giovedì 14 febbraio 2013

il poeta di costas varotsos

 
 
 
 
Il Poeta di Costas Varotsos
 

photo by Guerimo Trevisonno

vanessa beecroft







 
 
........Vanessa Beecroft. Figure femminili mute e immobili testimoni di un'epoca dominata dal culto del corpo e dell'immagine.

mercoledì 13 febbraio 2013

la morte di gabriele basilico



         13.02.13
La morte di Gabriele Basilico. Un saluto a un grande fotografo del nostro tempo.



Parco Lambro
1976

 

città di pietra biennale di venezia







Angiolo Mazzoni Palazzo delle Poste di Littoria,1932.



 
Angiolo Mazzoni Palazzo delle Poste di Littoria,1934.
Progetto di ampliamento non realizzato.
Ricostruzione in 3D esposta alla Biennale di Venezia alla 10 mostra di Architettura, nella mostra Città di Pietra a cura di Claudio D'Amato.





Oriolo Frezzotti Casa del Fascio Littoria,1942.
Progetto, prospetto principale 
Ricostruzione in 3D esposta alla Biennale di Venezia alla 10 mostra di Architettura, nella mostra Città di Pietra a cura di Claudio D'Amato

10.
Mostra internazionale di Architettura.
Biennale di Venezia 2006

“Città di Pietra"
a cura di
Claudio
D’Amato Guerrieri


“Città di Pietra”
.........sono per definizione
quelle città il cui principale
carattere è dato dall’essere state
pensate e costruite organicamente con la pietra,
fino a quando il declino di concezioni
strutturali basate sulla muratura portante
decretarono la fine della fortuna (critica e
costruttiva) di questo materiale. Un dato oggi
confermato dall’assestamento di termini contrapposti,
attraverso i quali viene riconosciuto
il valore di contemporaneità solo al primo di
essi: modernità-leggerezza-materiali artificiali
vs premodernità-massività-materiali naturali.
Sono città di pietra le città “mediterranee”,
quelle direttamente generate dalla civiltà greca
e romana, dalla loro particolare forma di razionalità
e i cui valori estetici sono diventati nel
tempo ideali condivisi della cultura occidentale.

...........con le città di fondazione: illustra l’idea di città
moderna mediterranea attraverso alcuni
esempi di città di fondazione, la cui natura
organica viene esplorata mettendo in relazione
il legame che intercorre fra architettura
e impianto urbano......

cartolina da costas varotsos

 
 
 
cartolina
 
 

Costas Varotsos

le torri complesso iacp_38







_EPISODI DI ARCHITETTURA
38
 

 


Complesso
per Edilizia Residenziale Pubblica
IACP
“Le Torri”
1988
Latina 1988
progetto
Roberto Perris
Paolo Costanzo
Italo Montemurro


IACP Latina
impresa
localizzazione
Via dei Pionieri della Bonifica,Latina
cronologia
Progetto 1988
     
Il complesso rientra in uno dei programmi di edilizia residenziale pubblica (IACP).
ll progetto è del 1988. Si tratta di due torri gemelle alte 40 ml, che ospitano 144 alloggi e servizi. L'impianto compositivo radica a terra le due torri, lasciando arrampicare i ricorsi di travertino, che segnano le pavimentazioni esterne e la piazza, fino al primo piano dell'edificio; poi, il manto in laterizi rossi avvolge tutte le pareti, fino all'undicesimo piano. Infine, lungo le superfici che racchiudono l'ultimo piano ed i vani stenditoi, affiora la trama strutturale dell’edificio, evidenziata da paraste e bande di travertino, con quadrotti di pietra bleu nei punti di intersezione.
La piazza è avvolta da un'alta scarpata che scherma le aree di parcheggio, e da un filare di palme, tipiche del repertorio vegetale della fondazione di Latina. Il disegno planimetrico, in qualche modo, racconta la storia della fondazione: con la rotazione degli assi delle torri, con la rigida scansione quadrata della pavimentazione che si sovrappone agli andamenti 'naturali' e sinuosi delle sistemazioni a verde, con l'affiorare dell'acqua che ricorda le paludi originarie..... del resto la strada limitrofa si chiama via dei Pionieri della Bonifica.






"Il concetto che mi ha impegnato è stato
l'accordare i due aspetti
di un ordine nuovo: arte e politica"
Giuseppe Terragni

centro commerciale mefi_63



_EPISODI DI ARCHITETTURA
63

 

 MEFI
Centro Commerciale
Latina 1989

progetto
Roberto Perris
Italo Montemurro


collaboratori
strutture
impianti
committente
MEFI snc Latina


impresa
localizzazione
Via Don Torello, Latina


cronologia
Progetto        1987
Inizio Lavori   1988
Ultimazione    1989



L’edificio, a due piani, ospita una vasta area commerciale e servizi connessi al piano terra ed uffici al primo piano.
La concezione dell'edificio si basa sulla netta contrapposizione del prospetto rivolto verso via Don Torello, strada di grande traffico, trattato come un grande segnale urbano Bleu, con la grande bocca d'accesso 'ad onde' ed il resto del volume scandito dalla rigida geometria a moduli quadrati delle piastre di rivestimento bianche, degli infissi, ecc.
La parete che costituisce il prospetto principale è stata nettamente sconnessa dal volume retrostante - è più larga, più alta, sollevata da terra, come sospesa ed è stata realizzata in laterizi smaltati bleu appositamente prodotti, disposti a cortina ed a coltello intorno agli archi delle onde d'accesso. (M.P.)


