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mercoledì 30 maggio 2012




Caro Massimo
come è successo un disastro simile !!!!! Sono sconvolto !!!! Era proprio necessario tagliare gli alberi ????
.......In quel bosco ho passato una delle più belle esperienze della mia vita !!!!
Mi ha scritto Ilaria Schiaffini pure lei è dispiaciuta molto.
Tutto è fatto, ormai non possiamo fare molto.... forse ripiantare degli alberi, così i nostri nipoti potranno rivedere il Poeta nel suo ambiente naturale... fra  30 anni.
Un abraccio.
Costas
Atene 11.04.12


Il Poeta, 1997
struttura in ferro, calce scaglie di pietra
h.9.00 m.
Museo all’Aperto d’Arte Contemporanea di Casacalenda
 Bosco contrada Coste
ss87 direzione Termoli

Bosco contrada Coste a Casacalenda, quando il bosco non c'è più.....
IL POETA offeso.

Dovremmo urlare  vergogna! cento e più volte. 
Finirla lì e chiuderci in un salutare silenzio. E' il pomeriggio di un giorno disgraziato, il 24 Marzo del 2012, quando ai nostri occhi increduli e a quelli di una trentina di cultori  dell'arte e della natura....appare un'immagine da incubo: sembra Hiroschima il giorno dopo o un territorio ferito da uno tsunami.  Gli alberi, il bosco  totalmente rasi al suolo. Una furia rappresentata perfino dal passaggio dei cingolati o gommati che  hanno lasciato il segno  sul terreno ....il sottobosco, l'humus  distrutto, cancellato....vergogna!  
Il luogo più rappresentativo, l'opera collettiva, l' immagine per eccellenza di Kalenarte, distrutti. La volgarità e l'ignoranza umana rappresentata al massimo.
Il luogo dell'anima non c'è più, il luogo ove ci si poteva ancora stupire  con una esclamazione, è cancellato. Il tempo della poesia è finito.
 Il Poeta di Casacalenda  è solo  e s'interroga sulla stupidità umana; severo guarda gli omuncoli piccoli  piccoli che s'aggirano  e che s'affannano  nel raccattare quei pochi spiccioli ricavati dalla vendita della legna.  L'azione, quella di chi ha deciso e  mandato gli uomini a tagliare, non è nel segno della povertà o  del bisogno, è segno  di ignoranza ed arroganza stupida. Chiunque si sia trovato nel dovere incaricare al taglio del bosco....sapeva, era al corrente della delicatezza dell'operazione. E prima di dare il via libera sapeva bene di dover contare almeno fino a dieci e prendere tutte le possibile precauzioni.  Ciò non è avvenuto.
Si è voluto mortificare un progetto culturale, un bene che va oltre il paesello e le beghe che fortunatamente non conosciamo, ne' siamo interessati a sapere. Non sappiamo se il movente del delitto è solo questo o se c'è di più. La verità prima o poi verrà a galla ed ognuno si prenderà le sue responsabilità.

(*)...........Il bosco nel quale si trova, vicino a Casacalenda, è scuro e denso. In questo contesto che non è quello di un giardino, ma di una superficie boscata simile a tante altre, la visione di questo gigante è inaspettata. Non è che questa è la prima volta di statue di figure umane poste in ambienti naturali, perché vi sono luoghi come il famoso giardino manierista di Bomarzo dove le sculture popolano il paesaggio. Nel nostro caso, però, l’effetto è ancora maggiore sollecitando addirittura una esclamazione di meraviglia in quanto in una normale cerreta non si pensa di imbattersi in oggetti artistici. Siamo di fronte ad un’immagine surreale, quella di un manufatto in pietra dai lineamenti umani. Oggi, il giorno dopo, per quanto ci riguarda, per quello che l'Associazione Culturale Kalenarte significa o ha significato per questo progetto, per Casacalenda, è il momento della denuncia forte, senza se senza ma.
Riteniamo che non esistano giustificazioni di sorta da parte di alcuno e comunque l'azione portata a compimento è vile ed è stata fatta alle spalle di una comunità civile e culturale che da Casacalenda va oltre gli ambiti locali.
L'immagine di Kalenarte, del lavoro e della passione che c'è intorno a questa idea è stata duramente ferita  e compromessa, il lavoro di un  artista internazionale quale è Costas Varotsos,  offeso.
E pensare che proprio in questi giorni era giunto dal  Ministero dei Beni e delle Attività Culturali – Direzione generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee il riconoscimento a  Kalenarte, a Casacalenda come sito facente parte de 
“I luoghi del contemporaneo”.
Non abbiamo altro da aggiungere. La presente è atto di accusa. La speranza è che le istituzioni, a vario modo interessate al problema, dicano la loro per quanto di loro competenza.

