giovedì 7 marzo 2013

rogo alla città della scienza a napoli








"......L'odioso e infame crimine perpetrato nei confronti del bell'edificio della Città della Scienza di Napoli dimostra, casomai ce ne fosse ancora bisogno, che cultura e bellezza rappresentano un binomio che fa paura alla criminalità. Dimostra, altresì, come la buona architettura possa simboleggiare e rappresentare il riscatto di una città, di un quartiere, esprimendo le sue energie migliori e più positive, le sue speranze di rinascita....."
Così il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori sull'incendio che ha distrutto la Città della Scienza


....sono veramente inquietanti le cose che accadono in questo paese!

6.3.13

mercoledì 6 marzo 2013

casa lasala il bunker a latina località nascosa



 
Il “Bunker”, ovvero, Casa Lasala: una responsabile avventura.
di
Loredana Lasala
 
 
     Solo un anno prima si era rivolto all’azienda di famiglia per stampare i biglietti da visita: “Antonio D’Erme – Architetto …”.
Un pezzettino di carta la cui originalità rivelò subito le caratteristiche e le potenzialità di quel giovane progettista e convinse mio padre ad affidargli la trasformazione di quella tipografia nel centro della città in uno spazio moderno ed efficiente.
     Di lì al conferirgli l’incarico della progettazione della “casa dei sogni” il passo fu breve.
     Era l’inizio degli anni ’70 e la fiducia nel futuro, ancora, consentiva, pur a non più giovanissimi imprenditori, di investire nella qualità e, perché no, nel prestigio di aziende e famiglie.
     Noi figli si era solo dei ragazzi. Tonino una sorta di fratello maggiore. E la casa che nasceva sotto i nostri occhi impreparati era un fenomeno affascinante reso ancor più eccitante dalla sua personalità di tranquillo ma inarrestabile vulcano.
     Veniva nel nostro appartamento di via F.lli Bandiera, dove viveva qualche piano più sotto, con i suoi disegni e i plastici straordinari che ci facevano vedere dove e come saremmo vissuti di lì in poi. Il passo quasi saltellato di chi non riesce a star fermo - più per eccesso di energia che per inquietudine -  il sorriso dei suoi occhi dolce-acuti; sempre lieve e ottimista (non credo di averlo mai visto arrabbiato). In fondo, non lo si poteva contraddire.
     Purtroppo, però, con il primo progetto, sforò il budget di troppo per potergli consentire di realizzare le sue ‘visioni’: doppie altezze, rampe elicoidali che distribuivano le stanze a vari livelli: uno splendore. Fu il primo ed unico rifiuto che i committenti gli opposero.
     Dovette ripiegare su una versione semplificata, ridimensionata ma non mortificata: il genio e la cultura dell’architetto emersero comunque da quello che si era trasformato in
un elementare quanto ‘pensato’ parallelepipedo di cemento dalle proporzioni perfette.
     La facciata scalpellinata, gli elementi emergenti dei comignoli ellittici e del solarium semicircolare, la giustapposizione di pieni e vuoti, le inclinate, i colori e una serie di dettagli tutti da scoprire, avevano creato un oggetto architettonico essenziale nelle linee ma fortemente plastico: una scultura di pietra (artificiale) e colore, di silenziosa eleganza, nel piatto
paesaggio della campagna di Latina che non lascia rimpiangere la prima versione.
      Le Corbusier, Terragni, Rudolph, Mies, Mondrian: evocati e riletti nell’interpretare un castello medioevale scozzese; (1) con la rampa di accesso che allude a un ponte levatoio. (2)
     Aveva studiato Tonino e capito - come pochi - quei maestri del novecento che d’un colpo avevano spazzato via orpelli e retorica dall’abitare e dal costruire. Senza restarne schiavo, da discepolo troppo ossequioso, ma traducendone la lezione in un prodotto originale e sensibile.
 