 



 

"Sempre di più apprezzo e ricerco
nell'architettura la chiarezza,
tanto quanto non apprezzo
il semplicismo".

Alvaro Siza

 

villa isabella_48





_EPISODI DI ARCHITETTURA
48
 
 


Villa Isabella

Latina 1959.
Progetto architettonico e Direzione Lavori:
arch. Vittorio D’Erme.


Calcoli strutturali c.a.
ing. Francesco D’Erme.


Committente:
Giuseppe Isabella.

Impresa costruttrice: Lavori eseguiti dall’impresa di costruzione Bassoli e Compagnucci,
collaudo ing. Vincenzo Gnessi.

Localizzazione:
Viale N. Bixio, angolo Via F. Ferrucci, Latina. (*)


Cronologia:
progetto approvato dalla Commissione edilizia in data di costruzione n° 18875 del 16/06/1959 e successiva variante n° 17639 del 30/08/1961.

Villa “Isabella” fu costruita nel 1959 per volontà del sig. Giuseppe Isabella. Il progetto della villa si distingue di pian terreno, piano primo e attico, con una superficie coperta di  300 mq circa, con una cubatura di 2000 mc circa, per un’altezza complessiva di 9 m. Le fondazioni sono state realizzate con plinti intelaiati con travi di collegamento su sottostante masso di calcestruzzo magro poggiante su di un banco di sabbia compatto
La struttura in elevazione è costituita da pilastri e travi. I solai sono di tipo misto in laterizi e c.a.
Il tipo utilizzato è Sinalunga.
Parte del piano terra è occupato dall’autorimessa, dalla lavanderia, dai locali tecnici (caldaia e serbatoio) e da un magazzino. Nella restante parte, costituita dal portico dei pilotis sollevato da terra e servito da una rampa sul prospetto principale, è disposto il corpo scala per accedere al piano abitato. Questo si sviluppa con uno schema planimetrico abbastanza regolare e risulta pertanto rigido nella distribuzione delle funzioni abitative. La zona giorno e quella notte sono separate dal vano scala con l’ingresso e dal patio. Nella zona notte si realizzano cinque camere da letto con tre servizi e accessori, mentre nella zona giorno si trovano la cucina, il tinello ed un ampio soggiorno – pranzo.

A questa rigidità distributiva fa da contrasto un notevole ed interessante movimento prospettico, sottolineato anche, da un differente uso cromatico che accentua, in grigio, gli aggetti dei solai,  in rosso-arancio le zone in chiaroscuro dei balconi rientranti, e in bianco le lisce pareti di tamponatura interrotte dalle bucature delle finestre a nastro.
Infine nell’attico, oggetto di una successiva variante, è stato realizzato un appartamento autonomo composto dall’ingresso, il tinello, la cucina,  un bagno ed una stanza.
In questo progetto emergono evidenti i riferimenti, l’uso e le reinterpretazioni di alcuni elementi dell’architettura di Le Corbusier, che allora influenzarono le scelte e le soluzioni architettoniche di Vittorio D’Erme: dai pilotis con la rampa nel sottoportico, alle finestre a nastro nella facciata libera al movimento degli aggetti e delle rientranze. (Pietro Petrianni)

(*)  Villa Isabella è stata demolita 2011)




“Ciò di cui mi preoccupo  non
è di produrre forme interessanti,
bensì delle qualità spaziali
delle forme.”Tadao Ando
 

martedì 12 febbraio 2013

case popolari in via picasso



_EPISODI DI ARCHITETTURA
23


Latina 1983
P.Z. 167 Q3
legge n.457/1978
CasePopolari
Impresa Marchionne  Sezze
n.32 alloggi
Progetto Architettonico Paolo Costanzo
con
M.T. Accatino, U.Censi, G.Di Maggio,
M.Mazzoni, F.Scalzi,
G.Viglianti

Latina  Via Picasso



 
 
 
 

Una corte bianca e un teatrino azzurro

……è singolare che io presenti, tra le opere realizzate a Latina, quello che forse è il primo progetto, dopo la laurea in architettura. Forse lo rifarei molto simile, perché lì c’è qualcosa che viene prima di ogni riferimento stilistico. Ha scritto Franco Purini, nel libro IACP Latina 1939-1989: “ …sperimentazione già presente nelle poetiche case di Paolo Costanzo, nelle quali irrompono venti neoclassici, mentre coloriture da architettura coloniale ricordano nei loro portici, nei loro deserti teatrini l’immota aria e il greve silenzio della pianura, prima delle sue città…”. Con la sensibilità dello sguardo verso le cose e verso l’ambiente esterno, che avevo assorbito da Ludovico Quaroni e da Aldo Rossi, capisaldi della mia formazione universitaria, in questo progetto e nei miei successivi ho sempre cercato un rapporto con l’elemento naturale, il vento, la luce del sole, lo scorrere del tempo e delle stagioni. Alla base della torre dell’ascensore ad esempio, una piccola fontana, immaginata come sorgente su cui si costruiva l’edificio, doveva caratterizzare la corte interna, intonacata di bianco e aperta verso il cielo azzurro. Un giorno di maggio, le famiglie che abitavano l’edificio, ne fecero un piccolo altare per la madonnina. Sono rimasto sempre affettuosamente legato a questo sacro teatrino…
Paolo Costanzo
 