Massimo Palumbo Architetto
Presidente Associazione Culturale Kalenarte. 

K.  26  Marzo 2012

........è attraverso l’intorno che questa statua acquista significato c’è il rischio di una diminuzione di senso se si effettua la ceduazione. Pertanto, si ritiene necessario un vincolo sul bosco. Si è impressionati, lo si ripete, non solo per la taglia della statua, ma anche per la sua collocazione in un bosco. È da quest’ultima, quindi dalla integrazione con gli alberi che trae il suo significato....(*)

(*)  da IL POETA di Casacalenda  di   Francesco Manfredi-Selvaggi
        da Kalenarte 1990-2010 Catalogo edito nel luglio 2010 .






".......senza parole"


............il testo qui sotto riportato di Francesco Manfredi-Selvaggi, è tratto dal catalogo : KALENARTE XX Edizioni Palladino 2010.

IL POETA DI CASACALENDA
Francesco Manfredi-Selvaggi

 Il colosso fatto di scaglie di pietra che si vede nella foto di Pasquale D'Imperio è un’opera dell’artista greco Costas Varotsos. Esso rientra nel progetto di museo all’aperto che si va realizzando attraverso le diverse edizioni di Kalenarte. Il bosco nel quale si trova, vicino a Casacalenda, è scuro e denso. In questo contesto che non è quello di un giardino, ma di una superficie boscata simile a tante altre, la visione di questo gigante è inaspettata. Non è che questa è la prima volta di statue di figure umane poste in ambienti naturali, perché vi sono luoghi come il famoso giardino manierista di Bomarzo dove le sculture popolano il paesaggio. Nel nostro caso, però, l’effetto è ancora maggiore sollecitando addirittura una esclamazione di meraviglia in quanto in una normale cerreta non si pensa di imbattersi in oggetti artistici. Siamo di fronte ad un’immagine surreale, quella di un manufatto in pietra dai lineamenti umani. Il titolo dato dall’autore all’opera di «poeta» deriva sicuramente dal fatto che questa è una cosa che deve essere completata nell’immaginazione: un invito a fantasticare sull’aspetto di questo uomo grande. Viene da pensare a qualcuno che se non è umano nella scala dimensionale è carico, comunque, di umanità il quale vive solo pur se circondato da una moltitudine di individui che poi sono gli alberi. Le piante, infatti, rappresentano cose vive e la personificazione, cioè l’identificare il non umano con l’umano, abbonda nella cultura popolare. Il sentire un albero come un uomo è, dunque, una operazione legittima. L’unico dubbio che viene rispetto a ciò è che il bosco è solo in apparenza un ambiente più durevole di altri essendo soggetto a tagli periodici; poiché è attraverso l’intorno che questa statua acquista significato c’è il rischio di una diminuzione di senso se si effettua la ceduazione. Pertanto, si ritiene necessario un vincolo sul bosco. Si è impressionati, lo si ripete, non solo per la taglia della statua, ma anche per la sua collocazione in un bosco. È da quest’ultima, quindi dalla integrazione con gli alberi che trae il suo significato, altrimenti, senza il rapporto con gli alberi, messo in una posizione isolata potrebbe venire letto quale evocazione del superuomo. Stalin e Saddam si erano fatti costruire statue di dimensioni simili ubicate in siti dominanti nei panorami urbani per comunicare il loro potere. Il “poeta”, al contrario, confuso tra gli alberi sembra proprio un tipo mite che non incute terrore. La sua umanizzazione va collegata anche all’assenza di piedistallo, immancabile nelle statue dei dittatori, fatto che lo avvicina agli alberi e, di qui, per quanto detto prima, agli uomini.

