirare fascinosi fantasmi che si riveleranno delle spietate mostruosità.  L’ossessivo rifugiarsi in oggetti e persone alle quali rivolge di continuo l’aggettivo “Mio, mio, mio” si risolve in una sorta di disarmante “vanitas” per cui alla fine ciò che è veramente suo è lei stessa, non più quella dell’inizio, però, quanto piuttosto una Anna ferita e disillusa che si contrae nella voce e nel corpo, drammaticamente, per aggrapparsi a quel poco che le resta.   La recitazione di Giada Prandi segue passo passo la storia interiore del personaggio con sofferta partecipazione e in essa la parola muta nel tempo fino quasi a diventare suono disarticolato. Ed è inevitabile che sia così, che la voce diventi mugolio e lamento ora che la bocca di Anna si appresta a fare “suo” il corpo di chi si vuole separare da lei divorandone le membra. È un tentativo finale di possesso del tutto inutile, un possesso di ciò che è morto, cui può seguire solo un’ultima disperata invocazione: “Aiuto!”

Isabella Nicchiarelli*

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 *Isabella Nicchiarelli scrittore vive a Roma dove ha lavorato come insegnante e ha coordinato per anni un laboratorio di scrittura creativa. L’ultimo suo libro: Quelli vivi e quelli morti   del 2021









 la maquette

2022

massimopalumbo

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tra il tradizionale e il nuovo

 



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"...Che tra il tradizionale e il nuovo, o tra ordine e avventura, non esiste una reale opposizione, e che quello che chiamiamo tradizione oggi è una tessitura di secoli di avventura." 

Jorge Luis Borges



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venerdì 3 marzo 2023

poi, l'ispirazione sociale di Bacon

 





PER MASSIMO

Anna Cappelli      con Giada Prandi

Di Annibale Ruccello   Regia di Renato Chiocca   Scena di Massimo Palumbo

Quando un artista raggiunge la meta desiderata di un suo stile personale e inconfondibile, potrebbe dirsi soddisfatto, sebbene la soddisfazione non sia una condizione facilmente raggiungibile dagli artisti. In ogni caso, anche quando questo accade, l’artista deve continuamente affrontare, come in un’incessante battaglia, le condizioni diverse e difficili che la realtà dei fatti e le occasioni concrete presentano allo sviluppo del suo lavoro. Nella realizzazione, per lui insolita, di una scenografia teatrale, Massimo Palumbo è riuscito proprio nell’impresa di conciliare la sua personale visione del mondo e dell’arte con la messa in scena di un testo fortemente drammatico. Il testo è il racconto in prima persona dell’esistenza stessa di una donna nella realtà sociale di oggi, con le sue speranze, il suo dolore, le sue amare disillusioni. Il rigore e la misura quasi classica con la quale Massimo presenta sempre le sue opere e i suoi oggetti, che con precisa nitidezza centralizzano lo spazio nel quale si collocano, si scontravano in questo caso con il vero e proprio tormento con il quale la protagonista ha gestualmente e verbalmente dato forma alla sua narrazione.  Così, l’idea del cubo vuoto, disegnato nello spazio teatrale da sottili elementi metallici bianchi si è concretata nella leggera ma incancellabile presenza di una gabbia, paradossalmente aperta, ma in realtà invalicabile per la sua forza puramente concettuale.  L’efficacia di questa idea è, a mio parere, confermata dalla sua vicinanza alla pittura di Francis Bacon, che non ha necessariamente caratteri scenografici e teatrali, ma che in profondità ci rivela la sofferta solitudine e l’intimo agitarsi dell’anima dell’individuo, fino all’emergere di una deformazione fisica, in una prigionia che è quella di una geometrica indifferenza dello spazio che lo circonda e che pretende di essere razionale. Ed è quello che è accaduto in questa pièce, nella quale progressivamente la sofferenza del personaggio, il tremore del suo corpo, il contrarsi dei suoi gesti, il lamento della voce e persino i colori e le pieghe dei suoi vestiti accrescono nel tempo il livello tragico della rappresentazione e si stagliano contro l’indifferenza e la fissità temporale di un algido cubo bianco.   E tanto più interessante è il rapporto dialettico fra il dinamismo espressivo dell’attrice e l’immobile stereometria del volume cubico, riletti sullo sfondo della pittura di Bacon, se pensiamo che questo grande pittore è un tipico esempio di quella arte inglese ed europea di ispirazione sociale, che punta in modo talvolta spietato il suo sguardo sulla difficile esistenza di uomini e donne nel mondo moderno.

