sabato 18 febbraio 2023

per roberto perris

 








da EPISODI DI ARCHITETTURA






ROBERTO PERRIS


Costruì molti begli edifici a Latina, caparbiamente progettandoli e disegnandoli da solo, scavando sempre dentro se stesso, fedele a quella cultura della modernità in cui si era formato. 

Era nato a Caiazzo in provincia di Caserta il 1° novembre 1937, ma aveva sempre vissuto a Roma dove aveva conseguito la maturità scientifica e dove si era laureato in Architettura. Negli anni dell’Università fu instancabile portatore di curiosità intellettuali e promotore di lotte audaci contro la conservazione accademica, ma lo fece sempre da posizioni individuali, senza mai accodarsi, e sempre esponendosi personalmente. Ancora studente frequentò il gruppo 63, fu sodale di Franco Purini, Francesco Cellini, Renato Nicolini, Marco Ligini, Alessandro Ansemi, Mimmo Parlato; portò in Facoltà Galvano della Volpe, partecipò con ardore e intelligenza al movimento del 1968, si laureò con Quaroni con il massimo dei voti, iniziò presto la sua carriera accademica affiancando a Roma Salvatore Dierna prima nei corsi di progettazione architettonica e poi in quelli di tecnologia dell’architettura. Negli anni settanta ebbe lo studio professionale con Sergio Petruccioli, con cui per molto tempo si dedicò all’impegno politico e a quello professionale, ma senza confonderne mai i piani. 

Nel 1997 vinse il concorso a Cattedra in Tecnologia dell’architettura, e dal 1° novembre del 1998 prese servizio nel Politecnico di Bari, dove contribuì con il suo straordinario senso delle istituzioni, entusiasmo e serietà a costruire e rafforzare la giovane Facoltà di Architettura. Nel 2005, avendo ormai promosso suoi allievi nel settore della Tecnologia, fu fra i più fervidi fautori dell’attivazione del corso di laurea in Disegno industriale; e su questa disciplina spostò la sua titolarità. Operò bene come direttore del corso di laurea, facendolo emergere in Italia per la precoce capacità degli allievi nella progettazione del prodotto industriale. Sarebbe andato in quiescenza a ottobre di quest’anno. Amò molto viaggiare, specialmente in Andalusia, e in Grecia; amò molto il jazz e Miles Davis. E’ morto a Roma il 6 marzo 2010.


venerdì 17 febbraio 2023

casa lasala a latina

 












CASA   LA SALA

1970 /1974

Latina

Antonio D'Erme

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https://censimentoarchitetturecontemporanee.cultura.gov.it/scheda-opera?id=3664

Il Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è una mappatura dell’architettura contemporanea realizzata mediante attività di selezione e schedatura di edifici e di aree urbane significativi e di diffusione e valorizzazione dei risultati attraverso una piattaforma web dedicata

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Il “Bunker”, ovvero, Casa Lasala: una responsabile avventura.

Loredana Lasala


Solo un anno prima si era rivolto all’azienda di famiglia per stampare i biglietti da visita: “Antonio D’Erme – Architetto …”.

Un pezzettino di carta la cui originalità rivelò subito le caratteristiche e le potenzialità di quel giovane progettista e convinse mio padre ad affidargli la trasformazione di quella tipografia nel centro della città in uno spazio moderno ed efficiente.

Di lì al conferirgli l’incarico della progettazione della “casa dei sogni” il passo fu breve. Era l’inizio degli anni ’70 e la fiducia nel futuro, ancora, consentiva, pur a non più giovanissimi imprenditori, di investire nella qualità e, perché no, nel prestigio di aziende e famiglie.  Noi figli si era solo dei ragazzi. Tonino una sorta di fratello maggiore. E la casa che nasceva sotto i nostri occhi impreparati era un fenomeno affascinante reso ancor più eccitante dalla sua personalità di tranquillo ma inarrestabile vulcano. Veniva nel nostro appartamento di via F.lli Bandiera, dove viveva qualche piano più sotto, con i suoi disegni e i plastici straordinari che ci facevano vedere dove e come saremmo vissuti di lì in poi. Il passo quasi saltellato di chi non riesce a star fermo - più per eccesso di energia che per inquietudine -  il sorriso dei suoi occhi dolce-acuti; sempre lieve e ottimista (non credo di averlo mai visto arrabbiato). In fondo, non lo si poteva contraddire. Purtroppo, però, con il primo progetto, sforò il budget di troppo per potergli consentire di realizzare le sue ‘visioni’: doppie altezze, rampe elicoidali che distribuivano le stanze a vari livelli: uno splendore. Fu il primo ed unico rifiuto che i committenti gli opposero.