 
     La prima notte nella casa fu un’esperienza di quelle che non si dimenticano. Il silenzio innaturale, rotto solo dal canto degli uccelli notturni, agitava profondamente. I lucernari, sapientemente disposti a segnare percorsi e a disegnare fondali, lasciavano entrare la luce bianca della luna in un gioco di geometriche ‘presenze’; gli spazi fluenti al punto da confondere (non fu facile trovare il frigo). Non potei dormire.
     Non era una casa, quella, era una dimensione esistenziale nuova che giorno dopo giorno si rivelava e si impossessava di te.
Tutto invitava alla meditazione e alla contemplazione ma allo stesso tempo ti spingeva ad esplorare, incuriosiva, sorprendeva.
     Posso dire che l’esperienza di quegli spazi fu davvero una rivoluzione. La “pianta libera”, l’intimo rapporto con la natura circostante, concesso dalle generose vetrate, le visuali a sorpresa, mutevoli ad ogni passo, ad ogni ora, ad ogni stagione - che ancora oggi mi danno la sensazione di ‘passeggiare’, quando sono in casa - mi hanno ri/educato incidendo profondamente nelle mie categorie. Piazza pulita di tutto il conosciuto/subito; fine dell’ordine stabilito. Almeno quello di porte e finestre, stanze e corridoi a cui, la maggior parte  di noi, Italiani-classe media-di provincia, ci eravamo fino ad allora adattati e sottomessi.
Il cambiamento era nell’aria. C’era stato il ’68; poi vennero il’73 e il’78. Anni di cambiamenti profondi di cui Tonino aveva colto il portato migliore: la freschezza e l’autenticità di una libertà più consapevole: la responsabile avventura di una nuova e sconosciuta libertà, una libertà non violenta. (3)
     Solo gentilezza, nessuna aggressività, elegante rigore, non disordine mentale: questa era l’espressività di Tonino. Questo traspare ancora in ogni curatissimo dettaglio. Una cura che ne fa un’opera di altri tempi. Un’opera uscita dalle mani e dal cuore, oltre che dalla matita più o meno grassa dell’architetto-artigiano-artista. Nessuna operazione di copia-incolla. Databile, non datata; con tutto il fascino e la freschezza delle cose frutto di pensiero nobile. Oltre che di talento.
     Nulla o quasi è stato cambiato; nessun abuso, nessuna manomissione: la creazione è stata rispettata e amata al punto da far esclamare ad un noto storico in visita: “Bisogna che un notaio documenti tutto ciò. Tutto questo deve essere messo a verbale e sigillato…”, o giù di lì. Una boutade in linea con il personaggio, una provocazione (francamente, ancora oggi ho solo una vaga idea, e mi sfugge pure, di quello che volesse dire).
     Ma  la casa è davvero, ancora, l’espressione fedele del genio dell’architetto (lo si lasciò lavorare assecondandolo in tutto) e del suo tempo.
     Non senza problemi. La crisi energetica esplose quasi senza preavviso e solo qualche domenica dopo la conclusione dei lavori l’Italia andava a piedi. La tecnologia e i materiali non convenzionali, usati per realizzare una “scultura da abitare”, non avevano fatto i conti con il gasolio alle stelle e la dispersione termica, inevitabile in ambienti così ‘fluidi’, non circoscritti e così ampiamente vetrati,  rese il quotidiano degli abitanti piuttosto complicato nel tempo. Le tonnellate di ferro e cemento impiegati furono uno spreco indicibile: ci si sarebbe potuta costruire una palazzina di diversi piani. E poi il cemento a vista, con i ferri più superficiali che gonfiano e spaccano.
E’ giusto parlarne perché questa non sia solo un’occasione di postuma piaggeria ma momento di riflessione; e ripensamenti se necessario. Personalmente sono in grado di comprendere e accettare. Qualunque cosa. Il premio, in bellezza, è irrinunciabile e ripaga.
E’ questione di scelte: perdite, fatica; ogni  innovazione ne richiede. E se non ci annoia un'altra considerazione, ricordiamo come la ben più nota e prestigiosa “Casa sulla Cascata” – di F. L. Wright – dovette essere abbandonata per l’incessante e, ad un certo punto, insopportabile rumore dell’acqua. Un’audacia, un errore di valutazione progettuale che tuttavia continua a regalarci poesia e meraviglia.
     Audacia che ha fatto sì che si possa gustare, nella casa Lasala, un’atmosfera unica, autentica, ancora estremamente stimolante. I visitatori, a distanza di più di trent’anni, ne restano ammaliati. Forse più di allora quando, non proprio affettuosamente, era nota come “il bunker”. Ma erano tempi diversi; non eravamo pronti a tanta “brutalità” (4) e per la prima volta, dopo anni di pace, si respirava un’aria minacciosa: quella del “Golfo”.
     Oggi, qualche artista, ma non solo,  la sceglierebbe volentieri come dimora o dichiara di voler cambiare tutto della propria dopo tale esperienza estetica. Qualcuno ne rileva il tocco di surrealismo, forse il più stridente in tanta coerenza: la presenza dei proprietari. Sorprende questa coppia di 87 e 81 anni in tanta attualità. Una coppia di ‘giovani’ pionieri che hanno creduto nell’Architettura Moderna e, soprattutto, in un Architetto.