li.  2010

*  *  *



domenica 26 febbraio 2012

kalenarte museo all'aperto



IL MUSEO ALL’APERTO  
Making worlds, cioè Fare mondi, era il tema della Biennale di Venezia del 2009. Ricordare come attraverso l’arte sia possibile rinnovare il miracolo della creazione. Dare vita a ciò che non l’aveva o restituirla a ciò che l’aveva perduta. Da questo punto di vista si comprende quale sia stato l’intento di chi, vent’anni or sono, ha avuto la felice intuizione di creare un museo all’aperto nel piccolo borgo di Casacalenda. Nel 1990, l’occasione di un concorso per rinnovare l’arredo urbano è stata di stimolo per intraprendere una riflessione più complessa sui concetti di recupero, riqualificazione del territorio, creazione di modelli di riferimento, con l’auspicio di infondere e sviluppare una consapevolezza collettiva mediante le incursioni di arte contemporanea. In quel momento si è capito che ragionare sulla questione del rapporto tra Arte/Architettura e Ambiente circostante poteva essere una via da intraprendere per contribuire a migliorare la qualità della vita  Massimo Palumbo, ideatore del progetto Kalenarte, Federico Pommier Vincelli insieme a tutto il gruppo di lavoro, le Amministrazioni locali che si sono succedute nel tempo, hanno sostenuto e creduto, nonostante le difficoltà, in questa utopia. A Casacalenda da vent’anni si creano mondi. Un piccolo miracolo, tenendo presente quanto possa essere difficile per realtà così decentrate confidare, nonostante le diffidenze e la crisi economica, in un progetto culturale che non abbia riscontri immediati in termini di marketing e pubblicità, ma sia “semplicemente” progetto culturale, la cui portata, però, sembra sia stata colta nella sua potenza, da tutti, fin da subito. Un work in progress, anzi un world in progress è quello che si è creato e si continua a creare in questo borgo, inerpicato sulle colline del Molise. Un luogo non facile da raggiungere, che costringe il visitatore a conquistarlo lentamente, assecondando le sue curve e costringendolo ad osservare un paesaggio su cui quasi non c’è traccia umana: un elogio alla lentezza e al silenzio. Ed è da questo silenzio e dalla percezione rallentata che si ha dello scorrere del tempo, che sono rimasti colpiti gli artisti chiamati ad intervenire a Casacalenda. Hanno camminato per il paese, si sono persi nella campagna, hanno scelto con cura il luogo in cui lasciare il proprio segno o si sono lasciati scegliere da esso.  Hanno cercato e cercheranno ancora di interagire con lo svolgimento della vita quotidiana, ancora così profondamente legata ai cicli di Gaia, come risulta evidente anche da alcuni titoli scelti per le opere (Germinazione, Aurora, Arcobaleno, Meridiana). Hanno celebrato un passato che appartiene a tutti noi, riconoscibile in immagini archetipiche, ancestrali, che valicano i confini geografici e culturali. Basti pensare all’intervento del giapponese Hidetoshi Nagasawa (1992) in quello che era l’ex forno del paese, un omaggio all’antico fuoco di Efesto, realizzato con la grazia che ricorda molto da vicino il tratto degli ideogrammi e la leggerezza di un haiku. Dello stesso anno, anche le installazioni di Fabrizio Fabbri (Meridiana/Possibile generatore d’energia) - che fa giocare in bimbi in una sorta di piccola Stonehenge, in un “Sito del Tempo” - e di Alfredo Romano che, attraverso l’utilizzo di due elementi come la pietra locale e la pelle di pecora, nella sua opera Crepuscolare (Feritoie) riesce a narrare la vicenda di una collettività.