 
 

omaggio a benedetto

 
 
 
 
 
 
 
12.02.13

le batiment deux_64





_EPISODI DI ARCHITETTURA
64







Le batiment deux  Latina 1982
Progetto architettonico
Ernesto Lusana

Latina, Via Don Torello-Quartiere Piccarello
Committente: M.I.P. di Elio Polito
Edificio per uffici e negozi

Gli anni Settanta furono caratterizzati da un grande fermento creativo che produsse, attraverso l’edificio cosidetto “triangolone” (P.R.G. Sermoneta), la ricerca grafica delle soluzioni architettoniche tramite lo strumento della sezione trasversale, che ricorrerà da allora  quale pulsione progettuale.
Nel 1978 compimmo tutti un viaggio sulle strade di Francia attraverso un itinerario dedicato a Le Corbusier.
Le   “batiment deux”, il cui titolo deriva senza dubbio da quel pellegrinaggio francese, rappresenta un’evoluzione dello studio della sezione nella quale fa di nuovo la sua comparsa, qui nella duplice veste di elemento distributivo e fortemente caratterizzante, il ballatoio.
Il posizionamento di questo servizio di accesso ai piani generato dalla “ricerca del segno” attraverso le immagini intenzionali, aveva già avuto la sua applicazione in alcuni edifici a Nettuno ma fu concepito per questo fabbricato con volontà dirompente, coraggiosa e fedele al ruolo di architetto-calcolatore.
La scelta di realizzare forme architettoniche avulse dagli standard edilizi determinò anche il piacere di avventurarsi in nuove sperimentazioni, usufruendo in modo inconsueto dei materiali solitamente destinati ai cantieri.
(Nazarena Lusana  F.Lusana )









                        

la foto del giorno

 
 
 
la foto del giorno
 
 
12.02.13
 
photo by Alessandro di Meo
ANSA

ricostruire

 
 
 
pillola
 
 
ricostruire, il segno dei tempi, cesoia, azzerare, giornata storica,voltare pagina,dinamiche,

lunedì 11 febbraio 2013

cimitero comunale_31

   





_EPISODI DI ARCHITETTURA
31








 
“La luce ed il vento ad esempio, assumono preciso significato allorché all’interno di un abitazione si presentano come ritagli della realtà esterna, come frammenti che evocano la pienezza della natura….” 

Tadao Ando

 

ogni epoca ha lasciato







_EPISODI DI ARCHITETTURA
 

 

“…..ogni epoca ha lasciato un segno di se stessa in uno stile architettonico , perché mai la nostra non dovrebbe elaborare un suo stile ?….”
Karl Friedrich Schinkel
 

scuola materna in via milazzo _69







_EPISODI DI ARCHITETTURA
69









“……abbiamo distrutto molti luoghi. Forse non c’è più un luogo reale per gli umani di questa stagione, cioè non è possibile costruire l’architettura…”

Luigi Pellegrin


senza parole

 
 
 
 
 
 
 

...................
 
12.02.13

grattacielo key _04






_EPISODI DI ARCHITETTURA
04 












GRATTACIELO KEY
Latina 1966

Progetto architettonico
Vittorio D’Erme.

Calcoli strutturali c.a. e acciaio Sergio Musmeci.
Committente: Angelo Cucchiarelli e figli.

Impresa costruttrice: Lavori in economia eseguiti dall’impresa di costruzione Sante Palumbo, assistente ai lavori geom. Liberati, Ispettore prefettizio ing. Aldo Zanetti.
Cronologia: progetto approvato dalla Commissione edilizia in data di costruzione n°47794 del 10/03/1966.

L'edificio KEY fu costruito nel 1966 per conto di Angelo Cucchiarelli e figli, da adibire ad esposizione mobili ed uffici vendita.
Il progetto architettonico fu redatto dall'arch. Vittorio D'Erme, i calcoli strutturali dallo studio Musmeci - Desideri e firmati dall'ing. Sergio Musmeci,  La sua realizzazione, fu eseguita dall’impresa Sante Palumbo, mentre il collaudo statico dall’arch. Fabio Falsetti. L'immobile è sito in Latina in un cortile delimitato da fabbricati prospicenti Piazzale Don Bosco, Via Dandolo, e Via Leone X. L'edificio è composto di tredici piani fuori terra per quattordici solai, compreso il piano attico ed un torrino di copertura per i vani contenenti il gruppo ascensori e montacarichi. Dopo molti anni tali pannelli oramai lesionati e pericolanti sono stati del tutto smantellati. Il fabbricato, unico esempio a Latina d’edificio multipiano a sbalzo,  è stato fino al 1981 adibito ad esposizione di mobili, ed ha ospitato e rappresentato per l’epoca, una delle attività commerciali e intellettuali più innovative. Grazie alla lungimiranza dei Cucchiarelli ha di fatto il merito di aver introdotto e messo in mostra, per la prima volta  a Latina, il design d’autore.