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1) Il riferimento a tale fonte di ispirazione è dello stesso Tonino D’Erme.
2) La rampa  era stata una precisa richiesta della proprietaria in prospettiva di una vecchiaia funestata da possibili disabilità.
3) Per questo, “Gas”, il film di recente ambientato (fortuna, solo alcune scene) nella casa, non rende merito al suo spirito. Serviva una casa anni ’70 per una storia ambientata a Latina che la famiglia, ignara dei contenuti, ha concesso per favorire un giovane regista concittadino.
4) L’opera si può definire “brutalista” (da béton brut) per l’uso del  cemento a vista
 
 
 
 

lunedì 4 marzo 2013

a proposito della biblioteca stirling








James Stirling, Michael Wilford, and Associates
Biblioteca Pubblica, Latina, Italy (1979-85)


diceva...

“…………. Sono proprio questi mediocri ideologi che ieri puntavano su una sorta di perbenismo per difendere privilegi e oggi vagheggiano aperture edonistiche come la droga, per esempio, per conservare l'esistente e ridurre il cambiamento a puro fenomeno di evasione e di provocazione, che cercano di impedire iniziative come queste con accuse e argomentazioni che, quando non sono risibili e demagogiche, sono provinciali ed astratte.
Il fatto di voler realizzare a Latina strutture per rendere la città più vivibile e porre in atto iniziative culturali d'alto livello che permettano un inserimento anche internazionale non è segno di megalomania o di 'mentalità' faraonica o cesarea come è stato detto da qualcuno con scarsa fantasia o molta mediocrità da piccolo 'borghese', ma è segno di acquisire maturità e di realistiche valutazioni delle potenziali possibilità della nostra provincia e di Latina in particolare: potenzialità che se ignorate ulteriormente, renderanno ancora più stridente il contrasto che già esiste tra la sua forza economica e demografica ed il livello delle attività che essa offre ed il ruolo regionale che le viene riconosciuto o assegnato.
La scelta di James Stirling quale progettista della ristrutturazione dell'isolato del vecchio Ospedale e della nuova Biblioteca Comunale, per chi sa appena qualcosa di urbanistica e di architettura appare quanto mai opportuna e giusta. Lo abbiamo scelto non soltanto perché si tratta di una grandissima personalità di livello mondiale, ma soprattutto per la qualità delle sue opere; esse infatti, al di là di ogni altra valutazione critica (che qui sarebbe comunque fuori luogo dal momento che ci sono decine di volumi su tale argomento) mostrano una grande capacità di interpretare l'attuale aspirazione (anche della nostra gente) ad un ambiente nuovo per un nuovo modo di vivere, combinando insieme la logica del manufatto a quelle funzioni proprie di spazi urbanistici non molto estesi e fortemente condizionati, con l'adattamento, la sperimentazione, ma anche il recupero di forme e figure, qualche volta addirittura di tipo, per così dire, "rinascimentale".
Non credo infine, che debba essere sottovalutato il fatto che egli ha progettato Università e biblioteche in quella Inghilterra che forse non sempre ci somiglia, ma che quasi sempre ci precede o suscita la nostra ammirazione, almeno nel modo di affrontare i problemi, sociali e quelli urbanistici…”
Antonio Corona
Sindaco di Latina

 

con franco purini

 
 
 
” Affermare che l’architetto deve migliorare l’abitare comporta il fatto che la sua disciplina deve dar luogo ad una attività – che é arte e insieme scienza – essenzialmente positiva.
 Ciò significa che, a differenza della letteratura, dell’arte pittorica e plastica, del cinema, della musica, della danza e della poesia,
 l’architettura non ha la possibilità di descrivere la sofferenza, il disagio, lo spaesamento, l’insennatezza del vivere, la perdita di sè, la tragedia....."
Franco Purini