Ogni opera è un mondo, una storia da raccontare. La narrazione delle vicende collettive continua quando ci si imbatte in quella che doveva essere una “piazza scultura”, secondo le intenzioni dell’autore, quel raffinato scultore originario di Casacalenda, a cui in tempi recenti è stata intitolata la Galleria Civica. Franco Libertucci aveva progettato, in memoria Ai caduti (1983) di guerra, uno spazio vero e proprio, non un monumento celebrativo, un oggetto, ma una piazza da vivere quotidianamente. Purtroppo il progetto non fu capito e venne stravolto nell’esecuzione. Qualche anno dopo (1992), Massimo Palumbo ha voluto rendere omaggio all’artista che realizzava le “sculture abitabili”, installando una Scacchiera (omaggio a Franco Libertucci) nella piazza Pertini. Una scacchiera su cui muoversi liberamente, da calpestare, come il bronzeo Selciato (2001), realizzato da Michele Peri sui calchi delle antiche pietre di Casacalenda, che acquista lucentezza e splendore dall’usura.  Seguendo il percorso del Selciato, si giunge nei pressi del rosone gotico con decorazioni rinascimentali, Senza nome (1996), che Adrian Tranquilli ha incastonato nel Vico dell’Addolorata, inserendo la sua personale interpretazione dei simboli della femminilità in una strettoia molto suggestiva. Nello stesso anno, anche Claudio Palmieri venne chiamato a lasciare traccia delle sue Germinazioni, che da uno svettante nucleo centrale in ferro, si spandono come infiorescenze carnose, in un’aiuola che costeggia la passeggiata panoramica.  Il cuore della Terra Vecchia ospita anche i due più recenti interventi, realizzati su lastre metalliche nel 2009, quando il progetto Kalenarte ha ripreso le attività dopo qualche anno di pausa. Paolo Borrelli (Il Museo Sospeso - L’arresto/L’eccitante) rappresenta la ferita inferta alla comunità di Casacalenda con la sospensione del progetto culturale di Kalenarte, una ferita sanguinante, posizionata alla base della torre dell’orologio del paese.  Ilaria Loquenzi ridà invece vita ad una vecchia iscrizione, posizionando una lastra d’acciaio riflettente sul fondo della vasca de La fonte del duca, prima fontana pubblica del paese, voluta da Scipione Di Sangro nel 1645. Svoltando in una laterale del Corso Roma, si scende a valle attraverso la Cromoscala (1990) di Tonino D’Erme.  Lungo il perimetro del paese, invece, sono collocate le sculture di grandi dimensioni.
Antonio Fiacco ha posizionato la sua bianchissima Aurora (1988) sulla scalinata che conduce alla ferrovia, come fosse una porta d’accesso al paese, modellata sull’arco tipico dei vicoli della Terra Vecchia. Al capo opposto del paese un altro arco, questa volta in ferro, segna il confine tra nuclei abitati e aperta campagna, l’Arcobaleno di Carlo Lorenzetti. Sia nell’Arcobaleno che nella Meridiana 99, entrambe del 1999, Lorenzetti raggiunge l’aspirazione all’equilibrio e alla leggerezza, reinterpretando le forme della scultura classica con l’utilizzo di materiali non classici, come ferro e acciaio, in perfetta armonia con l’ambiente circostante. Concludono il percorso del Museo all’Aperto di Casacalenda due opere, dislocate in aperta campagna. Il guardiano del bosco (1994) di Andrea Colajanni, situato presso il convento di Sant’Onofrio, è un’installazione in ferro che ricorda un fascio di spighe di grano. Più lontano, in Contrada Coste, un altro mondo, quello lirico del Poeta di Casacalenda (1997). Costas Varotsos, passeggiando nelle campagne, si è inoltrato nel bosco, rimanendo  profondamente colpito dall’aura mistica, dall’energia misteriosa che emanava quel luogo. Quello era il posto giusto per un Poeta silenzioso  e meditabondo, che, come il suo gemello di Nicosia, porta un messaggio di pace e di fiducia nella capacità dell’Arte di comunicare mediante un linguaggio universale. Per volontà dell’autore non ci sono indicazioni che conducono al gigantesco poeta di pietra. Il visitatore può scoprirlo per caso o non trovarlo mai.