     Dovette ripiegare su una versione semplificata, ridimensionata ma non mortificata: il genio e la cultura dell’architetto emersero comunque da quello che si era trasformato in un elementare quanto ‘pensato’ parallelepipedo di cemento dalle proporzioni perfette. 

     La facciata scalpellinata, gli elementi emergenti dei comignoli ellittici e del solarium semicircolare, la giustapposizione di pieni e vuoti, le inclinate, i colori e una serie di dettagli tutti da scoprire, avevano creato un oggetto architettonico essenziale nelle linee ma fortemente plastico: una scultura di pietra (artificiale) e colore, di silenziosa eleganza, nel piatto paesaggio della campagna di Latina che non lascia rimpiangere la prima versione.

     Le Corbusier, Terragni, Rudolph, Mies, Mondrian: evocati e riletti nell’interpretare un castello medioevale scozzese; (1) con la rampa di accesso che allude a un ponte levatoio. (2)

     Aveva studiato Tonino e capito - come pochi - quei maestri del novecento che d’un colpo avevano spazzato via orpelli e retorica dall’abitare e dal costruire. Senza restarne schiavo, da discepolo troppo ossequioso, ma traducendone la lezione in un prodotto originale e sensibile.

     La prima notte nella casa fu un’esperienza di quelle che non si dimenticano. Il silenzio innaturale, rotto solo dal canto degli uccelli notturni, agitava profondamente. I lucernari, sapientemente disposti a segnare percorsi e a disegnare fondali, lasciavano entrare la luce bianca della luna in un gioco di geometriche ‘presenze’; gli spazi fluenti al punto da confondere (non fu facile trovare il frigo). Non potei dormire.

     Non era una casa, quella, era una dimensione esistenziale nuova che giorno dopo giorno si rivelava e si impossessava di te.

Tutto invitava alla meditazione e alla contemplazione ma allo stesso tempo ti spingeva ad esplorare, incuriosiva, sorprendeva.

     Posso dire che l’esperienza di quegli spazi fu davvero una rivoluzione. La “pianta libera”, l’intimo rapporto con la natura circostante, concesso dalle generose vetrate, le visuali a sorpresa, mutevoli ad ogni passo, ad ogni ora, ad ogni stagione - che ancora oggi mi danno la sensazione di ‘passeggiare’, quando sono in casa - mi hanno ri/educato incidendo profondamente nelle mie categorie. Piazza pulita di tutto il conosciuto/subito; fine dell’ordine stabilito. Almeno quello di porte e finestre, stanze e corridoi a cui, la maggior parte  di noi, Italiani-classe media-di provincia, ci eravamo fino ad allora adattati e sottomessi.


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1) Il  riferimento a tale fonte di ispirazione è dello stesso Tonino D’Erme.

2) La rampa  era stata una precisa richiesta della proprietaria in prospettiva di una vecchiaia funestata da possibili disabilità.

     Il cambiamento era nell’aria. C’era stato il ’68; poi vennero il’73 e il’78. Anni di cambiamenti profondi di cui Tonino aveva colto il portato migliore: la freschezza e l’autenticità di una libertà più consapevole: la responsabile avventura di una nuova e sconosciuta libertà, una libertà non violenta. (3)

     Solo gentilezza, nessuna aggressività, elegante rigore, non disordine mentale: questa era l’espressività di Tonino. Questo traspare ancora in ogni curatissimo dettaglio. Una cura che ne fa un’opera di altri tempi. Un’opera uscita dalle mani e dal cuore, oltre che dalla matita più o meno grassa dell’architetto-artigiano-artista. Nessuna operazione di copia-incolla. Databile, non datata; con tutto il fascino e la freschezza delle cose frutto di pensiero nobile. Oltre che di talento.

