martedì 1 novembre 2016

OMAGGIO AD ACHILLE




OMAGGIO AD ACHILLE 





                  per Achille Pace
 ....vogliamo pensare caro Achille che stai riaprendo il portone della Galleria. A Termoli la Galleria è  la Galleria Civica di piazza Sant’Antonio, emblema del Premio Termoli che….purtroppo per ora ha perso la sua identità di luogo d’arte. Noi naturalmente e non potrebbe essere diversamente, facciamo voti perché ci si ravveda quanto prima . La sede della Galleria Civica di Termoli deve essere quella a Piazza Sant’Antonio. Vorremmo che l’edificio venga messo a norma e ristrutturato ampliandolo nel modo più corretto possibile e rispettoso della storia dell’edificio stesso. Questo per quanto ne sappiamo è cosa possibile.  E ‘ solo problema di progettazione e di rivisitazione in modo corretto dei luoghi. Volere è potere. Rispettare i tuoi desiderata è doveroso oltre ad essere un modo per l’Amministrazione Comunale di Termoli di condividere il tuo pensiero, il progetto che è stata la tua vita e che ha permesso a Termoli di scrivere pagini importanti della storia dell’Arte Italiana e del Contemporaneo. ....
mp.
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 CONSIDERAZIONI DI ACHILLE  PACE  PER UNA  DISCIPINA CREATIVA
La condizione di disorientamento e di spiazzamento cui ha condotto la Cultura informale e il  pensiero esistenziale è sembrata  inevitabile e giustificabile come comportamento artistico , culturale e sociale , particolarmente sentita in alcune aree geografiche. Ricostruire , dopo , era necessario  , ma su quali basi ?  L’approccio ad un linguaggio più aderente  al vivere doveva passare per la condizione dell’esistere . . Dunque , l’informale ha in qualche modo rappresentato il purgatorio che nell’ultima fase si sublimò rischiando però di scadere in sistema . E poi nel purgatorio non si può vivere a lungo e sistema tecnico non vuol dire metodo tecnico e cioè scienza costruttiva dell’immagine per segni di crescita e controllo dell’organismo reale .“Rivelazione” non è “intuizione” , come la “fantasia” non è” immaginazione”.  L’immaginazione non può che  confrontarsi con una tecnica reale , altrimenti fallisce. La fantasia può farne a meno : l’immagine è istantanea e risolutiva  ;  la fantasia  ,no.  Ha tempi lunghi e non ha necessità di una tecnica reale e problematica . Klee coniugava  la tecnica dell’immagine   alla scienza matematica , alle leggi fisiche , alla geometria ecc. “Natura-uomo-cosmo “ filtravano all’interno della conoscenza e della genesi formativa del segno.  Dunque ,metodo tecnico come solida padronanza della via che conduce alla intuizione creativa dell’immagine , fine ultimo dell’arte .  Se Freud ,  Young , Marx sono importanti per analizzare l’interno e l’esterno dell’uomo individuale ,collettivo e sociale , smarriremmo la via che conduce alla scienza del linguaggio se non pensassimo allo specifico  , cioè a quegli strumenti tecnici , i soli che giustificano il significato , il valore e l’importanza di un’immaginazione artistica . Poiché il linguaggio  è sempre problema  reale  del tempo , esso non può esimersi dalla scienza tecnica  , intesa come coscienza e critica del tempo ,se vuole essere reale e non logica pura , cioè “ scolastica “e fuori del tempo . L’esistere e il vivere sono possibili ma” l’informale” non andava coniugato all’ “espressionismo “, già superato dallo stesso informale , perché inutile  anche a qualsiasi  altra epoca  storica . Sarebbe come negare l’essenza stessa ,la motivazione storica , sociale  e tecnica dell’informale . Un ulteriore passo verso il vivere  poteva essere piuttosto in direzione di quei processi formativi che in Klee e Kandinski  hanno  inizio nel “punto geometrico” e nelle ulteriori forze e sviluppi che lo conducono a farsi immagine del nostro vivere  , a crescere in modo naturale e spontaneo. “Segno formante” come liberazione dai nostri forti dissidi inconsci e consci , individuali e collettivi e fiducia nella scienza tutta e nella scienza dell’immagine in particolare .  Non” scolastica” ma “didattica “ ;analisi e svelamento dei principi formanti che sono all’interno dell’uomo e della natura ed in cui i contenuti sono veri perché legati all’organismo , alla struttura vitale  del tutto che nell’artista importante sono tutt’uno con  i “ mezzi “ “strumenti” che ne rappresentano l’unica vera espressione L’informale non è scienza esatta ma forma in formazione , quindi ,in divenire , costruttiva del tempo   L’immagine  è costruttiva e  l’energia che la sostiene  è di natura esistenziale ; non è geometrica , non è matematica . Essa  appartiene più al “progettuale “ inteso come libertà di  pensiero ,  al “ progetto in divenire  , in formazione “. E’ il  “tempo “ che costruisce  la “ forma “.  Una  “forma” senza  “ tempo” è  inerte , non  è espressiva  L’arte  è “ fenomenologia “, non è “progetto” : questo gli architetti lo sanno bene  . Il progetto  è “ statico” ,  l’arte è “divenire”   Al progetto  “pensato “si contrappone il “divenire” dell’azione  esistenziale –Il nostro tempo ha  opportunamente  assistito ad un incontro  di grande interesse e significato  nello sviluppo artistico dei nostri giorni . L’Architettura ha fatto passi da gigante nel volersi  incontrare  con  la sua  “sorella arte “  I criteri fondamentali che  caratterizzano   l’arte  ,la leggerezza , il movimento , la ricchezza di soluzioni formali   hanno , in  illuminati “ artisti-architetti “ soppiantato  la vecchia geometria statica e  pesante  di un tempo  ed hanno assunto   quasi miracolosamente   i presupposti   segnici  di un’arte   funzionale  , vera  . E’ evidente  che “l’artista –architetto” non poteva accettare di continuare  ad intervenire   sulle sue opere pittoriche ed architettoniche  utilizzando opposti criteri  di realizzazione . 
Ecco ,allora , come ,la leggerezza  e l’eleganza  delle opere su tela dell’artista-architetto  riescono a trasferirsi  sui  suoi  disegni architettonici , mantenendo ,  anche a  costruzione  finita dell’opera, gli stessi  artistici   criteri di  attuazione .   Ecco , ad esempio ,come avviene che  le enormi sculture di Massimo Palumbo  danno l’idea di mobilità , di potersi anche spostare   con un dito. Inaspettatamente  , costruzioni enormi di cemento e acciaio   diventano   leggere presenze che nello spazio aereo che le  avvolge  e le sostiene , sembrano  pronte a  librarsi  , a volare . E’ evidente che  qui è entrato in gioco  l’elemento creativo   , è entrata  in gioco l’immaginazione , elementi senza i quali  nessun miracoloso ,imprevedibile evento d’arte sarebbe  reso possibile , 
             Achille Pace              
Settembre , 2016