Lorenza Cariello
Storico dell'Arte

venerdì 24 febbraio 2012

la scacchiera


La Scacchiera,
1992
Massimo Palumbo è l’anima e il cuore di Kalenarte, giunta oggi alla sua ventesima edizione grazie all’impegno profuso nella sperimentazione e nel tentativo (ampiamente riuscito) di coinvolgere artisti nazionali ed internazionali in questo “folle” progetto.
Affermato architetto a Latina, città in cui tuttora vive e lavora, è nato a Casacalenda nel 1946.
Il suo ambito di ricerca, a partire dal periodo della sua collaborazione alla Cattedra di Composizione Architettonica presso l’Università La Sapienza di Roma, è sempre stato il rapporto tra arte, architettura e ambiente, indagato nei suoi molteplici e complessi aspetti.
La consapevolezza della funzione etica dell’architettura (con le sue implicazioni politico-sociali), per Massimo Palumbo ha come degno compimento la fruizione pubblica dell’arte nello spazio urbano. Del resto, all’Università è stato allievo sia di Maurizio Sacripanti, che spesso invitava scultori come Gastone Novelli o Achille Perilli durante le sue lezioni, sia di Bruno Zevi, da cui ha certamente ereditato la necessità che l'esperienza dello spazio architettonico si prolunghi nello spazio urbano, nei vicoli e nelle piazze, per le strade.
A tutto questo certamente bisognerà aggiungere il fervore che ruotava attorno alla città di Latina, esperimento d’architettura futurista nell’ambito del programma fascista di bonifica dell’Agro Pontino. E con uno dei maggiori progettisti di edifici pubblici della prima metà del ‘900, come fu Angiolo Mazzoni, il giovane architetto Massimo Palumbo ha stretto un rapporto di amicizia nutrito da stima reciproca, come documentato anche dal carteggio tra i due, conservato nell’Archivio Mazzoni presso il MART di Rovereto.
Tutte queste sollecitazioni gli consentono di mescolare agilmente linguaggi e materiali diversi, pur mantenendo sempre una leggerezza, soprattutto nell’utilizzo plastico-figurativo di materiali semplici, come pietra, mattone e ferro, grazie alla consapevolezza che lo spazio, da qualunque punto di vista lo si studi, è sempre prima di tutto spazio della memoria.
Proprio alla sua memoria Massimo Palumbo ricorre quando pensa alla realizzazione di un Museo a cielo aperto  nel paese e nei dintorni di Casacalenda, in cui si possa concretizzare la dialettica tra architettura, arte e ambiente circostante. 
In questo progetto si fondono anche la teoria e la pratica artistica, l’attività del teorico-curatore e dell’architetto-designer, come del resto Palumbo si andava affermando dalla fine degli anni Ottanta.
Il suo contributo di artista al Museo all’Aperto è un omaggio al raffinato e silenzioso scultore originario di Casacalenda, Franco Libertucci, scomparso nel 2002.
Il riferimento all’ultima produzione di Libertucci diventa una scacchiera, realizzata nel 1992 per piazza Pertini. Un intervento minimalista, semplicemente bicromo, che si inserisce armonicamente nello slargo antistante il palazzo del Comune, fornendo anche un secondo accesso all’edificio; nello stesso tempo, però, essendo un piano inclinato fatto di pietra locale e ferro, elegantemente si lascia notare, perchè non asseconda il pendio del terreno.
La scacchiera diventa un passaggio cruciale, su cui le pedine si possono muovere secondo traiettorie differenti, pur essendo tutte consapevoli di vivere una condizione di precario equilibrio.       
Lorenza Cariello
Critico,Storico dell'Arte
 