Da questa data in poi esso è completamente vuoto ed inutilizzato, ma non per questo ha perduto il suo ruolo di riferimento visivo e soprattutto di porta urbana per chi sopraggiunge dal Lido di Latina. (Pietro Petrianni)






“………In architecture, there is a part
that is the result of logical reasoning and
a part that is created through the senses.
There is always a point where they crash.
I don’t think architecture can be created
without that collision.”
Tadao Ando

moto bici riccio_05




 

_EPISODI DI ARCHITETTURA,
05






Moto bici Riccio
Fabbricato per attività
commerciali


Latina 1998

progetto
Salvatore Pannunzio


collaboratori
strutture
Salvatore Pannunzio


committente
Riccio Patrizia 
Riccio Roberto
Latina

impresa
localizzazione
Largo Acquedotto,
Latina
 
cronologia
Progetto  1971

progetto 1998
realizzazione 2001


La costruzione, è esempio di intervento minimale. Un ampliamento per una piccola attività artigianale di riparazione e vendita di biciclette pensando ad un nuovo volume che potesse per forma accogliere anche al piano superiore uno spazio per esposizione biciclette. L’intervento in un quartiere residenziale (R3 di PRG), individua una tipologia che potesse inequivocabilmente essere di richiamo all’uso. Una committenza dedita da sempre  alla promozione della bicicletta ove la pratica e l’uso della stessa ha avuto gran parte nella vita e nella memoria storica della città. Una progettazione fatta con materiali poveri, ferro, vetro, muratura ed una copertura a volta capace a rievocare il “capannone agricolo“ in cui c’è sempre “la bicicletta accostata”  sono gli  elementi compositivi e poetici di questo piccolo intervento.   (MP)

         
“.......è molto più importante un
buon progetto bene eseguito
anche di piccola scala che non migliaia
di metri cubi tirati su senza amore.”
Mario Ridolfi

scuola edile latina

 
 
1988_WORKS/LAVORI,CONCORSI 



1988—Latina

Scuola Edile
Concorso
“NUOVA SEDE SCUOLA EDILE”
Progetto Premiato  *
 

 



domenica 10 febbraio 2013

tra natura e storia un itinerario di arte contemporanea







ARCHITETTURA_ARTE




….tra natura e storia un itinerario di arte contemporanea,
il   MAACK  Museo all’Aperto d'Arte Contemporanea  Kalenarte

