Alessandro Anselmi Architetto, di recente scomparso, protagonista della cultura architettonica contemporanea
Paesaggi di un'architettura
a cura di Alessandro Anselmi
.............. vorrei iniziare analizzando alcuni progetti concepiti tra il 1975 e il 1981, in particolare sei progetti realizzati per la cittadina di Santa Severina in Calabria: un mattatoio, la trasformazione di un cimitero, un albergo, la sistemazione di una piazza e di un giardino comunale, un asilo nido e la casa del sindaco.
La diversità dei progetti da collocare in un unico sito rappresenta un'occasione eccezionale per fare di ciascuno di essi un oggetto di sperimentazione: ogni progetto può essere visto per ciò che rappresenta in sé, ma anche essere messo in rapporto con gli altri.
Il primo di questi progetti, il mattatoio comunale, è il risultato di operazioni semplici su figure geometriche regolari. Il perimetro del mattatoio è un cerchio in cui si inscrive un quadrato, che a sua volta circoscrive un ottagono sormontato da un cubo vuoto. Ma è il quadrato che, estratto dal cerchio per traslazione su un'asse di simmetria generale, forma la costruzione delle stalle.
Le operazioni sopra descritte procedono da un'opera di riduzione applicata a figure o volumi elementari dell'architettura: cerchio, quadrato, cilindro, cubo, ottagono e così via; una sorta di moto perpetuo tipico della ricerca architettonica che si basa sulla scomposizione in figure e volumi poliedrici regolari.
Mattatoio comunale, Santa Severina, 1975 -
con: G. Angotti, G. Patanè - collaboratore: A. Mariani
Asilo nido, Santa Severina, 1981 -
con: G. Patanè
In un primo momento, questa scomposizione è di tipo formale; ma può anche venire incontro a esigenze funzionali, come nel caso dell'asilo nido municipale, sempre a Santa Severina (1981): le due metà di un primo quadrato si aprono per permettere di inscrivervi un'ellisse, che rappresenta l'aula comune destinata ai giochi, mentre le due metà del quadrato sono i dormitori; un secondo quadrato costruito solo per metà, contiene una stanza a forma di stella: il refettorio.
Ogni processo di scomposizione pone contestualmente anche il problema della ricomposizione, vale a dire il problema dell'aggregazione dei solidi definiti in precedenza individualmente. Per quanto riguarda il mattatoio comunale la ricomposizione generale è semplice perché si tratta di un'unica linea, di un'asse di simmetria principale; per l'asilo nido, invece, il problema risulta più complesso perché i solidi sono disposti lungo un arco di cerchio il cui centro sta al di fuori del terreno su cui è costruito l'edificio.
Nel caso di un terzo progetto, quello per il cimitero di Altilia (1975), gli elementi non si ordinano più secondo una sola linea, ma su due assi ortogonali che si incrociano al centro del rettangolo costituito dal cimitero. Il repertorio di forme si arricchisce: piramidi, cilindri, cubi, archi di cerchio e corde sottese, e le superfici dei campi di inumazione sono definite da linee facenti parte di una rete che moltiplica le simmetrie, le traslazioni, le inversioni e le sovrapposizioni.
Le forme si corrispondono: sono inscritte in un sistema di corrispondenze multiple e di dipendenza reciproca alla cui base sta la questione dell'impostazione prospettica.
Il cimitero è un mondo a se stante: simbolicamente, si tratta di un "hortus conclusus", che si isola dal mondo dei vivi per accogliere quello dei morti.
Cimitero comunale Santa Severina, Altilia, 1975 -
Con G. Angotti, G. Patanè
Piazza e giardino comunale, Santa Severina, 1980 -
con: G. Patanè - Veduta
L'idea di fare di un progetto una costellazione chiusa è stato determinante per l'ideazione di un quarto progetto a Santa Severina: la sistemazione della piazza e del giardino che la fiancheggia.
Mentre la disposizione del cimitero è centripeta, ovvero si raccoglie intorno a un centro rappresentato dall'ossario, la composizione della piazza è centrifuga, va cioè in direzione delle costruzioni vicine.
