Caro Daddo...perché ci piace aver scelto del suo
lavoro le cose, i materiali che più lo rappresentano e fanno la cifra del suo
lavoro al di là di schemi e/o sovrastrutture scientifiche. Un lavoro corposo
che vorrebbe anni di studio e di elaborazione per i tanti materiali in
archivio. Una figura complessa ed appassionata che ha fatto del suo essere
architetto una entità in continua ricerca dei sapori del tempo, ai quali ha
aggiunto l’essere persona curiosa in un viaggio mentale e reale… continuo. Un lavoro quello di Riccardo Cerocchi
Architetto, che ci permette per la prima volta nella nostra città, di cercare
di raccontare e capire cosa possa essere avvenuto nel porsi come professionista,
al giovane architetto e come si sia posto al territorio in un momento storico tanto difficile, di
mutazione e di cambiamento.
Una occasione, anche per indagare e raccontare in parallelo
brani di storia nuova ed inedita per la città di Latina. La bonifica, le città
nuove, Latina, ma prima ancora Littoria e Riccardo Cerocchi che si pone giovanissimo
nei primi anni cinquanta con occhi nuovi e carichi di curiosità per questo
territorio. Siamo certi, l’avrà guardato
con interesse ed anche con spirito visionario.
Diversi anni dopo in un suo intervento sulla stampa locale nel febbraio del 1983 dirà:
“…..case plurifamiliari a torre, in linea, a blocco, a ballatoio, le cosiddette palazzine e gli impropriamente detti villini del vecchio regolamento edilizio, le case unifamiliari singole, associate a gruppi, associate a schiera, le case coloniche, testimoniano la eterogenea origine della società Pontina e la non chiara programmazione urbanistica…….anche le semplici case unifamiliari singole o associate, che si costruiscono dagli anni sessanta in poi in tutto il territorio comunale, al di fuori dei centri abitati, sulla base di una troppo elastica interpretazione della normativa che regola le zone agricole, sono pregiudizievoli per l’equilibrio urbanistico del territorio e della sua morfologia……vanificano il giusto rapporto tra città e campagna a scapito dell’ordinato sviluppo generale….”
Un giudizio amaro…sicuramente lui pensava già ad altro, il suo
contributo era stato d’altro sapore, ma in quegli anni si stavano già mettendo
le basi della città diffusa…… la città dei non luoghi. Daddo Cerocchi viaggiava già per altri mondi
ed era la musica ad affascinarlo.
La nostra testimonianza non può non tornare ai primissimi anni settanta e lasciata Roma, freschi di laurea ed alle spalle gli anni tumultuosi vissuti nella Facoltà di Architettura a Valle Giulia, rientravamo in provincia carichi di entusiasmo. Nei nostri bagagli potevi ritrovare Bruno Zevi, Maurizio Sacripanti ed gli altri maestri che riuscirono a plasmare e ad arricchire il nostro sapere che comunque aveva necessità di confrontarsi intorno ad un tavolo, capace di progettare la realtà del quotidiano… Gli amici del momento erano due architetti_non architetti. Può sembrare strano ma sto ricordando due figure importanti per la storia della nostra città e furono loro ad indirizzarmi a fare esperienza presso lo studio di via Duca Del Mare ultimo piano. Tonino D’Erme e Gianni Brustolin, mi dissero dai, vai da Daddo ti troverai bene e sicuramente farai l’esperienza che stai cercando. Mi ero laureato in Composizione Architettonica avevo progettato una Città lineare ma volevo disegnare un progetto esecutivo. Conobbi Riccardo Cerocchi ed era l’estate del 1972
Il ricordo di un luogo straordinario: sapevamo di essere nel miglior studio professionale che Latina poteva esprimere, e l’atmosfera era positiva e guardava lontano. Si respirava ancora l’aria delle classifiche nazionali che davano Latina insieme a Milano e Pescara tra le città più in crescita. I fermenti poi di un Italia che stava cambiando erano ancora da venire e forse inconsapevolmente eravamo proprio noi i portatori del vento nuovo del dopo 68” a porre i primi dubbi… e il modo di fare la professione anche in provincia non avrebbe mai potuto negare quanto stava avvenendo in Italia. Eravamo agli inizi degli anni settanta, la crisi del petrolio arriverà subito dopo con tutte le conseguenze per l’economia Italiana anche se quegli anni furono per l'Italia una grande stagione di crescita sociale, culturale e politica. Latina vive questi eventi: una città in crescita che sentirà addirittura l’ambizione di sentirsi città europea sognando la biblioteca di James Sterling. Lo studio di Riccardo Cerocchi in questo passaggio storico, rappresenta in città le istanze professionali per una crescita sociale del territorio Pontino ma anche una volontà di porsi come studio professionale sempre alla ricerca del nuovo