E’ carico di un fascino discreto l’arrivare a Casacalenda,(*) nel Molise tra paesi arrampicati e dolci colline, lungo strade minori fuori dai circuiti nazionali, nel silenzio irreale di una terra di confine, con strade sempre poco trafficate in un mondo dove il tempo sembra essersi fermato: una terra dura, segnata dall’emigrazione ma fiera ed ospitale. E questa è occasione unica per scoprire, conoscere un museo che vive quotidianamente tra la gente: il Museo all’Aperto di Arte Contemporanea di  kalenarte. Casacalenda  è città di pietra, austera e sobria nello stesso tempo. I  grigi e i bianchi degli intonaci delle sue case  le danno fascino ed eleganza, mostrando incontaminato il suo antico rapporto con la campagna. Le belle costruzioni in pietra locale e certi dettagli decorativi di buon tono,  denunciano solide e nobili tradizioni culturali. Camminando alla scoperta di risorse artistiche, troviamo  di età romanica  le Fornaci, e poi la Terravecchia con il Palazzo Ducale e la vicina Chiesa di S. Maria Maggiore, la settecentesca Chiesa dell’Addolorata, l’Eremo di Sant’Onofrio (XVI sec.) inserito in uno splendido contesto ambientale con il bosco che fa da sfondo  e poi……gli inserimenti di Arte Contemporanea con il  Museo all’Aperto di Kalenarte.  Un lungo filo dell’arte che snodandosi tra scale, vicoli e spazi con prospettive sempre diverse da scoprire, realizza un continuum di notevole interesse ove in un originale fusione si integrano e si esaltano i luoghi carichi di storia. Quando un luogo si fa saggio, il suo paesaggio è il fondale ispiratore di eventi, è il volto di un territorio, è l’immagine in cui si riconoscono le comunità che lo abitano, è il bene comune da tutelare. L’arte e il verde incontaminato sono insieme un binomio forte per avvicinarsi all’arte contemporanea e scoprire la natura. Casacalenda come laboratorio per questo nostro progetto: un’idea, un’utopia che sotto i nostri occhi si tenta di rileggere. E’ dal 1990 che artisti di varia estrazione e provenienze, giungono a Casacalenda e reinterpretano i luoghi: in un cortile interno vicino al vecchio forno presso la via Terravecchia, (asse stradale principale del centro storico), due lunghissime sbarre di ferro passanti per una finestra in asse alla porta di accesso del cortile si incrociano in un elemento a forma di  parallelepipedo irregolare in acciaio inox. Costituiscono “Efesto” (1992), Dio del fuoco, primo fabbro di Nagasawa, straordinario celebratore e  rievocatore di miti. L’opera di Hidethoschi Nagasawa, si presenta ai nostri occhi in una linearità severa, tenacemente costruita, attratta dal respiro dell’assenza che secondo la filosofia orientale, si mescola incessantemente. L’arte si rapporta col costruito con una parte della città abbandonata in un luogo da ridefinire. E camminando sempre entro  il centro storico in Terravecchia non è difficile imbattersi nel “selciato” (2004) di Michele Peri. Nel commentare la sua opera Peri stesso dice: “…sul selciato sono passati gli uomini e le stelle, le stelle hanno lasciato il tempo invisibile delle notti; gli uomini hanno segnato l’itinerario del sangue con denti d’oro, segmenti…”  O ancora giungere nel vico Luna e scoprire il concettualismo esasperato di Alfredo Romano. L’artista siciliano di Siracusa ha usato fari alogeni allo iodio per far filtrare da una feritoia delle antiche mura la luce di “Crepuscolare-feritoie” (1992). E poi all’altezza di piazza Nardacchione vedere in aderenza alla bella chesa settecentesca dell’Addolorata il rosone in filo di ferro aggrovigliati e ricoperti in vetroresina, il “senza nome” (1996)di Ivan Tranquilli.
Carlo Lorenzetti invece, abbandona il centro storico, cerca un luogo diverso: potremmo dire un non luogo. Uno spazio non definito dove lasciare il suo segno. Quale spazio migliore, se non quello che appare come spazio limite?  All’occhio dell’artista l’immagine del paese che finisce, la campagna che inizia tra case poste a caso, un serbatoio d’acqua ed altri elementi sparsi senza un’ordine preciso.  Sulla collina della montagnola trova il posto ideale per il suo “arcobaleno” (1993/1997). Un altro segno, un grande segno in acciaio corten per una spazialità più aperta e sicuramente meno definita, un modo per sottolineare l’orizzonte profondo che da Casacalenda guarda l’Adriatico con le Tremiti in prima fila ed oltre verso le coste Albanesi. Lungo questa direttrice visuale in Contrada Coste, a pochi chilometri dal centro abitato, si trova l’imponente “Poeta” (1997) di Costas Varotsos, un gigante di pietra che abita il bosco. La costruzione, data anche la sua dimensione è riconosciuta come opera collettiva. Essa ha provocato una partecipazione concreta e straordinaria degli abitanti di Casacalenda e più di una dimensione collettiva si è realizzata una vera e propria appropriazione sociale  della scultura. Come nelle grandi imprese della collettività il “monumento” in questo caso è diventato patrimonio comune, capace di fondere espressione individuale e sentimento collettivo. Tutto inizia da una vera e propria appropriazione da parte di Varotsos del sentire il territorio, del farlo suo, del camminare in lungo e in largo per intercettare l’energia giusta, quella vitale che trova proprio  nel bosco.  E’ particolarmente interessante quanto veniva scritto in occasione della realizzazione del Poeta  da Federico Pommier: “ Il poeta, o si potrebbe dire anche l'artista, lo scrittore, il musicista, il giornalista, il cittadino consapevole, in una parola l'intellettuale nella forma più diffusa e "gramsciana" del termine, è colui che crea "visioni" per la comunità. E di niente ci sarebbe più bisogno oggi in Molise che di spirito visionario, di coraggio culturale, di parole e segni ispirati che siano in grado di spazzare via quella mistura di  tradizione e conformismo che immobilizza o fa scappare le migliori risorse della regione….C'è una grande scultura in Molise… un gigante di pietra che si alza  nel verde ed è opera non solo della creatività dell'artista, ma anche della comunità che lo ha accolto e sostenuto e della volontà politica di realizzarlo. Un piccolo esempio di come il poeta, la piazza e il potere possano costruire insieme un percorso vitale per questa terra…..”
Nel corso dei secoli, l’arte è sempre stata protagonista del processo di edificazione dei luoghi. Le architetture, le piazze, le vie sono pensate, progettate e realizzate come estensione del proprio essere e del proprio esserci. Ogni momento storico si autorappresenta  con apporti, contributi, e modi che rivelano un pensiero sociale, spaziale ed artistico riconoscibile. Il museo all’aperto di Casacalenda  evidenzia sempre i due elementi di integrazione ed estraneità al luogo, contraddittori ed opposti che si fondono in maniera armonica ed obiettivo riuscito è quello di dare all’arte la continuità espressiva, amalgamando antico e nuovo. Nei luoghi sono sempre leggibili la vita, il pensiero, l'immaginazione di chi l'abita oltre che essere specchio del momento storico in cui l’opera è stata realizzata.
Rientrati nel centro abitato risalito il corso Vittorio Emanuele e raggiunto l’attuale centro del paese in aderenza al corso Roma,  troviamo  “germinazioni” del (1996) lo scheletro in ferro nero di Claudio Palmieri, trasfigurato da infiorescenze ceramiche azzurre, o proseguendo più avanti all’altezza del parco pubblico, Fabrizio Fabbri artista di Perugia ha realizzato “meridiana”, (1992) , con dodici blocchi di legno  disposti a circolo intorno a un enorme masso, dipinto di blu ed inclinato in direzione del campanile.
Gli artisti invitati, hanno vissuto il territorio ne hanno respirato l’aria e in quell’arco di tempo lcon l’aiuto degli artigian,i dei cittadini, dei giovani hanno realizzato le opere che  tutt’ora vivono in una sorta di sinergia con il luogo. ll nuovo andava ad innestarsi nella storia, tra i vicoli carichi di tradizioni e cultura, creando una nuova qualità per gli spazi urbaniRisulta evidente come il progetto che ha portato alla realizzazione del Museo all’aperto di Kalenarte evidenzia sempre il suo programma sulla base di relazioni dialettiche con l'ambiente e si è prosto  come fine quello di determinare l’elaborazione di un linguaggio non in contrasto con quello dell’ambiente in cui si inserisce, ma che in qualche maniera lo assecondi e lo reinventi.
E’ questo il Museo all’aperto di Casacalenda, nato quando i parchi di scultura contemporanea  non erano ancora un fenomeno così diffuso. Oggi, le opere dei molti  artisti presenti, sono a testimoniare un’iniziativa che poco per volta ha trasformato il paese e il suo territorio acquistando nel tempo una sua specificità che lo rende per certi versi unico. Paese e territorio che nel riaffermare il bisogno del proprio futuro vogliono rileggere la propria storia che altro non è che la storia della comunità. La storia di tutti i giorni, fatta di piccole e grandi cose: la storia del microcosmo quotidiano: la terra, l'acqua, il sole, la luna, il cielo, la storia che ci racconta il vivere quotidiano fatto di lavoro, di svago; la storia raccontata dai simboli, dai segni. I segni e simboli della civiltà contadina, di ieri e di oggi; le voci e i racconti delle migrazione di ieri e di oggi con i suoi drammi, i dolori, le lacerazioni, le speranze. Sono questi i momenti significativi che lungo dei percorsi ideali potrebbero essere ancora raccontati, coinvolgendo l’intera comunità a scrivere la propria storia, sulle pietre sulle mura di questi percorsi. Sono da a considerarsi parte dell’itinerario del Museo all’aperto, “Aurora” (1988 )di Antonio Fiacco e il monumento ai caduti di Franco Libertucci (1970-1983 ) o meglio…il non monumento di Libertucci (***). “…Una volta stabilito che una scultura non deve necessariamente essere un monumento o una statua, senza che questo ne limiti il valore espressivo, è possibile considerarla e costituirla come un oggetto. E là dove la statua avrebbe avuto, o ricercato, un riferimento antropomorfico, nell'oggetto invece il riferimento può essere fatto con altre cose le quali, comunque, non sono meno umane in quanto partecipano della nostra vita quotidiana, sia pure la più umile e la meno sofisticata ….”  Nello Ponente
Ultimo intervento, su cui soffermarsi è la nostra “Scacchiera”, lavoro minimale del 1992 che è parte integrante di una progettazione complessiva dello spazio adiacente il Palazzo Comunale. La scacchiera è segno dalle diverse valenze: ludico per i ragazzi del luogo desiderosi di usarlo, ma anche segno carico di simbologie. Mai nessun gioco è stato e sarà oggetto di tanta attenzione da parte dell'arte in tutte le sue forme, ed in particolare della letteratura, come gli scacchi. Quello degli scacchi, infatti, è un tema caro alla letteratura tanto antica quanto moderna come dimostra il fatto che autori di ogni tempo e luogo, hanno scritto e continuano a scrivere opere il cui tema centrale ruota intorno all'antico gioco di origine indiana, conosciuto in Persia e diffuso in Europa dagli Arabi tra il IX e il X secolo d.C.; quell'universo manicheo retto da rigide regole dove lo scontro tra il bianco e il nero incarna la metafora dell'eterna lotta tra il bene e il male, l'opposizione tra principi originari e contrari, simbolo dell'eterna contesa…
Il nostro giro, giunto a conclusione all’interno di questo museo diffuso, ci ha posto di fronte a situazioni diverse: ambiente  arte, architettura, spazi da recuperare luoghi da raccontare. Monumenti che non sono monumenti, sculture che non hanno la valenza d’essere guardati come sculture nel senso tradizionale della parola, mentre i temi sempre validi, sono quelli del recupero di spazi pubblici inseriti nei tessuti edilizi ed oltre. Significativo allora è capire come si risolvono i rapporti tra arte e architettura, cosa gli artisti intendono per scultura, quale l’approccio con l’architettura, la città, lo spazio urbano.  Diceva Mauro Staccioli in un’intervista fattagli qualche anno fà “….mi pongo ormai da venticinque anni il problema di una scultura, ma è proprio una scultura ?! - in grado di agire nel luogo e per il luogo... I miei punti di riferimento sono, da sempre: l'architettura, con i suoi profili, i suoi spazi e le sue morfologie, e i luoghi urbani o naturali, quali i parchi, i boschi, i fiumi e i laghi. Ho da sempre lavorato tentando di costruire un segno plastico, di produrre una forma di interazione tra il mio lavoro ed il suo spazio.”  
L’architettura, l’arte sono sempre state protagoniste del processo di edificazione della città, segno visibile della civiltà di chi la costruisce. E tutte le arti hanno sempre dato figura, forma e significato all'ambiente della vita. Il trasformare i luoghi in scrittura, testo, messaggio; questo lasciare segni di umanità e di intelligenza si manifesta, senza interruzioni significative, per secoli. Non si può andare via da Casacalenda senza aver visitato la Galleria Civica d’Arte Contemporanea Franco Libertucci presso il Palazzo Municipale.  La Galleria Civica Franco Libertucci, dice il Prof. Lorenzo Canova docente dell’Università del Molise,  è “…un ulteriore cardine di continuità all’interno di questa lunga vicenda che ha saputo unire artisti di valore nazionale e internazionale, nel tentativo, di riscoprire il significato di un’arte che possa essere ancora un elemento basilare della storia e dell’esistenza di una comunità che vuole dare un senso più profondo alla sua memoria e al suo futuro…”
Lasciamo alle nostre spalle i segni della contemporaneità e in chiusura vogliamo fare  alcune considerazioni: il “progetto Kalenarte” è l’utopia di ieri,  il Museo all’aperto rappresenta l’oggi. Due modi per concretizzare il problema e  porre inevitabilmente delle domande. Il dilemma è sempre lo stesso, cosa fare? cosa perseguire? Ibernarsi in una storia museale e poter divenire nel tempo una tappa negli itinerari del turismo d’Arte che si vanno sempre più affermando in Italia e in Europa?. O vivere una situazione più dinamica una sorta di work in progress, un laboratorio per poter ben rappresentare un progetto culturale, ricco di potenzialità, che guarda all'Europa ed al Mediterraneo come crocevia storico di idee e di cultura?. Il tema è aperto.