     Nulla o quasi è stato cambiato; nessun abuso, nessuna manomissione: la creazione è stata rispettata e amata al punto da far esclamare ad un noto storico in visita: “Bisogna che un notaio documenti tutto ciò. Tutto questo deve essere messo a verbale e sigillato…”, o giù di lì. Una boutade in linea con il personaggio, una provocazione (francamente, ancora oggi ho solo una vaga idea, e mi sfugge pure, di quello che volesse dire).

     Ma  la casa è davvero, ancora, l’espressione fedele del genio dell’architetto (lo si lasciò lavorare assecondandolo in tutto) e del suo tempo.

     Non senza problemi. La crisi energetica esplose quasi senza preavviso e solo qualche domenica dopo la conclusione dei lavori l’Italia andava a piedi. La tecnologia e i materiali non convenzionali, usati per realizzare una “scultura da abitare”, non avevano fatto i conti con il gasolio alle stelle e la dispersione termica, inevitabile in ambienti così ‘fluidi’, non circoscritti e così ampiamente vetrati,  rese il quotidiano degli abitanti piuttosto complicato nel tempo. Le tonnellate di ferro e cemento impiegati furono uno spreco indicibile: ci si sarebbe potuta costruire una palazzina di diversi piani. E poi il cemento a vista, con i ferri più superficiali che gonfiano e spaccano. 

 3) Per questo, “Gas”, il film di recente ambientato (fortuna, solo alcune scene) nella casa, non rende merito al suo spirito.

 Serviva una casa anni ’70 per una storia ambientata a Latina che la famiglia, ignara dei contenuti, ha concesso per favorire un giovane regista concittadino. 

E’ giusto parlarne perché questa non sia solo un’occasione di postuma piaggeria ma momento di riflessione; e ripensamenti se necessario. Personalmente sono in grado di comprendere e accettare. Qualunque cosa. Il premio, in bellezza, è irrinunciabile e ripaga. 

E’ questione di scelte: perdite, fatica; ogni  innovazione ne richiede. E se non ci annoia un'altra considerazione, ricordiamo come la ben più nota e prestigiosa “Casa sulla Cascata” – di F. L. Wright – dovette essere abbandonata per l’incessante e, ad un certo punto, insopportabile rumore dell’acqua. Un’audacia, un errore di valutazione progettuale che tuttavia continua a regalarci poesia e meraviglia.

     Audacia che ha fatto sì che si possa gustare, nella casa Lasala, un’atmosfera unica, autentica, ancora estremamente stimolante. I visitatori, a distanza di più di trent’anni, ne restano ammaliati. Forse più di allora quando, non proprio affettuosamente, era nota come “il bunker”. Ma erano tempi diversi; non eravamo pronti a tanta “brutalità” (4) e per la prima volta, dopo anni di pace, si respirava un’aria minacciosa: quella del “Golfo”. 

     Oggi, qualche artista, ma non solo,  la sceglierebbe volentieri come dimora o dichiara di voler cambiare tutto della propria dopo tale esperienza estetica. Qualcuno ne rileva il tocco di surrealismo, forse il più stridente in tanta coerenza: la presenza dei proprietari. Sorprende questa coppia di 87 e 81 anni in tanta attualità. Una coppia di ‘giovani’ pionieri che hanno creduto nell’Architettura Moderna e, soprattutto, in un Architetto.

4) L’opera si può definire “brutalista” (da béton brut) per l’uso del  cemento a vista



quinto paesaggio concerti di idee in azione

 


                                                                         



                                                                                               







 “Pensare oggi agli alberi, ai semplici boschi collocati naturalmente e non a cento metri d’altezza in un terrazzo di un grattacielo, potrebbe raccogliere il biasimo di chi destina il proprio fare esclusivamente allo stupore e alla novità, in un mondo di post-verità dove risulta vero solo quello che più ci convince nel presente, senza pensare che per far crescere un albero ci vogliono decenni......