e della sperimentazione. Una mole di lavoro notevole, esperienze che vanno come si diceva una volta …dal cucchiaio alla città, per cui anche girando semplicemente per la città di Latina era facile imbattersi in sue palazzine, villini, strutture urbane… Il tutto impensabile per i giorni che viviamo. Lo studio Cerocchi a Latina come laboratorio, luogo accentratore e di passaggio…della meglio gioventù se si può dire. Collaboratori di qualità e penso a Gianni Brustolin o a Mimmo Parlato o a Tonino D’Erme, figure professionali che in un passaggio significativo della crescita del nostro territorio, anche in prima persona hanno poi scritto pagini interessanti che riguardavano le occasioni di trasformazione della città attraverso interventi di design e o di riqualificazione. Abbiamo sempre seguito Riccardo Cerocchi Architetto e il suo fare, come professionista presente sempre e in modo puntuale con interventi e proposte sui diversi temi della città e questo almeno fino agli anni ottanta…poi arrivò “la musica”. Grande il suo ruolo come uomo di cultura con il Campus Internazionale di Musica, sua creatura e suo progetto pensato per il territorio Pontino. Il sacro furore della musica lo prese e fu proprio questo progetto culturale a motivarlo per gli anni a venire: naturalmente era musica Contemporanea e non poteva essere diversamente. Vinceva il binomio musica ed architettura e non era stato casuale imbattersi in architetture e impianti grafici carichi di tempi e spazi ritmati. Tante le volte che ci siamo incontrati e lo ricordiamo trasmettere sempre cordialità ed eleganza. Ricordo in particolare il suo stupore, ed era il 1992 quando a Sermoneta nel Castello Caetani ci incontrammo in occasione della mostra “Corrispondenze, lettera aperta a dieci artisti “a cura di Alessandro Masi. La mostra ospitata dalla Fondazione Caetani e organizzata dal Centro Di Sarro di Roma era una collettiva e tra le opere esposte, due erano mie. Riccardo Cerocchi venne con l’avvocato Alessandro Onorati che sapevo cultore d’arte contemporanea oltre che Presidente della Fondazione Caetani. In questo grande salone, dovevano essere le ex stalle del castello, ovunque quadri e sculture ed io ero vicino ai miei “BIANCHI”. Daddo, sorpreso mi chiese come mai l’arte contemporanea, non sapeva di questi miei interessi, di queste mutazioni. Si congratulò, per lui fu una scoperta. Uno dei miei quadri poi, gli ricordava territori, luoghi urbani come se fossero visti dall’alto o architetture, con i materiali usati si recuperava la terza dimensione. In un certo senso aveva ragione. Gli raccontai il perché ed il percorso nel frattempo maturato. La volontà di ricucire gli interessi: l’architettura con l’arte e il desiderio di una ricerca, un atteggiamento che fosse capace di rivedere lo strappo che a suo tempo divise proprio l’arte con l’architettura. La ricerca della bellezza non poteva non passare se non lungo il crinale di questa ricucitura. In quella chiacchierata inaspettata, spontanea, ricordo bene che non potevamo non condividere che arte ed architettura erano mondi che andavano sempre ad intrecciarsi in un dialogo costante continuo ed ininterrotto. Ognuno di noi poi avrebbe potuto metterci le proprie esperienze, le proprie utopie in sintonia con le tensioni culturali del tempo. Il piacere, qualche mese dopo di fargli dono di uno dei miei “BIANCHI” e di aver rivisto il quadro in questi giorni, sulla parete del suo studio di via Ecetra, mentre eravamo a preparare la mostra…“Caro Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto”.
Massimo Palumbo
Latina gennaio 2019
Appendice
…..mentre eravamo a
preparare la mostra….“Caro Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto”
Una mostra, un lavoro che a prima vista potrebbe apparire “il
santino”. Il titolo, Caro Daddo, è volutamente amicale, diremmo intimo. No
nessun santino, non sarebbe piaciuto neanche a Daddo e il “Caro “vuole solo
dichiarare una vicinanza, una simpatia, una sinergia passata e presente tra
persone che hanno avuto modo di conoscersi...di apprezzarsi. Altro non c’è e i
contenuti della mostra la sua strutturazione portano ad altro. La volontà è quella di capire, di conoscere e
di porre interrogativi su un lavoro che i più giovani non conoscono e di un
contesto che non c’è più. La mostra… “Caro Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto”
è stata pensata non solo per mostrare parte di quanto fatto ma essenzialmente
per cercare di capirne l’approccio al lavoro, l’approccio al fare la
professione di architetto in provincia, in una città “nuova” e di scoprirne il
respiro per un contributo di crescita e di realizzazione della “città Pontina”.