Massimo Palumbo
2008________________________
(*)Casacalenda a m.641 sul livello del mare, con circa 2500 abitanti si protende nella valle del Cigno da un colle panoramico, lungo la SS. 87 Sannitica che in questo tratto è tortuosa e panoramica. È la Romana kalene, citata dallo storico greco Polibio, cruciale nodo militare nell’inverno del 217 a.c., quando il Cartaginese Annibale aveva gli accampamenti  a Gerione,(**) a pochi passi sull’opposta riva del Cigno ed erano i giorni in cui Annibale si preparava allo scontro risolutivo con Roma. Nel medioevo Casacalenda, è luogo di  commerci  per tutte le genti del circondario e in età moderna, a fine 700, ribelle all’oppressione Ducale, scrive una coraggiosa pagina di storia durante la breve Repubblica Partenopea. Vivace culturalmente, ha colto sempre e  rielaborato  i segnali del progresso, ovunque provenissero. La qualità dell’ambiente saggiamente conservato anche grazie a congiunture storico sociali, che hanno giocato alla lunga a favore di questi luoghi, si manifesta facilmente a chi l’attraversa. Un ambiente pulito, fatto di colli ondulati e poco accidentati, di boschi che proteggono oltre 100 specie di uccelli e molte varietà di farfalle,  (da visitare  l’Oasi Lipu), e di oliveti che si inerpicano fino a 600m.