il  MAACK  e la
XII GIORNATA DEL CONTEMPORANEO







Il 16 Ottobre scorso è stata un’occasione speciale per la storia del MAACK e per il Progetto Kalenarte. Alle ore 18.00 alcune stanze della Galleria Civica d’Arte Contemporanea sono state intitolate ad artisti che hanno arricchito, collaborato e sostenuto il progetto Kalenarte sin dalla nascita: Achille Pace, Teresa Zambrotta e Franco Libertucci.
La grande sala detta “Auditorium” o “Sala Convegni” finalmente ha avuto  il suo nome: Il filo di Achille Pace. Achille Pace, presente durante la serata, è nato a Termoli nel 1923, vive e lavora a Roma ed è un artista operante nell’ambito dell’astrattismo storico e dell’arte informale. 
L’arte di Pace ha come premessa l’autonomia cromatica degli espressionisti tedeschi e i problemi segnici di Paul Klee espressi dapprima attraverso la “gettata di colore” e poi attraverso l’elaborazione di un personale linguaggio incentrato sull’utilizzazione, entro spazi per lo più neutri, di un filo di cotone che, come un guizzo di luce, definisce e circoscrive lo spazio percettivo della visione. 
Il filo di Achille Pace 
ha da sempre ispirato il progetto d’arte contemporanea di Casacalenda che nel 1991 aprì al pubblico proprio con una mostra dal titolo “Il Filo”.
La piccola saletta adibita per ospitare mostre temporanee, che si trova accanto alla grande sala appena descritta, sarà intitolata a Teresa Zambrotta con il nome: i delfini di TERESA ZAMBROTTA. La storica e critica d’arte, nonché artista scomparsa nel 2015, ha sempre sostenuto il progetto Kalenarte. Ella ha identificato nell'arte la forza creativa che permette di convogliare energie verso un rapporto di conoscenza profonda con l'universo. Ad aiutarla in questo viaggio i suoi amici delfini con i quali si sentiva intimamente connessa e che hanno guidato la sua mano nel processo di trasformazione della materia che l'arte sottende.

Strettamente legata alla storia del MAACK la figura di Franco Libertucci: figura complessa ed enigmatica della storia dell’arte del secolo scorso, nonché figlio illustre di Casacalenda, scomparso nel 2002. Nel 2007, in seguito alla ristrutturazione dei nuovi spazi della Galleria, si concretizzò la volontà di intitolare la stessa all’artista casacalendese. Domenica 16 ottobre a Franco Libertucci verrà intitolata, con il nome le sculture abitabili di FRANCO LIBERTUCCI, anche la stanza al piano superiore in cui sono presenti le sei litografie dell’artista. 
Le opere sono state donate dall’artista al Sindaco di Casacalenda in occasione  dell’esposizione a lui dedicata nel 1988 in concomitanza con l’inaugurazione del ristrutturato Palazzo Comunale.