Una mostra come prima occasione per conoscere un lavoro corposo e aprire un varco
che riguarda la città. La Latina del
dopoguerra degli anni 50/60 e gli altri di seguito che sono anni ancora tutti
da indagare, da capire. E poi ancora conoscere
il ruolo di Riccardo Cerocchi come professionista entro le dinamiche della
ricostruzione e del consolidamento di Littoria diventata Latina, con la sua
crescita, e le sponde della Cassa del Mezzoggiorno dei piani INA CASA, Gescal. Riccardo Cerocchi apparteneva alla generazione
di chi uscito dalla distruzione della guerra sentiva il dovere morale e sociale
della ricostruzione fisica del Paese. Apparteneva Cerocchi alla generazione che
aveva fiducia piena nel progetto e nella costruzione e dell’architettura aveva
un’idea alta e nobile così come tramandata dal “movimento moderno. La mostra “Caro
Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto” si snoda pertanto lungo un percorso fatto
di tavole che raccontano i suoi lavori di architettura, sicuramente i più
significativi…. gli Episodi di Architettura come a noi piacedire. Naturalmente
l’Archivio Cerocchi conserva molto più di quanto la nostra mostra e
l’esperienza professionale ha espresso, ne era possibile per motivi diversi
proporre l’intera produzione professionale. Le ultime due tavole in mostra,
rilanciano in particolare il lavoro, il pensiero di Riccardo Cerocchi in una
prospettiva ampia e tutta da indagare ulteriormente. Sono le grandi questioni
di ieri come di oggi, le questioni irrisolte. I grandi temi della costruzione
della Città Pontina, i temi dell’identità e del rapporto col territorio vasto
dai Lepini al mare. Le questioni dell’ambiente, della crescita e/o decrescita
di Latina…della città diffusa diremmo oggi. Latina che proprio negli anni in cui lo studio
Cerocchi opera, prova ad immaginarsi in
grande: la stampa locale, la politica
parla di Latina come Città Europea, che fa
sogni per la Biblioteca di James Stirling o che gestisce Concorsi Nazionali
come quelli per Fogliano, della Marina e del Centro Direzionale. Lo studio
Cerocchi, Riccardo Cerocchi è presente, partecipa, ed è parte viva del
dibattito culturale e sociale degli architetti. Erano stati quelli, anni straordinari
dove nessuno rinunciava al proprio status. La politica svolgeva il suo ruolo,
gli amministratori portavano a compimento il loro mandato: si sceglieva, si
indicava il da fare. Le professioni fanno altrettanto, ognuno per proprio conto
mette sul piatto ciò che rappresenta. Non ci sono confusioni di ruolo. Esiste
la fiducia, la fiducia tra i ruoli diversi.
Un mondo purtroppo lontanissimo da quello che viviamo. Siamo a ridosso
degli anni novanta e qualcosa nella complessità del fare la professione stava
mutando e il nostro territorio andava lentamente ad infilarsi in un percorso che
sarà nei decenni successivi, senza ritorno oltre che di declino economico. Il sogno del nuovo, gli anni dell’entusiasmo sono sempre
più un ricordo e la crisi infinita, endemica e strutturale muta diverse cose
nello scenario complessivo e cambia il quadro di riferimento. Forse anche su
Daddo vincono sentimenti di delusione e “la cultura del progetto” sembra
svanire… Nel frattempo il fascino per la
musica, il progetto culturale per la Città Pontina coinvolgerà Riccardo
Cerocchi molto di più che le pastoie burocratico-amministrative e politiche
della professione. Il Campus Internazionale di Musica Contemporanea (**) si impone
e lo impegneranno a lungo nel tempo…Daddo è approdato in una sorta di porto
felice.
Questa la mostra ed il nostro lavoro,
una mostra, una grande
installazione realizzata presso l’ex garage Ruspi a Latina che ha goduto anche
dell’allestimento performativo di Ines Paolucci e Sara Palumbo che ringraziamo.
Una mostra curata con Silvia Mastrantoni che ringrazio per
l’impegno, la passione e la forza di volontà messa in campo e che solo un
giovane se vuole sa dare. Un grande lavoro che potrà anche apparire come ricostruzione
parziale, certi però di aver colto i passaggi significativi del lavoro di
Riccardo Cerocchi.
(mp.)