La forma allungata e stretta della piazza impedisce l'esistenza di un centro preciso. Per il disegno da seguire nella pavimentazione ho scelto di associare la figura del cerchio a quella dell'ellisse. Il cerchio disegna una serie di circonferenze, sorta di onde generate dal punto centrale, onde concentriche a intervalli regolari che vanno a lambire la base degli edifici che fiancheggiano la piazza.
L'ellisse invece allunga i suoi assi verso i quattro punti cardinali: l'asse maggiore segue una rigorosa direzione nord-sud, mentre l'asse minore est-ovest tocca il punto in cui gli edifici si stringono e chiudono due dei lati. Alla geometria irregolare dei contorni della piazza, risultato della Storia e dell'aggiunta "disordinata" di molte costruzioni, si oppone così la regolarità della geometria della nuova sistemazione.
La descrizione dei progetti per Santa Severina era necessaria per inquadrare l'aspetto che sto per trattare, e cioè il disegno di reti complesse il cui scopo è stabilire una coerenza nella disposizione dei singoli elementi del progetto. Questa coerenza è di fatto un'indagine sui principi di composizione e di aggregazione.
Questo tipo di ricerca non mira alla costruzione di edifici compatti regolati da semplici simmetrie o dalla ripetizione di elementi identici, ne è tipica dell'architettura razionale, nel senso che il progetto non è il risultato del disegno di una figura "principale" che determina anche la disposizione delle figure "secondarie", secondo uno schema progettuale gerarchico. Al contrario io cerco di evidenziare i singoli elementi del disegno, che possono essere o forme "incompiute", come corde tese, archi di cerchio, sinusoidi e così via, o forme "cristalline" quali stelle, cilindri, piramidi, poliedri regolari...
Piazza e giardino comunale, Santa Severina, 1980 -
con: G. Patanè - Veduta del giardino
Piazza e giardino comunale, Santa Severina, 1980 - con: G. Patanè - Planimetria generale
Tuttavia questi elementi costitutivi non vengono lasciati "sciolti"; non possono mai disperdersi e ignorarsi a vicenda, ma sono disposti in un reticolo; la relazione esistente fra ciascuno di essi e gli altri fa emergere il disegno di questo reticolo. Questo reticolo, che rappresenta l'ordine implicito del progetto, scompagina costantemente ogni idea di centralità semplice, perché in realtà è la misura dell'unità architettonica.
Introdurre qui il termine "unità architettonica" non equivale però a dire che il progetto sia unitario: invece di parlare di unità, varrebbe sicuramente la pena di definire il progetto come un "tutto coerente".
La realizzazione di un insieme, ossia di ciò che a proposito del cimitero di Altilia e della piazza di Santa Severina definivo una costellazione chiusa, ripropone necessariamente la questione della centralità.
Cimitero comunale Santa Severina, Altilia -
con: G. Patanè - Veduta dall'esterno
Cimitero comunale Parabita, 1967 -
con: P. Chiatante - Veduta dell'ossario
Di questo problema ho fatto uno dei nodi centrali della mia ricerca, a partire dal progetto per il nuovo cimitero comunale di Parabita (1967-1977), ideato nel 1967 in collaborazione con Paola Chiatante.
Nel 1977 affermavo in una presentazione scritta:
"Eravamo ...tesi verso la ricerca di una centralità, non rinascimentale, capace di aggregare oggetti finiti e differenti situazioni spaziali in una logica che non fosse la semplicistica sommatoria di 'pezzi' e di 'parti' o una più o meno raffinata e coerente organizzazione di elementi architettonici".
La mia ricerca poneva anche il problema del rapporto con la Storia. Ho sempre subito il fascino delle rovine antiche e dei siti archeologici. Per me, architetto romano, il Foro e il Colle Palatino, la via Appia e le terme di Caracalla o, più lontane, Ostia e la villa Adriana non rappresentano solo mete turistiche di romantica suggestione, ma costituiscono una sorta di metafora in grado di fornire una chiave di lettura all'architettura, e al tempo stesso una perenne fonte d'ispirazione. L'archeologia è fonte d'ispirazione nella misura in cui voglio conferire a un edificio un carattere particolare: in questo modo, le figure disegnate nel territorio o le forme inserite nel paesaggio avrebbero ancora un senso anche dopo che l'uso o la funzione dell'edificio stesso fossero cambiati o addirittura cessati.