 
 
con Franco Purini
Secondo PREMIO ERNESTO LUSANA
Latina

palazzo comunale di casacalenda









Palazzo Comunale di Casacalenda
architetto massimo palumbo
 (1980-1988)
……….dalla relazione illustrativa del progetto. Stralci.
Quando gli Amministratori decisero di ristrutturare il Palazzo Comunale di Casacalenda, era il 1980, si pensò che era giunto il momento di intervenire adeguando l'intera struttura dell'edificio alle nuove esigenze partecipative dei cittadini; l'edificio costruito nei primi anni del 900, pur non essendo edificio di particolare valore architettonico, presentava alcune valenze che comunque si è creduto opportuno conservare e valorizzare.
Si pensò che una riorganizzazione dei servizi e una loro maggior razionalizzazione erano necessari per avere in prospettiva un diverso uso del palazzo comunale, un uso di tipo sociale da parte di tutta la cittadinanza.
La progettazione ha tenuto costantemente conto di queste volontà ed ha individuato proprio nel riuso dello spazio-corte interna al palazzo “il luogo principe" intorno al quale far ruotare tutte le altre attività e servizi (da quelli amministrativi a quelli di carattere culturale).
L'aula consiliare o spazio polifunzionale, è stato il punto di partenza per tutta la progettazione.
Analizzando i collegamenti ed i percorsi essa risulta centrale e integrata agli altri servizi, è godibile a due altezze diverse per poter favorire l'ascolto e la partecipazione di un numero maggiore di cittadini.
La ristrutturazione dell'edificio ci ha permesso inoltre di poter  raddoppiare i metri quadrati fruibili. Sono stati recuperati tutti gli spazi sottotetto, che sono risultati di notevole valore architettonico-spaziale.
L'intervento è stato rispettoso, dei volumi, degli spazi, dei materiali, cercando sempre….. il dialogo e un rapporto costantemente dialettico con i nuovi materiali e le nuove tecnologie ovunque fossero necessarie. Da qui l'uso e la contrapposizione del cemento armato e del legno, del ferro e della muratura, del vetro e del plexigas.
L’atteggiamento progettuale è stato quello che si ha nel rivisitare porzioni di città, togliere dove necessario, inserire per esaltare: il gioco sapiente….per poter fare architettura.
Il nuovo intervento allora risulta sempre leggibile e si contrappone rispettando il contenitore di sapore primo 900”. Il tutto risulta integrato in un unico organismo spaziale
La copertura dell’ aula consiliare in c.a. e la scala di accesso ai diversi piani del palazzo, in ferro e pietra, sono segni strutturali forti e leggibili nel contesto e realizzati con materiali poveri.
La presenza di un piano intermedio nell'aula ConsiIiare è giustificata sia da motivi di articolazione dello spazio interno sia da motivi funzionaIi (aumento della recettività dell'aula e sua possibile utiIizzazione per altri usi di interesse culturale).
Il percorso anulare di affaccio sulI 'aula Consiliare garantisce la non interferenza delle funzioni di questa con quelle degli altri ambienti, ma allo stesso tempo la caratterizza opportunamente come luogo centrale e simbolico del centro civico.
Proprio la tensione progettuale a dare a questo spazio centrale una forte caratterizzazione ha orientato il progettIsta per quanto riguarda la copertura verso una scelta integrata di forma e struttura, che differenziasse in modo deciso lo spazio centrale di nuova acquisizione.
Si rafforza così formalmente l'idea di centralità di cui si è espressa poc’anzi l'intenzione progettuale, evitando però mediante opportune scelte formaIi e funzionaIi (aperture e percorsi) la rigidità di un impianto simmetrico da un punto di vista spaziale.
La progettazione individua, nel riuso dei cortili interni all'edificio, i due luoghi di maggior partecipazione: da una parte l'Aula Consiliare, dall'altra il Museo Civico,con annessa biblioteca e Pinacoteca Comunale. La copertura é una struttura in cemento armato sorretta da quattro esili pilastri in ferro.
Anche per il museo civico, si é ritenuto opportuno legare le funzioni diverse (biblioteca, museo) e spazi per attività culturali, con piani integrati tra loro,a quote diverse. La copertura, in questo "Luogo",ha valore e significato diverso: le capriate sono in ferro e vetro……

