giovedì 2 febbraio 2017

Paolo Picozza





La Piazza+Nera /  Paolo Picozza 




Paesaggio / Paolo Picozza

 

Achille Bonito Oliva cura la personale postuma del pittore. Al Macro Testaccio la sua prima grande mostra

Paolo Picozza era nato a Latina nel 1970 ma già nel 2010 era venuto improvvisamente a mancare, non vedendo mai l’alba di una notte infinita nella sua casa di campagna a San Martino al Cimino, in provincia di Viterbo. Nonostante la giovane età, Picozza si era fatto apprezzare nel mondo dell’arte per l’originalità della sua pittura, fatta di dense pennellate, e della sua personalità, amante dei viaggi e delle grandi città spesso ritratte nelle sue tele. In caduta libera con poco cielo davanti è il poetico titolo della prima importante mostra in un museo pubblico dedicata al pittore: l’esposizione, a cura di Achille Bonito Oliva in programma fino al 26 gennaio al Macro Testaccio, raccoglie circa quaranta opere dell’artista, datate dal 2001 al 2010, tra cui tele di grandi dimensioni, opere su carta e alcuni tra i suoi ultimi lavori inediti; in mostra anche un’intervista video inedita. Le sue imponenti tele, segnate dalle visioni metropolitane e paesaggistiche, sono graffiate da vigorosi segni scuri che incarnano paesaggi interiori trasfigurati attraverso materie forti, di solito smalto nero e bitume che si mescolano ad olio e acrilici.  Spazi reali che si trasformano e si modificano in una visione di materia densa e solide tensioni espressive. Il tempo descritto nei lavori di Picozza sembra dilatato: “perché raffigura un’emozione vissuta in un arco temporale variabile. Spesso per questo non ci sono figure umane, magari ci passano dentro, ma non hanno il tempo di essere fermate”, come ha dichiarato Picozza in Inchiesta sull’arte – Quattro domande a cinque generazioni di artisti italiani (a cura di Simone Battiato, 2008). Nel 1994, alla galleria Il ferro di cavallo di Roma, Picozza tiene la sua prima esposizione a cui ne seguiranno molte altre anche a Milano e Berlino per arrivare fino in Giappone, a Tokyo e Osaka. I suoi lavori più recenti presentano delle aperture date dal maggiore uso del colore bianco. La mostra romana è accompagnata da un catalogo, ed. Punctum, con un testo critico del curatore, un contributo di Fabio Sargentini, un ricordo della sua gallerista Francesca Antonini e un’intervista all’artista di Simone Battiato. Il catalogo raccoglie inoltre un ricco apparato iconografico con immagini delle opere in mostra e un significativo supporto di fotografie di repertorio.
                            Zoe Bellini


ph: by INSIDEART

..poi su via Ezio a Latina





Il Conservatorio Statale di Musica di Latina

Il Conservatorio Statale di Musica di Latina origina come sede staccata del Conservatorio di Musica «S. Cecilia» di Roma nell’a.a. 1979/80 (D.P.R. 15 settembre 1979) . Dal 1° ottobre 1988 (D.P.R. 30 aprile 1988) è istituito come sede autonoma e nel 1991 prende il nome di “Ottorino Respighi”. La sede iniziale è stata l’ex Opera Nazionale Balilla, oggi Museo “Duilio Cambellotti”, mentre i due stabili attuali siti in via Ezio facevano parte dell’ex comprensorio militare sempre d’epoca fascista, successivamente ristrutturati proprio per accogliere le esigenze di una Istituzione musicale. Oggi, insieme alle limitrofe sedi universitarie di Ingegneria ed Economia, rappresentano la zona universitaria della città. A seguito della legge 508 il Conservatorio diviene Istituzione nel sistema dell’Alta Formazione Artistica e Musicale. E’ governato da un Presidente, che ne è il rappresentante legale, e che presiede il Consiglio di Amministrazione e dal Direttore, eletto dal corpo docente, che presiede il Consiglio Accademico, che ha funzioni di indirizzo programmatico.  Grazie ad una Convenzione firmata con il Comune di Gaeta nel Giugno 2013, il Conservatorio “Ottorino Respighi” dispone attualmente anche di una sede nella bella cittadina marinara del sud pontino.


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    01.02.2017
...poi su via Ezio a Latina apparve un nuovo segno...
    il grande leggio.... 


 



………è per me un onore e un grandissimo piacere poter presentare presso la sede del Conservatorio di Latina uno dei "pilastri" artistici di quella che con Fabio D'Achille definiamo da anni Scuola Pontina; un insieme di personalità eterogenee che da Cambellotti, Greco, Manzù, Indrimi, Ban...si sono raccolte e si raccolgono nel triangolo magico di quella pianura delimitata dal promontorio del Circeo, dai Lepini, dalle propaggini estreme dei Castelli Romani. Massimo Palumbo, artista, architetto, dalla "doppia" anima molisana e pontina, è anche un grande curatore museale ed ecomuseale, sensibile come pochi alle problematiche e agli incanti del contemporaneo inserito in contesti paesaggistici ed urbani. Sua l'attenta e suggestiva valorizzazione, tramite il progetto Kalenarte, del borgo monumentale di Casacalenda, che in nulla cederebbe, qualora opportunamente e adeguatamente restaurato, al fascino di altri ben più celebrati contesti urbanistici dell'Italia centrale ed appenninica. Ricordo l'emozione con cui, nel corso di una gita da lui stesso guidata in quel di Casacalenda, osservammo scendere la sera e poi la notte sul borgo antico e collinare, disseminato della presenza di sculture amiche, di artisti da lui, artista, reclutati per ripopolare e far rivivere il bellissimo paese natale. Nell'ora vespertina, contro un cielo sempre più indaco in cui si accendevano le stelle, si accendevano anche i globi di un'illuminazione da lui progettata, a valorizzare le vestigia del passato glorioso e monumentale di un territorio ingiustificatamente negletto. Ducato di Sannio, forse, ma potrei sbagliarmi..
Sua infine la cifra comunicativa, estemporanea, di un concettuale rigoroso e "popolare", tale da ridurre in "vulgata" contenuti etici del massimo impatto.
Marcella Cossu*
22.10.15
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*Storico dell’Arte GNAM Roma





