una....pagina bianca di MASSIMO PALUMBO una pagina bianca di MASSIMO PALUMBO ....dover scrivere,disegnare, appuntare un qualcosa.... dare inizio ad una idea,ad un progetto.. e per un motivo o per un altro,essere completamente a corto di idee. Una relazione, un testo scritto, un articolo di giornale e ci troviamo davanti al foglio bianco senza sapere come iniziare...qualcuno ha già detto la sindrome del foglio bianco...
mercoledì 11 maggio 2016
cambio di stagione...a quando? !
cambio di stagione...a quando? !
2011 Installazione
MASSIMO PALUMBO
Una semplice gruccia, appartenente alla quotidianità di ogni individuo e perciò ampliamente assimilata dalla comune cognizione conoscitiva, irrompe dallo spazio modificandolo e occupandolo prepotentemente.
Un oggetto di uso quotidiano dunque, esile e leggero, diviene enorme e potente come il messaggio sito sia nella disgiunzione frammentaria della forma originaria, sia nella de contestualizzazione dell’occasione d’uso.
E’ in questo modo che Massimo Palumbo manda in scena gli inusuali interpreti, siano essi lamiere, acciai, gessi, legni, sul grande palcoscenico della nostra epoca storica. E’ in questo modo che l’artista dona forma e vigore ai propri ideali, tramutandoli in quesiti e provocazioni, conditi da una sana satira, prerogativa indiscussa del popolo italico.
E sul palco del nostro incerto “oggi”, titubante nella lungimirante proiezione di un’ inconsistente “domani”, il Bianco, accecante nella sua purezza, di Massimo Palumbo sembra urlare, sembra implodere, mentre invoca ascolto, aiuto, soccorso.
Quindi il fare artistico assimila l’oggi storico ed epocale, lo cristallizza, lo rende visibile e vivibile, è in grado di donare sintesi e struttura corporea ad un antico concetto mentale, mai sopito: il cambiamento, l’evoluzione, che si contrappone intellettualmente alla stasi, al ristagno sociale, al’immobilità d’azione.
L’opera di Massimo è interrogazione ed affermazione insieme, sollecitazione e sarcasmo, è provocazione e stimolo, è messaggio verbale e constatazione materiale, è logica e semiotica, è una finestra socchiusa sul nostro vissuto e spalancata sul nostro vivere, non è una visione ideologica utopistica, non muove dall’esigenza di dover inventare un nuovo sistema, muove altresì dal reale bisogno di (ri)compattare e dare nuova linfa alle radicate convenzioni di un popolo, e perciò è quanto di più concreto l’arte concettuale del giovane terzo millennio possa offrire ad una sociologia ormai antica e logora.
Una semplice gruccia, elevazione allegorica di una frantumazione ideologica, è quanto di più esemplare l’arte contemporanea possa elaborare e restituire alla sensibile attenzione di coloro che, andando oltre, riescano a misurarsi e ad identificarsi in ogni singolo elemento di una tale alienante disgregazione.
Francesca Piovan
2011
// L'installazione in questi giorni al MADXI presso il
Consorzio per lo Sviluppo Industriale Roma-Latina
Al Palazzo M di Latina
LIEVITO 2016
massimo palumbo arte architettura 1975/2016 a cura di Fabio D'Achille
PH. Annamaria Deluca
per LIEVITO I FUNK OFF a Latina Aprile 2016
massimo palumbo arte architettura 1975/2016 a cura di Fabio D'Achille
La realtà dell’utopia
Lorenzo Canova
Una visione sospesa tra idea e materia, un percorso che fonde il sogno del progetto e la realtà densa delle cose, un viaggio tra l’ordine della ragione e il disordine del mondo: l’opera di Massimo Palumbo unisce i diversi campi espressivi in una fusione dove i linguaggi delle arti visive e dell’architettura mettono in scena una profonda e continua riflessione sul tema dell’utopia, spazio mentale e concreto dell’irrealizzato, del possibile e della perpetua tensione costruttiva.
L’utopia rappresenta, infatti, da secoli uno dei motivi portanti di un’importante visione dell’architettura vista non solo in senso estetico, ma come metodo e strumento di innovazione, di intervento sul mondo e sulla società, come spazio di pianificazione e di immaginazione, dove l’architetto agisce con il disegno e la scrittura ipotizzando e costruendo spazi fittizi o reali attraverso una teoria che tende costantemente a concretizzarsi….
…….L’approdo finale può metaforicamente essere allora il Sole che sorge nella sua perfezione circolare nel quartiere periferico di Corviale a Roma, forse un monumento ideale e leggero che riflette il pensiero filosofico di Tommaso Campanella e della sua Città del Sole, trattato dove la stessa struttura urbanistica è costruita sulla perfezione ideale dell’utopia.
Il sole di Palumbo diventa così un segno di rinnovamento e di ricreazione, un atto leggero e assoluto di dialogo con lo spazio della città e con la sua natura perennemente problematica, il gesto lieve e rigoroso di un artista che cerca di ridare dignità al contesto urbano attraverso la complessa e dialettica realizzazione dell’utopia dell’arte nello spazio pulsante della vita.
Per Massimo
....e sarebbe davvero bello se la città immaginaria di Massimo, quella che prende forma da tutte le sue visioni, le sue invenzioni e le sue provocazioni……della sua esperienza, potesse divenire spazio vivibile, come egli lo presenta nel suo Hangar 3.0, progetto vincente per la riqualificazione di Piazza del Popolo a Latina…….
…….La piazza, oggi sostanzialmente estranea alla autentica vita della città, diviene nel progetto uno spazio dinamico e insieme equilibrato, che si inserisce nel contesto con spiazzanti ma significative citazioni. Il ricordo della sua grande ruota di bicicletta, immaginata come oggetto incongruo sullo sfondo della nuova espansione urbana, si ritrova nel quadrato inclinato di Piazza del Popolo, allusione alle quadrature della Latina storica ma anche alle antiche misurazioni del territorio romano. Una proposta visionaria ma pienamente realizzabile, dove anche il segno familiare del portico viene riletto come invito ad uno spazio del tutto nuovo, percorso dalle tecniche audiovisive e interattive che trovano qui una dimensione veramente sociale e in ultima analisi una loro appropriata bellezza……
………….come tutte le avventure coraggiose ha incontrato conflitti e difficoltà, ostacoli e ripensamenti che egli ha affrontato come la sostanza stessa delle cose e della vita, che ha una sua resistenza e durezza e va ogni volta interpretata e adattata alle istanze profonde di chi vuole, come lui, immaginare e modificare, sognare e realizzare. Così, quando penso agli esiti del suo bel progetto Hangar 3.0, sento la voce di Massimo che dice : “Noi la nostra proposta l’abbiamo fatta. Ora tocca a loro.” E se “loro”, cioè le istituzioni, la cultura politica e i meccanismi amministrativi e decisionali accogliessero, con un atteggiamento illuminato che forse è utopistico richiedere, idee come quelle che Massimo ha espresso nel suo straordinario, Unico Viaggio, forse, il nostro, potrebbe essere un paese migliore.
ANDREA LANINI
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