Scacchiera, 1992
installazione ferro, pietra.
MAACK
Kalenarte Museo all’Aperto d’Arte Contemporanea di Casacalenda
Piazza Sandro Pertini


 
 



giovedì 23 febbraio 2012

xx kalenarte





Campidoglio_ROMA presentazione del Catalogo
XX KALENARTE

galleria civica d'arte contemporanea franco liberucci


La storia di Kalenarte, la collezione della Galleria Civica d’Arte Contemporanea e le sculture del museo all’aperto di Casacalenda rappresentano un patrimonio di indubbio valore per le esperienze complesse dell’arte contemporanea in Molise e nel nostro Paese. Il rapporto speciale che questo piccolo e magnifico centro ha saputo creare con le tendenze artistiche odierne e con molti loro protagonisti costituisce infatti un esempio di grande rilevanza per una visione organica della città e del paesaggio dove la storia e il presente, l’attualità e la tradizione si integrano in un dialogo unitario e fecondo. Questo lungo e ampio progetto appare dunque come una soluzione valida e concreta, come un possibile modulo germinale da proseguire e da imitare, per rispondere concretamente alle questioni poste dal problema dell’arte urbana e dai musei di arte contemporanea, sempre più spesso al centro delle riflessioni su un’arte non più concepita per restare chiusa nei suoi luoghi deputati e legati a una fruizione elitaria, ma destinata ad aprirsi a un pubblico nuovo e sempre più ampio. La dialettica positiva e virtuosa tra il passato e la contemporaneità, la possibilità di lavorare con la creatività di oggi per dare una più intensa energia a territori e a stratificazioni sociali che rischiano troppo spesso l’abbandono e l’oblio, hanno così trovato a Casacalenda una qualità unica ed esemplare nel rapporto delle opere con l’architettura, con la conformazione e la vita stessa del tessuto urbano e nella creazione di una collezione permanente. La Galleria Civica Franco Libertucci diventa dunque un ulteriore cardine di continuità all’interno di questa lunga vicenda che ha saputo unire artisti di valore nazionale e internazionale, nel tentativo, forse, di riscoprire il significato di un’arte che possa essere ancora un elemento basilare della storia e dell’esistenza di una comunità che vuole dare un senso più profondo alla sua memoria e al suo futuro.

LORENZO CANOVA
Università del Molise    (1997)
                                                                 







