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Latina è una città razionalista? Sì o no? L’argomento è stato trattato in una Lectio Magistralis organizzata dalla Sezione di Italia Nostra di Latina, in occasione dei 60 anni della Sezione di Latina. La lectio magistralis tenutasi giovedì 20 gennaio in una gremita aula magna dell’Istituto Vittorio
Veneto di viale Mazzini a Latina, edificio di fondazione che da allora ospita la scuola superiore più antica della città, è stata tenuta dalla Prof. Arch. Rosalia Vittorini, Docente di Architettura Tecnica presso l’Università di Tor Vergata di Roma, che da oltre venti anni studia la nostra città nell’ambito della propria ricerca sulle costruzioni e gli edifici del ‘900. L’evento è stato organizzato appositamente per fare chiarezza sulla definizione dell’architettura della città di Latina , argomento per il quale, negli ultimi anni è stata fatta molta confusione, fino a classificarla una città razionalista.
In sintesi l’intervento dell’architetto Rosalia Vittorini.
In un’atmosfera di grande fermento culturale italiano, a Roma, nell’aprile del 1928 si tiene la PRIMA MOSTRA DELL’ARCHITETTURA RAZIONALE alla quale partecipano 43 Architetti tra cui ALOISIO, SARTORIS, TERRAGNI, (sul quale si terrà una mostra curata da ITALIA NOSTRA dal 7 al 23 aprile 2017), LIBERA, CAPPONI, RIDOLFI, FIGINI, POLLINI, SABBATINI, ecc, che propongono uno stile architettonico astratto, razionale in cui caratteri e materiali devono avere una perfetta rispondenza con le esigenze cui l’edificio è destinato. Mostra in cui si celebra l’uso delle strutture in cemento armato, non più protetto da brevetto, che permette soluzioni architettoniche e stilistiche innovative con ampie luci strutturali e altrettanto ampie finestrature. Sorgono quindi edifici astratti, senza alcun riferimento monumentale, come la Casa del Fascio di Como dell’architetto Giuseppe Terragni, realizzata in cemento armato, e interamente rivestita di marmo. E’ in questa epoca di grande di idee di innovazione culturale, che viene affidata ad un giovanissimo architetto la realizzazione di LITTORIA poi LATINA. Lo scenario nel quale sorge LATINA è una vasta pianura agricola bonificata, solcata da una rete di fiumi, strade, canali, scoline, impianti idrovori, nella quale sono posizionati 3040 poderi, 573 università agrarie e 14 borghi rurali, costruiti dal 1931 al 1933 in rigoroso schema territoriale.. Solo successivamente, in seguito al successo ottenuto per le operazioni di bonifica, vengono progettate e realizzate cinque città: LITTORIA poi LATINA (1932), SABAUDIA (1933), PONTINIA (1934), APRILIA (1935), POMEZIA (1940). Città sorte in funzione antiurbana, che dovevano “dare modo ai rurali di partecipare alla vita civile senza abbandonare la campagna” (M. Piacentini.).Quindi LATINA viene pensata inizialmente come un borgo rurale, in seguito divenuto Comune, da un giovane ORIOLO FREZZOTTI, architetto proveniente, non già dalla Facoltà di Architettura dell’Ateneo Romano, ma dalla sezione di Architettura dell’Accademia delle Belle Arti di Roma, segnalato a Mussolini dal Presidente del Sindacato degli Architetti; ciò spiega il velato ostracismo che FREZZOTTI ha sempre lamentato da parte degli architetti provenienti dal mondo accademico. ORIOLO FREZZOTTI fissa il centro della città nel trivio di tre strade maestre e disegna una città radiale attorno ad una piazza rettangolare e costruisce un sistema aperto, organizzato attorno a piazze civili o religiose, tutto come nella tradizione delle città dell’Italia dei Comuni. Le architetture e i materiali sono tradizionali ad evocare un’ atmosfera domestica e rassicurante. Ne è bell’esempio la piazza del Quadrato con i suoi edifici in cui anche la sede dell’Opera Nazionale Combattenti (principale ente operativo della bonifica) ha uno stile semplice e vernacolare. Poco cambia nel 1934, quando la città viene proclamata capoluogo di provincia e si deve dotare di qualche edificio con maggiore rappresentatività. L’edificio della Prefettura, il Palazzo degli Istituti Finanziari, la Banca d’Italia e infine il Palazzo M, seppure dotati di una certa monumentalità, conservano tuttavia una struttura tradizionale (basamento, cornicione, ecc) e materiali tradizionali (travertino, laterizi, ecc.); Si differenziano dall’architettura della città, l‘Edificio Postale e la (seppure decentrata) Stazione Ferroviaria dell’architetto Angiolo MAZZONI, definito futurista con riferimenti costruttivisti, ma pur sempre funzionario e progettista al servizio del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. L’unica esperienza che si avvicina ai dettami del razionalismo, è abbozzata dall’ingegnere Giuseppe NICOLOSI nella costruzione dei vari lotti di case popolari realizzati tra il 1934 e il 1939, progettati per armonizzare i nuovi abitanti della città anch’essa nuova, laddove gli spazi sono pensati come un luogo di relazione con particolare attenzione allo studio degli alloggi e delle parti comuni come i cortili, i ballatoi, sino ai piccoli orti e agli stenditoi comunali. In questi edifici ci sono timidi riferimenti innovativi come qualche porticato dalla luce estesa e qualche prospetto disegnato dalla maglia strutturale a vista.
Dunque LATINA è:
CITTA’ DEL ‘900 perché la sua struttura cresce durante tutto il secolo breve,
CITTA’ IBRIDA perché formata da edifici che, più che appartenere ad uno stile, appartengono ad una famiglia di edifici sorti negli anni in cui un linguaggio architettonico nuovo cercava di dialogare con la tradizione, ma anche
CITTA’ COLLETTIVA perché accanto a FREZZOTTI lavorano professionisti dell’Opera Nazionale Combattenti, dei Consorzi di Bonifica, dell’Opera Nazionale Balilla, dell’Istituto Nazionale Assicurazioni i cui competenti Uffici Tecnici avevano molta influenza su scelte costruttive e materiali impiegati e che integrano con progetti propri il disegno della città.
In definitiva Latina si definisce una Città di Fondazione del ‘900.
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****by www.latina 24ore 11febbraio 2017 // Redazione