“…….all’Architettura piace essere trasformata con cura ”
(Alvaro Siza), 
alcune considerazioni a margine del progetto….Un progetto bocciato dal geometra comunale
……… un occasione minimale, come altre per tentare di fare architettura, da vivere come momento irrinunciabile di poesia per un  luogo : uno spazio che deve dare emozioni.
………il plastico biancore mediterraneo, la luce, la leggerezza, lo spazio e il rapporto costante dell’uomo che vive il luogo: l’architettura sempre sottintesa come mezzo per amplificare l’azione dell’uomo, ed intensificare la sua esperienza quotidiana.
……… L’alzato e la pianta che vivono in continua tensione il pieno e il vuoto, spazi positivi e negativi
……. la semplicità, come dominio della complessità e delle contraddizioni , quando nello specifico una nuova struttura si confronta con quello che la precede e la circonda.
……………..il far si che anche operando intorno ad un architettura minima la sfida è sempre quella di rendere un senso di grandezza al tema progettuale che ci troviamo sul tavolo da disegno……

 “…………penso che il bello non sia una sostanza in se,
 ma solamente un disegno di ombre
 prodotto da un gioco di chiaroscuro ,
con la giustapposizione di sostanze diverse….. “
( Junichiro Tanizaki) 

1988





a proposito di ponte genovese a borgo sabotino




......L’idea di environnement di Massimo Palumbo, consistente nell’ipotizzare un ponte-mongolfiera, virtualmente in grado di spiccare il volo in ogni momento, a causa dei grandi palloni aerostatici bianchi ad esso collegati in punti strategici, e miranti “ad infinitum”, gioca, com’è prassi consolidata in altre installazioni di questo nostro originale rappresentante della land-art, con un’arrière pensée fortemente polemica, com’è del resto intuibile dall’osservazione della serie di foto “parlanti” a documentazione della bellezza architettonica e quasi sensoriale del manufatto romano del ponte. Piccoli blocchi di laterizio caldo, aggettanti e rientranti ad interpretare il movimento dei brevi piloni e l’armonioso svolgimento delle arcate, piombato, il tutto, nel magma di un desolante degrado di periferia urbana, tra  stracci, canneti  e roulottes . Vola via, pontile romano, nell’oscurità della notte, prendi il largo per lidi più ospitali…questo un possibile messaggio, tra i tanti  ipotizzabili per il progetto di Massimo Palumbo...
Marcella Cossu*

*Marcella Cossu Curatore, Storico dell'Arte,
direttrice della Raccolta Manzù,Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma 


quinto premio lusana: premiazione











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Premiazione
PREMIO ERNESTO LUSANA Quinta Edizione
Latina 3x Garage Ruspi
12.12.12

Massimo Palumbo architetto
project team:
Stefano Benetazzo, Antonio Chiominto, Mauro Chiominto
consuling:
Sara Palumbo, Giacomo Ravesi.
Latina_Italy

Primo classificato è il progetto contraddistinto con il motto
"HANGAR 3.0" ( Arch. Massimo Palumbo ) che è stato prescelto dalla Commissione con la seguente motivazione:
" E' il progetto che,  nel suo complesso, risponde alle finalità del bando, in quanto rappresenta la soluzione architettonica ritenuta dalla Commissione fondamentalmente convincente.  La proposta, tutta condotta sul tema della costruzione del vuoto, connota Piazza del Popolo con elementi distintivi tipici della "città di fondazione", come ad esempio, i portici e gli spazi di relazione ben definiti in soluzioni che rimandano al linguaggio Metafisico. La proposta del progetto vincitore, sempre a parere della Commissione, interpreta alcune peculiarità di  "materiali innovativi" e di alta qualità  che costituiscono il valore aggiunto dell'idea progettuale: molto convincente è stata, infatti, la capacità di coniugare i temi della storicità del luogo con le possibilità offerte dalle nuove tecnologie in tema di comunicazione che permette al progetto di raggiungere una sintesi in equilibrio tra tradizione ed innovazione architettonica."___