venerdì 25 ottobre 2013

alla zisa massimo palumbo

Massimo Palumbo ai Cantieri Culturali alla Zisa
di Salvatore Davì











Massimo Palumbo ai Cantieri Culturali alla Zisa
di Salvatore Davì
Entrando negli spazi della Bottega 6 ai Cantieri Culturali alla Zisa si percepisce una dimensione dilatata del tempo e dello spazio; si è spettatori di una mostra estremamente evocativa che propone la visione bipolare del fare artistico: nelle opere di Massimo Palumbo etica ed estetica coincidono, si toccano e si fondono, costruendo un percorso che supera l’apparente candore materico e dando voce ad una profonda riflessione sociale. L’artista lo fa attraverso un esubero di ‘bianco’ e una disposizione all’indagine dello spazio urbano attraverso una serie di elementi naturali e materiali poveri (legno, ferro, carta, etc). Vivi, mostra a cura di Cristina Costanzo, organizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale di Latina “MAD Museo Arte Diffusa”, è composta da lavori quasi tutti realizzati per l’occasione, quasi come un insieme di frammenti di una grande installazione site specific; la mostra si configura come un monito generazionale che scruta le mosse del recente passato e invita ad una nuova presa di coscienza. Ciò che colpisce sono la semplicità e quel velato romanticismo ideologico che, però, non toccano mai la soglia del retorico, ma che puntano all’immagine stricto sensu e al suo potere comunicativo ed evocativo. Semplice. Una forma, un’idea e la concentrazione di simboli efficaci e chiari: le bianche barche come invito alla scoperta, all’indagine e alla critica, la bilancia che pesa la Costituzione Italiana, i libri bianchi e intonsi come consiglio per scrivere la storia di domani, il peso paradossale della gommapiuma. L’allestimento supera le difficoltà strutturali dello spazio espositivo e si costruisce elegante; gli elementi si toccano e tracciano una composizione uniforme, un excursus sul lavoro dell’artista e sul ruolo che ha avuto e che deve avere in società, uno sguardo compatto che riflette “sulla società contemporanea attraverso la dialettica tra architettura, arte e ambiente ma anche come esortazione, per l’appunto ‘Vivi’, ad osservare con sguardo critico la realtà che ci circonda” (Cristina Costanzo).

alla zisa massimo palumbo

 
 
 
 
 

 
 
 
Massimo Palumbo, Vivi: appunti dalla personale ai Cantieri Culturali alla Zisa, Palermo
 
 
Si è da poco chiusa a Palermo, nei Cantieri Culturali alla Zisa, la personale Vivi dell’artista architetto Massimo Palumbo. La mostra è stata la prima siciliana per Palumbo, originario del Molise e residente a Latina, instancabile professionista, teorico e promotore culturale, da decenni attento alle esigenze di rivalutazione e riscoperta del patrimonio paesaggistico e urbano nazionale, in particolar modo per ciò che riguarda i piccoli comuni, apparente periferia geografica ma centro pulsante e operoso della preziosa provincia italiana.
Già promotore, più di un ventennio fa, del MAACK, Museo all’aperto d’Arte Contemporanea Kalenarte di Casacalenda (CB), Palumbo ha con costanza seguito e auspicato, in sinergia con la Galleria Civica d’Arte Contemporanea Franco Libertucci, della stessa cittadina molisana, la formazione e il regolare accrescimento di una collezione di opere d’arte urbana dedicata al territorio, alla meditazione sul rapporto Uomo-Natura e sulla possibilità d’arricchimento collettivo che scaturisce dalla dimensione partecipativa insita nel progetto Kalenarte. Dal Poeta di Casacalenda, immoto gigante del bosco concepito da Costas Varotsos ma sentito quale opera dell’intera cittadinanza, all’Efesto guardiano (e memoria) del fuoco di Hidetoshi Nagasawa, passando per altre sedici opere di artisti internazionali realizzate nel corso degli anni – e molte di esse concepite come lavori site specific – l’impegno profuso intorno al piccolo centro molisano ha costituito il fil rouge costante, la meta – a tratti utopica – del lavoro poetico di Palumbo, che pure ha chiesto per sé e tuttora sceglie spazi per esprimersi in maniera del tutto personale e coerente. Come è avvenuto nella mostra di palermitana.
Il bianco la fa da padrone nella produzione artistica di Palumbo, sorta di velo protettore e al contempo sobrio accento nelle composizioni materiche su tela, su piani di ridotte dimensioni o su scala ambientale, spesso atto ad avvolgere oggetti d’uso comune o di recupero, così ammantati di forza evocativa e, non di rado, di ironia. La recente occasione espositiva (curata da Cristina Costanzo; dal 27 settembre al 4 ottobre 2013), con un allestimento minimalista magistralmente dispiegato nella Bottega 6, solamente uno dei tanti spazi ricavati dalle dismesse antiche Officine Ducrot e consegnati alla città di Palermo, ha riproposto lavori di Palumbo appartenenti agli anni Novanta e Duemila e ha presentato un nucleo omogeneo di opere appositamente concepite con uno sguardo rivolto alla Sicilia che, da estraneo per nascita, si è fatto partecipe e sodale degli uomini e delle donne che qui vivono, costruiscono e operano. Il titolo stesso della mostra, a una prima lettura del testo a firma dell’artista presentato in catalogo (Palladino editore, con saggio critico della curatrice, uno di Marcella Cossu e una riflessione, appunto, dell’artista) si chiarisce e svela come doppiamente significativo: Vivi come constatazione dello status di quanti operano e si muovono nel mondo attuale, ma soprattutto come esortazione accorata rivolta a ciascuno e in special modo ai più giovani ossia a quanti, suggerisce Palumbo, sono oggi chiamati a riempire nuove pagine vuote, a disporsi al viaggio come piccole barche bianche in partenza verso il domani.
Tra opere quali … eppurepesa (2013), installazione incentrata sulla Costituzione Italiana e la paradossale morsa che sembra stritolare la tradizione siciliana di Pupus (2013), i lavori in mostra compongono un breve ma denso corpus, alla comprensione del quale pare non si addicano le elucubrazioni mentali del visitatore ma semmai l’immediatezza del sentire, che pure lascia dietro di sé, nell’approfondimento e nello svelamento delle fonti di ispirazione di Palumbo, la certezza di un impegno sociale sempre presente. Nel proporre le sue opere a Palermo, del resto, l’artista ha voluto fare un chiaro riferimento – e un omaggio – al giornalista Mauro Rostagno, assassinato nel 1988, il quale, appena un mese prima dalla morte, aveva attraverso un’intervista a Claudio Fava espresso l’esigenza insopprimibile e spontanea di “vivere, rischiare… sfidare il vento”.

Teresa Lucia Cicciarella

calips
2010
tecnica mista
materiali vari, corteccia di eucalipto,
vinavil su tavola
30x30x9


 
pupus
2013
installazione
gommapiuma, filo d’acciaio, pupo
200x200



le bianche barche ... !
2013
installazione
cubo in legno+carta
200x200





…..vi toccherà, prima o poi,
scrivere i vostri libri
2013
installazione
carta su legno
100x40