lunedì 20 febbraio 2012

autumn contamination



                                     ....a proposito di autumn contamination:l'intervista
                                                              


Bene Comune intervista del 20.12.11.
.....mi chiede una breve riflessione sull'Autumn Contamination a Campobasso.
Ma senz'altro è cosa buona sempre, quando un territorio riesce ad esprimere pluralità di eventi. Sono momenti che mantengono vivo il dibattito culturale e riescono ad evidenziare meglio a chi rappresenta le istituzioni quali sono le vocazioni di chi opera nel quotidiano. Al di la del plauso per chi si incammina per la prima volta in un percorso come questo dove l'Arte contemporanea  in genere è vista sempre con sospetto, a dir poco, mi è sembrata interessante la formula delle contaminazioni tra le arti  anche se la cosa di per se avrà  senz'altro aumentato le difficoltà all'organizzazione. 
Ora però il problema principale a mio avviso  è capire cosa un evento del genere può aver  lasciato sul campo, quale segno tra chi ha partecipato nei ruoli di spettatore ma anche per chi è stato attore. Quali le effettive contaminazioni presenti o future ?.  La nostra esperienza ci dice che solo il tempo e la qualità dei contenuti  di quanto si fa riesce e non sempre, a creare una traccia, a dare un percorso e mentre è difficile costruire nel tempo, è facilissimo smontare tutto. Non ci vuole nulla per vanificare anni di lavoro. Quindi a mio parere è importante in questo campo avere un progetto forte che direi "chiuso-aperto" e proiettarlo nel tempo...mi rendo conto e sembra una contraddizione ma il troppo "liquido" tende a sfuggire ed a confondersi nell'effimero. Oggi tutto è molto complesso e sembra che il difficile sta proprio nel saper coniugare gli opposti....ed è la stessa cosa di quando ci si pone il problema del locale o del globale ed alla fine si stabilisce la necessità di un dialogo, di un salutare mix necessario con entrambi i punti di vista.  Nel costruire questo mix, risulta molto importante conoscere il territorio su cui si opera e non pensare di trovarsi all'inizio di una nuova era, di una stagione che può fare tabula rasa per ricominciare daccapo. Tutto si realizza e tutto si costruisce con il "gioco sapiente" delle sovrapposizioni degli strati che si pongono l'un sull'atro in un eterno dialogo e sinergia costruttiva.
Mi chiede poi cosa penso e quali le considerazioni  circa le politiche culturali molisane e, nello specifico, quale la funzione della Fondazione Molise Cultura. 
Diciamo che tra le tante cose messe insieme e le triangolazioni  avvenute con Autumn Contamination, cosa significativa sono stati gli incontri per verificare  lo stato di salute e il cosa fare per quanto riguarda l'Arte contemporanea in particolare. Nel contenitore Autumn Contamination, c'erano un pò tutte le figure che oggi rappresentano il Molise negli ambiti di cui sopra e sarebbe interessante anche per noi, capire cosa ha prodotto l'incontro. Sinceramente al di là delle buone intenzioni, non abbiamo segnalato novità. I problemi sul tavolo c'erano e scelte in effetti non ci sono state e forse non poteva essere se non così.. La politica, le istituzioni e chi le rappresenta devono comunque e al più presto,  prendere posizione ed essere al massimo trasparenti. L'occasione della Fondazione Cultura Molise si può rivelare un ottimo motore propulsivo per idee e creatività e perchè no.... crescita,  ma potrebbe svelarsi anche come un grande bluff......e sinceramente facciamo voti perchè questo non accada.
Ritornando al fare cultura e al valore aggiunto Arte Contemporanea, è da sottolineare, l'importanza mai come oggi di poter operare in sinergia tra chi ha operato ad oggi sul territorio creando curricula ma sopratutto  percorsi di grande qualità.
Il Molise ha progetti nazionali, internazionali che aspettano solo di essere messi a regime per essere goduti e rappresentare al meglio il territorio su cui insistono.  Quindi salvaguardate e potenziare le eccellenze esistenti, il Premio Termoli e la sua storia, Fuoriluogo a Campobasso per i contenuti e le proposte che ben sono state rappresentate ed animate negli anni, Kalenarte a Casacalenda  con il suo Museo all'Aperto, per la particolarità del progetto, la qualità e la coerenza nel tempo.
La  Fondazione Cultura Molise  dovrà secondo noi, evitare una cosa, una sola cosa: la dispersione a pioggia delle risorse.
Individuare invece livelli di intervento diversi ove le varie iniziative culturali possano  far riferimento ad un asse centrale portante espresso e sostenuto dalle eccellenze. Raramente capitano delle occasioni e questa forse è una o l'unica. L'unica  per porre il Molise, la sua cultura, il suo territorio all'attenzione di un  palcoscenico più ampio, di valenza Europea.
Un respiro sicuramente adeguato alle sue potenzialità.
Massimo Palumbo