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(**) E’ il 21 maggio
del 2012 e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, conferisce a Riccardo
Cerocchi il Premio Presidente della Repubblica per “l’attività svolta con
passione e coraggio nel corso di oltre 40 anni, durante i quali il Campus ha
creato nel comprensorio pontino un laboratorio musicale internazionale,
operando in ogni settore della cultura musicale”.
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IL COMUNICATO STAMPA
Caro Daddo. Riccardo Cerocchi Architetto a cura di Silvia Mastrantoni e Massimo Palumbo
Garage RUSPI_Largo Giovanni XIII
LATINA 11 gennaio – 3 febbraio 2019 Opening 11 gennaio 2019 ore 18.00
Promozione e Organizzazione: Fondazione Roffredo Caetani con il patrocinio di Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori della Provincia di Latina Comune di Latina
Comitato organizzativo Tommaso Agnoni, Paola Cerocchi, Roberto Cerocchi,Antonio Crobe, Emanuele Feudo, Silvia Mastrantoni, Tonino Mirabella, Massimo Palumbo, Massimo Rosolini
A poco più di un anno dalla scomparsa dell’architetto Riccardo Cerocchi la Fondazione Roffredo Caetani – di cui Cerocchi è stato presidente dopo Hubert Howard, marito della principessa Lelia Caetani – ha promosso e organizzato una mostra sulla sua opera curata da Silvia Mastrantoni e Massimo Palumbo con il patrocinio delll’Ordine degli Architetti di Latina, del quale Cerocchi fu fondatore e presidente, e del Comune di Latina. Testimoniando una continua ricerca di qualità e di impegno professionale e culturale, Cerocchi ha lasciato nella Città un gran numero di eccellenti realizzazioni architettoniche che hanno dato il volto alla stagione della ricostruzione post bellica e del suo successivo sviluppo, soprattutto negli anni che vanno dai Cinquanta ai Settanta, per proseguire fino ai giorni nostri. L’architettura è stata per lui una continua occasione di studio che lo ha visto viaggiare nel mondo e incontrare personalmente grandi maestri del Novecento tra i quali Alvar Aalto in Finlandia e Kenzo Tange in Giappone e confrontarsi con grandi architetti Italiani come Mario Ridofi, ma anche scambiare esperienze con colleghi amici di grande talento come Gianni Brustolin, Tonino D’Erme e infine aprire il suo studio a giovani architetti che hanno trovato così occasione di un apprendistato di alta qualità. Un lavoro svolto in continua relazione con il dibattito sull’architettura e sull’urbanistica in Italia e nel mondo. Per l’Ordine degli APPC di Latina la mostra è l’occasione per ricordare un grande collega, ma soprattutto per segnalare ai più giovani un modo di intendere la professione di architetto sostenuta dall’impegno culturale, poetico e civile. Un modo per tornare a vedere l’architettura nelle sue specifiche qualità e per aiutare a riconoscerla in un tempo in cui crisi culturale e burocratizzazione del ruolo dell’architetto tendono a offuscarla. Nella cultura della Città la mostra sull’opera di Cerocchi significa anche iniziare a guardare a una fase storica successiva agli anni della fondazione, segnata da un’aspirazione alla modernizzazione e al dialogo con le esperienze internazionali. Cerocchi ha contributo grandemente alla vita culturale del nostro territorio creando anche il Campus Internazionale di Musica, un organismo di eccellenza nel campo della musica classica e contemporanea che gli è valso il premio del Presidente della Repubblica per l’anno 2011 ricevuto in Quirinale da Giorgio Napolitano. Articolata per macro-tematiche, la mostra raccoglie materiali d’archivio, disegni originali, foto d’epoca e inedite del lavoro svolto dall’architetto dai primi anni Cinquanta alle ultime opere architettoniche. La volontà dei curatori è stata quella di restituirne principalmente il carattere più intimo: un lavoro fatto di passione e attenzione al dettaglio, lavori complessi e innovativi per l’epoca, per alcuni aspetti “brutali” ma estremamente sentiti. Un viaggio tra suoi i progetti – realizzati e immaginati – utopie diventate realtà e visioni ancora tutte da delineare; un viaggio che parte dalle mura dello Studio Cerocchi e che si è apre al futuro… oggi come allora. Completa il racconto una video-intervista a Riccardo Cerocchi concepita e diretta da Tonino Mirabella. La mostra, la cui comunicazione e allestimento sono stati curati da Sara Palumbo e da Ines Paolucci, rimarrà aperta dall’11 gennaio al 3 febbraio presso il Garage Ruspi e ospiterà nei fine settimana incontri sul tema dell’architettura e della città a partire dall’esperienza di Riccardo Cerocchi.
Maggiori informazioni su:
www.facebook.com/RiccardoCerocchiArchitetto