XII GIORNATA DEL CONTEMPORANEO AL MAACK CASACALENDA_MOLISE Italy


              …….la definizione di arte relazionale si afferma nel 2001 con il libro Esthetique relationelle del critico francese Nicolas Bourriaud. In questa categoria rientrano tutte quelle espressioni artistiche che, a partire dagli anni Novanta del Novecento, si manifestano attraverso le nozioni di interattività, convivialità e che favoriscono le relazioni tra individui. Lo scopo di quest'arte è quello di sostenere modelli d'esistenza aggreganti e di creare nuovi luoghi di socialità. Rispetto all'opera d'arte tradizionale che è osservabile in qualsiasi momento (compatibilmente con gli orari dei musei) da un pubblico generale e universale, l'opera d'arte relazionale deve essere fruita in un momento preciso e da un pubblico chiamato per l'occasione. Altre caratteristiche sono l'improvvisazione e la messa in scena in tempo reale: nella mostra Traffic (Bordeaux, 1995) gli artisti potevano intervenire per tutta la durata dell'esibizione per modificare l'opera, cambiarne la disposizione trasformando nel frattempo la mostra stessa. Questi processi collaborativi hanno coinvolto, in quella che P. Parreno definisce "l'estetica dell'alleanza", artisti come P. Huyghe, Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Angela Bulloch, Carsten Höller, Rirkrit Tiravanija, Douglas Gordon.
L'Arte di relazione, più nota come Arte relazionale, è una forma d'arte contemporanea che si sviluppa attorno alla metà degli anni novanta e prevede la partecipazione del pubblico fruitore alla costruzione o alla definizione dell'opera di cui fruisce.  Si tratta di un'arte delle spiccate caratteristiche politiche e sociali al cui centro gravita la visione dell'uomo come animale anzitutto creativo. L'artista relazionale, abbandonando la produzione di oggetti tipicamente estetici, si adopera per creare dispositivi in grado di attivare la creatività del fruitore trasformando l'oggetto d'arte in un luogo di dialogo, confronto e, appunto, di relazione in cui perde importanza l'opera finale e assume centralità il processo, la scoperta dell'altro, l'incontro. Il primo esempio italiano di rilievo si incontra alla fine degli anni ottanta con le ricerche e le azioni di Cesare Pietroiusti[2]. Con la mostra Forme di relazione a cura del critico Roberto Pinto, il concetto di relazione entra a far parte di innumerevoli ricerche successive e si addensano e si sperimentano intorno al Progetto Oreste e che oggi sono ormai patrimonio di tutta l'arte contemporanea.  Nell'ottobre 1993, a Orzinuovi, in provincia di Brescia, Roberto Pinto invitò: Piero Almeoni, Maurizio Donzelli, Emilio Fantin, Eva Marisaldi, Premiata Ditta (Vincenzo Chiarandà e Anna Stuart Tovini), Luca Quartana e Tommaso Tozzi. Per l'occasione fu pubblicato un piccolo catalogo con il titolo Forme di relazione[3] edito a Milano dalle Edizioni Millelire. Sul finire degli anni novanta, altri due artisti, Massimo Silvano Galli e Michele Stasi, inaugurano, con l'agenzia Oficina - Making Reality, un'intensa stagione di riflessioni, progetti e opere d'arte relazionale direttamente immersi nel tessuto dell'intervento socio-culturale, come, tra le tante: "Cento Anni di Adolescenza", un'articolata opera-progetto finanziata dal Comune di Milano che, dal 2001 al 2005, in collaborazione con l'Università degli studi di Milano-Bicocca, coinvolgerà oltre 2500 adolescenti nella creazione del proprio autoritratto.
















Gli STALKER al MAACK  ……….La modalità di intervento proposta è sperimentale, fondata su pratiche spaziali esplorative, di ascolto, relazionali, conviviali e ludiche, attivate da dispositivi di interazione creativa con l’ambiente investigato, con gli abitanti e con gli archivi della memoria. Tali pratiche e dispositivi sono finalizzati a catalizzare lo sviluppo di processi evolutivi auto-organizzanti, attraverso la tessitura di relazioni sociali ed ambientali, lì dove per abbandono o per indisponibilità sono venute a mancare. La traccia di tali interventi verrà a costituire una mappatura sensibile, complessa e dinamica del territorio, realizzata con il contributo dei più diversi approcci disciplinari, attraverso cui si intende investigare i mutamenti in atto nel rapporto tra uomo e ambiente. Tale mappatura conterrà dati sofisticati e molteplici e al contempo risulterà uno strumento capace di attivare interesse e di facile accessibilità. La modalità operativa descritta, oltre ad essere un inedito strumento di conoscenza, potrà contribuire a promuovere la diffusione di una maggiore consapevolezza della popolazione nei confronti del proprio territorio e quindi ottenere più efficaci feedback di partecipazione creativa nella gestione delle problematiche territoriali e urbanistiche…..


XII GIORNATA DEL CONTEMPORANEO 
AL  MAACK