Andrea Lanini






pillole rosse



....Parc de la Villette, è uno dei più parchi di Parigi, che si estende per 55 ettari tra la Porte de la Villette e la Porte de Pantin. Situato in posizione periferica, nella zona orientale di Parigi, il parco fu progettato dall'architetto svizzero Bernard Tschumi e inaugurato nel 1991. Questa area, che sorge in una zona in cui originariamente si trovava l’unico mattatoio della città, rappresenta una interessante attrazione sia dal punto di vista architettonico che culturale e scientifico, infatti, include: Cité des Sciences et de l'Industrie; Géode, la sala di proiezione semisferica; Cité de la musique, un museo di strumenti musicali con una sala da concerto e sede del Conservatorio; lo Zénith, un’arena con 6300 posti a sedere; la Grande Halle, spazio dedicato a fiere ed eventi; la Philharmonie de Paris, una sala da concerto sinfonico con 2.400 posti a sedere. Questo modernissimo parco comprende dei giardini a tema con opere e aree destinate ai bambini. Tra i giardini tematici,il Jardin du Dragon,  e il Jardin de Bambou, progettato da Alexandre Chemetoff, vincitore nel 2000 del Grand Prix de l'urbanisme.






 .....gli oggetti  datati, ma che forza!..... 
a la Villette ____Paris



mercoledì 1 marzo 2023

il cubo

 





....ci fa molto piacere.


e eri sera  28.02.2023 a Roma Testaccio al Teatro Cometa Off la prima  con una grande

GIADA  PRANDI 

......Un lavoro che arriva nitido e senza fronzoli ma con tutti i passaggi necessari, evidenziati molto bene. Efficacemente essenziale la scenografia, giusti i costumi e gli inserti di musica originale e non. 

Grazie a voi per questo Buon Teatro.....

 ALBERTO BASSETTI   drammaturgo

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domenica 26 febbraio 2023

abo

 

abo


Mi avete chiesto il mio pensiero su questo articolo...ecco lo scrivo qui...per quello che può valere.

Bonito Oliva ha ragione nel dire che "l'arte da sola non esiste" e aggiungerei...non esiste perché ha bisogno di marketing, di mercato, di spettacolarizzazione, di brand, di record price, di grandi Fondazioni o forse di pochi "oligopoli". Perché un'arte che non sia accostata al profitto non esiste. Ma guardando con occhi puri l'arte noteremmo come questa epoca sia "di virtù nemica"; come sia nemica della poesia, di un testo letterario...di un dipinto, di tutto ciò che oggi è considerato "inutile".  Ecco allora vi scrivo, cari amici, come per me "niente è più utile dell'arte inutile", il progresso è quello spirituale, interiore...quello che non può servire ad alcunché. Nell'arte inutile nascono sogni, visioni, folgorazioni...l'umano, per essa, è stato messo al mondo. E allora ben venga scegliere di guardare un quadro di Caravaggio piuttosto che l'ultima provocazione di Cattelan...ben vengano i disturbati della Bellezza, i confinati, i malinconici, piuttosto che i trader con la valigetta 24 ore...ben venga una poesia di Neruda a una canzone di Fedez...ben venga un campo di rose a una coltivazione intensiva di ortaggi. E penso che il sacro, l'unico in grado di renderci umani...sia proprio in tutto ciò che è inutile, che è così piccolo, apparentemente insignificante, quasi invisibile ai più. 

Bisogna praticare le arti "inutili" per avere in questo mondo attimi di bene. Per parlare con gli ultimi Angeli rimasti ancora vivi.

Stefania Pieralice

a como


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TERRAGNI