…un bosco orizzontale fatto di alberi piantati a terra è un’opportunità per tutti, un bosco verticale è per pochi e costa caro a tutti...

da il "Quinto paesaggio concerti di idee in azione" 

di Daniele Menichini e Diego Repetto 

EDIZIONI d' Editore.





il nuovo/ il vecchio/il nuovo









il pensiero, l'azione,congelata 
impotenti a decidere, poi la burocrazia vince.





 

il nuovo/il vecchio

 






il nuovo/il vecchio

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pillole

Scrive Gio Ponti nel 1957 : ‘Non esiste il passato, tutto è simultaneo nella nostra cultura; esiste solo il presente, nella rappresentazione che ci facciamo del passato, e nell’intuizione del futuro’.


_____________stratificare__________



paesologo


Paesologo, non paesanologo. Senza offesa per i paesanologi, sia chiaro.... 
È così che si presenta Franco Arminio, poeta, che della sua “paesologia” ha fatto ragione di vita. ...
Quasi tutti i giorni vado in giro per i paesi, vado a vedere che aria tira, a che punto è la loro salute e la loro malattia. Vado per vedere un paese, ma alla fine è il paese che mi vede, mi dice qualcosa di me, che nessuno sa dirmi...




Franco Arminio 
al
MAACK








 

il nuovo, angiolo mazzoni

 

piranesiattualizzatododicesimopiano

 




piranesiattualizzatododicesimopiano


piranesiattualizzatododicesimopianopiranesi

2022

teatrino

 



teatrino di metà novembre

2022

giovedì 16 febbraio 2023

censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi

 

Il Censimento delle architetture italiane dal 1945 ad oggi, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è una mappatura dell’architettura contemporanea realizzata mediante attività di selezione e schedatura di edifici e di aree urbane significativi e di diffusione e valorizzazione dei risultati attraverso una piattaforma web dedicata


Palazzo Comunale Municipio 

Casacalenda_Molise 

1982

Galleria Civica d'Arte Contemporanea Franco Libertucci

Casacalenda_Molise

2013

"La Scacchiera"  

Casacalenda_Molise

1992



girando per la città

 


girando per la città:

a proposito de ...IL PORTALE

......l’area del Campo Sportivo, è lo spazio adatto per un grande parco-arena per concerti, servizi e parcheggi interrati. Così come già ipotizzato nella relazione originale (anni settanta) del piano particolareggiato, oggi è ancora maggiormente attuale lo spostamento della struttura sportiva, in un’area più idonea. Così facendo si recupererebbero, a disposizione della città, spazi di grande interesse, l’uso dei quali, migliorerebbe la qualità complessiva del quartiere e dell’intera città.  Un grande parco-arena per concerti e servizi ove la conservazione del Portale Storico, già vincolato, acquisirebbe maggiore valorizzazione svolgendo degno ruolo di ingresso a tale nuova struttura..... "

Il portale svolge ruolo significativo di cerniera tra il Centro Storico e il Comprensorio R3, bisogna ricordare che nel 1933 l'ONC aveva realizzato l'ingresso allo stadio. Come per altri edifici di fondazione di Littoria, il progetto fu affidato all'Architetto Oriolo Frezzotti.  In questo caso Frezzotti propone due corpi di fabbrica laterali a due piani con facciata curva segnata da un ritmo costante di bucature, collegati da un ampio portale scandito da sei alti pilastri, ciascuno dei quali regge in sommità un asta per bandiera. Nei due corpi laterali, spogliatoi, bagni, una sala per le autorità e l'alloggio per il guardiano. 



La struttura dello stadio comunale di latina  ed il PORTALE furono concepiti in rapporto con Piazza del Popolo, quindi con il cuore del Centro Storico. Non a caso, l'ingresso al Campo Sportivo con il Portale sono il fondale visivo di Via Duca del Mare e si apre sul Piazzale Natale Prampolini. L'edificio subì gravi danni per gli eventi bellici dell'ultima guerra e fu quindi necessario verso la fine degli anni '40 prevederne un’opera di ripristino. A tal proposito considerando la qualità architettonica, i caratteri stilistici complessivi dell'opera progettata dall'Architetto Frezzotti nel 1932, se ne consiglia non solo una conservazione come monumento storico ed emergenza architettonica della città di Latina, ma anche un’opera di recupero e valorizzazione dei suoi caratteri stilistici attraverso interventi mirati all'eliminazione delle superfetazioni presenti. 