(**) Gerione…..analisti e storici, sia greci che romani, (Polibio, Livio…) raccontano che qui Annibale si acquartierò nell'inverno del 217 A. C. ed ebbe un duro scontro con l'esercito romano guidato da Minucio Rufo. Rimasero sul campo 5000 romani e 6000 cartaginesi. Da Livio apprendiamo che Annibale, occupata e incendiata la città, ne aveva lasciato poche case per adibirle a granai. E Gerione rispondeva alla strategia del momento, infatti Annibale era informato sulle provviste di grano lì contenute e custodite in grandi fosse scavate in zone asciutte. Certamente Gerione, dopo questo tragico episodio, venne ricostruita. Il terremoto del 1456 la devastò e disperse gli abitanti superstiti nei vicini Castelli di Montorio nei Frentani, Casacalenda, Provvidenti, Morrone del Sannio e Ripabottoni. Il Masciotta scrive che nel 1523 il territorio, ormai desolato, per diverse compravendite, arrivò alla famiglia Di Sangro. Con l'eversione della feudalità (1806), l'ex feudo Di Sangro fu smembrato e destinato ai diversi Comuni confinanti. E' auspicabile che le tante attese storiche, le mille leggende popolari fiorite intorno a questo sito trovino risposte certe da studiosi contemporanei e da seri scavi archeologici.
 
(***). Libertucci Franco,  figura complessa ed enigmatica, della storia dell’arte del secolo scorso, Nasce a Casacalenda nel 1932, dopo la maturità classica si trasferisce nella Capitale. Il suo sogno, la scultura. Lavora presso lo studio di Mazzacurati a Roma dove fu notato da Henry Moore che lo volle nel suo atelier e lo ospitò per un anno a Londra. Erano gli anni sessanta quando raggiunse… il successo. E così con una mostra dopo l’altra, dalla Biennale di Venezia, al Palazzo delle  Esposizioni a Roma. Famoso non tanto in Molise quanto a Roma e negli ambienti aristocratici inglesi e giapponesi.