mercoledì 1 febbraio 2017

le sinergie....e il lavoro di squadra


 le città sono fatte così
le sinergie....e il lavoro di squadra 

....era VIVI ed ero a Palermo tre anni fà il 2013,  invitato per una mostra  realizzata  proprio ai Cantieri della Zisa…esperieza fantastica ed il grazie a distanza di tempo va a Cristina Costanzo curatrice del progetto. Ricordo che  tra le diverse persone che a vario titolo  mi furono presentate, ricordo..... l’architetto Marsala con compiti direttivi sui Cantieri Culturali. Oggi la nomina di Palermo Città della Cultura e mi fa piacere riportare questo suo intervento ripreso dalla rete.
….le città sono fatte così. Sono un fatto collettivo e non individuale. Sono l'esito di un complesso di intelligenze, azioni, pensieri e desideri…..  naturalmente aggiungiamo noi il quanto non può valere solo per Palermo.!!....  solo i sordi non sentono.!!


PALERMO CAPITALE ITALIANA della CULTURA 2018.








………PALERMO CAPITALE ITALIANA della CULTURA 2018. Come in tutte le cose, i successi o gli insuccessi, vengono da lontano. Al di la di come si costruiscono le narrazioni, vecchie e nuove. E vengono perché in tanti ci hanno creduto, lavorato, investito; messo ingegno, fatica, passione, entusiasmo, fosforo e fantasia. E magari anche qualche delusione. Tanti, molti di più di quanti si possa, o si voglia pensare. Molti di più di quelli che si vorrebbero o non si vorrebbero. Perché le città sono fatte così. Sono un fatto collettivo e non individuale. Sono l'esito di un complesso di intelligenze, azioni, pensieri e desideri. Oggi che Palermo ha questa grande opportunità mi viene da dire e da pensare che "La città lo sa fare" e non uno solo. Credo che bisognerebbe ringraziarla questa città, a partire da coloro che vollero a tutti i costi riaprire, e ci riuscirono, gli spazi culturali colpevolmente chiusi, primi fra tutti i Cantieri Culturali alla Zisa. Riconoscere le storie collettive non può che essere il primo passo di chi vuole fare squadra, poiché molte delle pagine di molte storie, di molti progetti (persino in quelli delle candidature), di molte speranze sono già state scritte dalla città che ha provato ed è riuscita a fare squadra senza volere niente in cambio ma solo veder crescere i propri figli in una città diversa. In un mondo dominato dall'infosfera e dalle post verità alcune storie restano scintillanti e cristalline perché sono autentiche hanno in corpo l'argento vivo. Fuori da ogni retorica e dentro una stupefacente, allegra, scanzonata gentilezza. Grazie, dunque, oggi, a chi c'era ieri e a chi la città la fa tutti i giorni e la guarda in faccia così com'è: amara, struggente, distratta, complicata, stupefacente, mozzafiato, opulenta, stracciona, mafiosa, pulita dentro. Grazie: una parola semplice, umana, cristiana (per chi ci crede) ma sacra sopra ogni religione perché tiene insieme le persone. Grazie alla città che lo sa fare! Con o senza distintivo….   Giuseppe Marsala










VIVI /Cantieri della ZISA
Palermo settembre/ottobre  2013
a cura di Cristina Costanzo

martedì 31 gennaio 2017

l' INFINITO







carte&carte omaggio a Burri
tecnica mista
2000
MassimoPalumbo







 l' Infinito, l'Architettura..

Ieri  sul razionalismo... e l'Archiettura, il suo essere,  il suo valore civile, l' etica .....poi Vincenzo Latina ci spiazza  e ci ricorda l'essere visionari...e come poter apprezzare sino in fondo l'architettura, nella sua essenza.....poi dice 
.....i riferimenti del prossimo progetto? Non immagini, ma suggestioni! Siamo ubriachi, anestetizzati dalle seducenti immagini. Abbiamo bisogno d'immaginazione e non di immagini. 
Questa poesia è strabordante di suggestioni, è anche maestra d'architettura. 
Se vuoi apprezzare sino in fondo l'architettura, nella sua essenza, allora devi comprenderne la sfera onorica. 
La letteratura come la poesia sono maestre perchè ti fanno vedere l'invisibile con l'occhio della mente. Infinto Leopardi, L'Infinito di Leopardi. 

"...E il naufragar m’è dolce in questo mare." 
                                                  
                                                L'INFINITO

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare. 
                                  Giacomo Leopardi