La tutela del presente manufatto architettonico è volta  "...al mantenimento delle caratteristiche stilistiche, tenuto conto delle tipologie architettoniche e delle tecniche dei materiali costruttivi e della valorizzazione dei beni del patrimonio culturale ...oltre che alla conservazione delle visuali, dei paesaggi interni all'ambito urbano, anche mediante il controllo dell'espansione.."

Latina 02.11. 2012

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domenica 12 febbraio 2023

casa dolce casa



LETTI
2023



 

l'asterisco delle vicende di una città viste da dentro.










sabato 4 febbraio 2023 presentato il libro 

l'ASTERISCO delle vicende di una città viste da dentro.
EDITRICE IL LEVANTE

La presentazione tra consensi e qualche mal di pancia è stata anche  occasione  utile alla messa in mostra di carte&carte. 

Documenti per noi storici, carte segnate e disegnate nel secolo scorso e non solo. Carte utili al racconto anche di quanto riportato  nel libro che abbiamo presentato. 
Occasione per rivendicare  e riaffermare cose dette e ridette riguardanti la città che viviamo . (*)

Il grazie all' Ordine degli Architetti, Pianificatori, Conservatori e Paesaggisti di Latina che ha dato il patrocinio e al

  MUG il Museo  Giannini 
di via Oberdan a Latina che ci ha ospitati. Il MUG una bella realtà della nostra città, uno Spazio Eventi ed Espositivo di grande qualità. 
I nostri complimenti.














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De-razionalizzare l'architettura. Il progetto oltre il progetto    di Massimo Palumbo

Sul nuovo, sulla contemporaneità, l’arte, l’architettura, i luoghi e i non luoghi che viviamo. Indagare, vedere, parlare, conoscere, camminare, attraversare. Questo progetto dovrà essere capace di scavare tra i sogni, i desideri, le testimonianze di chi vive la città . Dovrà essere capace di prospettare un futuro prima di risolvere il presente. Mai come oggi serve un progetto che sia in grado di stimolare il desiderio di esserci, di fare in quanto cittadini di questo territorio e, comunque, una sintesi in equilibrio tra tradizione ed innovazione. Quale il rapporto tra arte e architettura? In che modo i saperi e i linguaggi disciplinari possono innestarsi per restituire la pluralità del territorio, nella sua dimensione fisica e sociale, per dare vita a nuovi paesaggi culturali?  Latina, al centro del nostro indagare, città senza mura ed aperta al territorio vasto, che dalle propaggini dei Colli Albani si estende poi fino a Terracina, è LA CITTA' PONTINA . Questo, per punti, per emergenze il “paesaggio culturale” che ci appartiene e che è la nostra immagine, fatta, di acqua, di eucalipti, di mare, di spazi pianeggianti e del silenzio, di vuoti, oltre che di persone con i propri costumi, le proprie tradizioni, il proprio essere: ricchezze da mischiare e da raccontare. La cultura e l’arte sono la voce critica, il terreno della riflessione, laddove si è fallito per mancanza di capacità programmatica o, nel nostro caso, forse di cultura comune di appartenenza. E poi ancora: Latina e gli anni trenta, il primo Novecento. Architettura e metafisica vanno poco d’accordo per un problema sostanziale. “La metafisica presuppone una visione distaccata ed esterna della realtà che, così, appare in bilico tra realtà e irrealtà; la vita concreta, invece, la realtà la divora, la vive e non la contempla. Pensare che una persona possa vivere all’interno di un quadro metafisico è possibile ma solo pagando un prezzo altissimo alla realtà. E difatti le architetture metafisiche le apprezzano, di regola, gli architetti che le guardano astrattamente ed esteticamente ma non le vivono e non le apprezza la gente comune che le guarda praticamente e le vive, distruggendole e privandole del loro senso originario” (Luigi Prestinenza Pugliesi).   Storie e situazioni che vanno indagate come da indagare è il senso e le conseguenze d’essere una città di fondazione.  Con FARE SPAZIO noi vorremmo si andasse oltre l’orizzonte ristretto della città di fondazione. E’ possibile? Andare oltre e superare questa condizione culturale di impasse, di fermo, di sguardo perennemente retroverso. Abbiamo terribilmente bisogno di agire, di osare. Dobbiamo cercare d’andare oltre la città ideale e, forse, la città ideale costruita non esiste se non nel nostro immaginario. Latina città del Novecento merita una propria visuale prospettica. Poi qualcuno ti dice: “attento le città di fondazione negano il loro destino”. Vorremmo avere strumenti, vedere, sapere e rispondere che non è così.  Mi è capitato anche in diverse occasioni di leggere: “le città di fondazione sono un falso storico!”. Sarà vero? Non so. E' un nodo che non sono riuscito a sciogliere. Però dico: guardiamo avanti e progettiamo “futuro”. Chi ha avuto ragione dalla storia ha reinterpretato luoghi e simboli. 