(****). Photo by Guerino Trevisonno

la scacchiera




1992_WORKS/LAVORI







1992 Casacalenda (Campobasso)
Comune di Casacalenda

Progetto di Arredo Urbano

"la scacchiera”
MUSEO ALL'APERTO  D’ARTE CONTEMPORANEA


"la scacchiera” omaggio a Franco Libertucci.

..........Un segno dalle diverse valenze:  ludico per i ragazzi del luogo desiderosi di usarlo,  ma anche segno carico di simbologie, era la scacchiera vicina al "Palazzo"....................mai nessun gioco è stato e sarà oggetto di tanta attenzione da parte dell'arte in tutte le sue forme, ed in particolare della letteratura, come gli scacchi. Quello degli scacchi, infatti, è un tema caro alla letteratura tanto antica quanto moderna come dimostra il fatto che autori di ogni tempo e luogo, hanno scritto e continuano a scrivere opere il cui tema centrale ruota intorno all'antico gioco di origine indiana, conosciuto in Persia e diffuso in Europa dagli Arabi tra il IX e il X secolo d.C.; quell'universo manicheo retto da rigide regole dove lo scontro tra il bianco e il nero incarna la metafora dell'eterna lotta tra il bene e il male, l'opposizione tra principi originari e contrari, simbolo dell'eterna contesa..........

...........per me anche l’oggetto che rimandava a Francco Libertucci e ai suoi probabili scacchi, a Libertucci scultore, uomo di grande cultura e intelligenza, incompreso figlio di Casacalenda.!


 

pinfo


 
 
2010_WORKS/LAVORI,









PINFO

2010
Viaggio in città CASAIDEA Roma
Massimo Palumbo Architetto
con  Sara Palumbo, Fam Loewens

Arredo urbano come comunicazione… e affichè la comunicazione sia diretta e immediata è necessario utilizzare “segni”consolidati.
Da qui l’idea di comunicare a chi vive la città - come visitatore occasionale, turista o cittadino “curioso” – dove si trova, cosa sta vedendo, come potersi muovere tramite il format più efficace e immediato: TU SEI QUI.
Visitare la città come fosse un gioco.
Il grande totem rosso sarà un strumento informativo di navigazione pedonale. Raggiunto uno dei totem sparsi per la città, l’utente potrà leggere informazioni storiche-culturali e geografiche sul luogo in cui si trova e avrà la possibilità di seguire un percorso consigliato.
Come nei percorsi (ormai spesso virtuali) di mappe online o vecchi giochi di “Viaggi in Italia”, la città sarà contaminata di Totem a forma di “punteruolo” (pin), proprio ad indicare un “punto di arrivo” o “di partenza”… sicuramente una tappa del “viaggio in città”. La sua forma, conosciuta in tutto il mondo, e le importanti dimensioni lo renderanno visibile anche da lontano.



casapontina / casa unifamiliare

 
 
 
 
 2011_WORKS/LAVORI
 
 
 
"CASAPONTINA2010 "
Latina
Progetto/Proposta casaunifamiliare per una residenza lowcoast
Massimo Palumbo Architetto
con
Michele Calvano Architetto


 
 
 
 
Nostro intento è quello di realizzare   architetture di basso impatto ambientale, capace di individuare  i vantaggi economici, sociali e ambientali.
Queste le principali caratteristiche del progetto CASAPONTINA2010, che si propone:
- Integrazione urbanistica col paesaggio grazie al disegno bioclimatico dell’edificio che presenta in ogni esposizione un trattamento differente delle facciate e degli spazi di illuminazione e ventilazione.
- Uso dei materiali, finiture e mobilio interno sicuri e rinnovabili grazie all’uso di legno di provenienza certificata.
- Integrazione nel progetto di diversi sistemi passivi (isolamento per inerzia, infissi con rottura di ponte termico, lame di controllo solare, maglie elettriche di preriscaldamento delle stanze, vetri termici, persiane rotative di controllo solare, giardini d’inverno e asciugatrice solare).
- Produzione di energia termica per pannelli solari, caldaia elettronica modulante a condensazione di alto rendimento e sistema di refrigerazione per pavimento radiante inverso per raffreddamento a gas propano.
- Accesso senza barriere architettoniche e bagno adattato per portatori di incapacità motoria.
- Sistema integrato di controllo della efficienza energetica delle istallazioni.
- Applicazione domotica integrata nelle istallazioni della casa per garantire la sicurezza degli spazi e il risparmio energetico.
- Risparmio delle energie non rinnovabili e dell’ acqua grazie all’ uso di:
- Materiali fortemente isolanti.
- Sistemi di illuminazione di alto rendimento.
- Accumulazione dell’ acqua piovana.
- Riciclo delle acque nere per irrigare gli spazi verdi.
- Utilizzo di rubinetti temporizzati meccanici ed elettronici.
- Uso di elettrodomestici di alta efficienza.
- Introduzione dell’uso dell’urinatoio domestico.
- Sistema di riscaldamento per pavimento radiante a bassa temperatura (in inverno) e pavimento raffreddato per refrigeratrice a gas propano (in estate).