La storia è fatta dal sovrapporsi di segni a volte in continuità, altre in contrapposizione e comunque sempre a dare senso alla storia degli uomini.  

Andare oltre, sapendo bene che la ricerca della perfezione urbana è un obiettivo improprio per il significato insito di “città”. Le nostre citta non sono altro che il risultato di stratificazioni e di luoghi da raccontare. Diceva Giancarlo Bovina: “Esplorare per me significa ritrovare la sacralità del luogo”. “La sacralità dei luoghi” è quello di cui abbiamo bisogno. Può sembrare strano, ma abbiamo bisogno di luoghi, di storie, di racconti e di nuove narrazioni. La città è fatta di segni e di volontà, volontà politiche e di scelte nuove, di cambiamenti. 

Le stratificazioni danno origine a nuovi sguardi, a nuove interpretazioni per nuove strategie di trasformazione dello spazio urbano, dove lo spazio pubblico deve essere inteso come complesso di relazioni. Sovrapporre, stratificare. Relazioni e nuovi racconti. Solo producendo narrazioni e sguardi politici diversi si possono immaginare strategie, reti e città possibili. 

Il nostro è un territorio il cui potenziale va svelato, riscoperto, riattivato. Esiste già, ma per raccontarlo bisogna immaginare le parole, i luoghi, le situazioni e le storie che pur ci sono. Risulta fondamentale la gestione dello sviluppo urbano e degli spazi della socialità fino alla comprensione del territorio come spazio dell’esperienza condivisa.  L’architettura del nostro intorno, di contro vive e deve rappresentare visioni, deve saper immaginare nuovi paesaggi capaci di raccontare i nostri giorni, il nostro vivere i contesti vissuti dalla quotidianità. C’è poi un’urgenza per una “prospettiva culturale” che porta al nuovo e capace di capire il giusto valore della contemporaneità e importante sarà produrre uno spostamento di sguardo e di direzione.  “Abbiamo bisogno d'immaginazione e non di immagini. Se vuoi apprezzare sino in fondo l'architettura, nella sua essenza, allora devi comprenderne la sfera onirica. La letteratura come la poesia. Non immagini, ma suggestioni! perchè ti fanno vedere l'invisibile con l'occhio della mente.”. Oggi più che mai le città sembrano offrire un’apertura utopistica nei confronti di stereotipati modernismi per un possibile nuovo progetto urbano. E Salvatore Settis nelle sue lezioni a Mendrisio ci dice: “la città e il paesaggio incarnano valori collettivi essenziali per la democrazia; sia la città che il paesaggio formano un orizzonte di diritti a cui deve rispondere la responsabilità dell’architetto, perché il suo lavoro incide sull’ambiente e sul tessuto urbano, determina la qualità della vita quotidiana, modifica le dinamiche della società” (Vincenzo Latina). Un modo questo per racchiudere i tanti valori etici che facciamo nostri per … FARE SPAZIO.

(2018)


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