La presenza della costruzione afferma l'architettura come manufatto destinato a sfidare il tempo.
Così, il cimitero di Parabita alza un muro in un sito spoglio, selvaggio; fatto per resistere a lungo alle intemperie e ai guasti del tempo, la sua massa pietrosa potrebbe anche andare in rovina, un giorno, senza perdere significato: continuerebbe a rapportarsi al paesaggio circostante, a caratterizzarlo con il proprio ordine, dal momento che questo progetto ha dei tratti per così dire arcaici. Grazie alla loro semplicità, queste pietre ritrovano un'antichità di cui sono testimoni: è la lezione principale che l'architettura trae dalla contemplazione dei ruderi: monumenti, testamento, resto di un linguaggio primigenio delle forme.
La seconda lezione è da ricercarsi nella dimensione frammentaria dei monumenti che abbiamo ereditato dal mondo antico.
Un progetto sopra tutti segna una svolta nel mio percorso di architetto: il concorso per l'Archivio di Stato di Firenze (1972).
Alla ricerca di uno spazio isotropico, che aveva caratterizzato il lavoro per il cimitero di Parabita, ho sostituito una geometria policentrica assai più frammentaria.
Il progetto è un isolato urbano, sulle cui facciate esterne ritroviamo le prospettive polifocali dei tre edifici situati all'interno dell'isolato in cui la natura, ricostruita e raffigurata da una serie di gradoni curvilinei piantumati ad alberi, assiste ai tre momenti della Storia.
Anche nel progetto per il mercato dei fiori di Sanremo (1973-74) oltre che a Firenze, ho voluto costruire uno spazio che ingloba tutti gli elementi architettonici del progetto: una sorta di frammenti di un tutto la cui unità ideale si è persa o è svanita già da molto tempo. E' con questo progetto che ho concretizzato la mia visione dell'architettura come vettore della costruzione di un "paesaggio" il cui compito non è solo quello di instaurare un rapporto con il sito, urbano o naturale che sia, ma soprattutto di rendere l'insieme architettonico rappresentazione di una nuova sintesi - che tuttavia è di tipo parziale e provvisorio, sempre suscettibile di cambiamenti e completamenti - pronta a integrare in sé elementi finora estranei: il paradosso di una sintesi "non finita", come diceva in altri termini Paolo Portoghesi.
A questo punto si capisce perché alcuni periodi storici rappresentino altrettanti momenti privilegiati di comprensione dell'architettura: prima di tutto, certamente, la già evocata antichità, ma intesa nella sua dimensione attuale; oppure il manierismo; o ancora talune inflessioni proprie dell'architettura moderna, per le quali vorrei citare Louis I. Kahn.
Progetti per Roma - Museo archeologico, 1985 - Disegno di studio
Progetti per Roma - Polo direzionale di Pietralata-Tiburtina - Simulazione al calcolatore, vista dal basso
Vorrei passare ad analizzare ora alcuni progetti degli anni '80, per primo quello del concorso per il teatro di Chambery (1982).
Nella forma, l'edificio richiama l'immagine primitiva del teatro greco e ricorda così un "paesaggio architettonico". Ma questa concezione dell'architettura è tanto più pertinente quanto la funzione dell'osservatore varia a seconda che si collochi sui gradoni della copertura o di fronte a essa, spettatore o attore, o meglio spettatore e attore al tempo stesso. La costruzione si propone quindi come il teatro per antonomasia, in quanto offre una collocazione a chi lo osserva, in quanto costruisce da sé lo spazio della propria presenza.
Possiamo ritrovare questa dimensione nel progetto per un complesso residenziale al Testaccio (1984): una scalinata mette in risalto la prospettiva ascendente tra due corpi di fabbrica lineari, caratterizzati da un parallelismo instabile.
La ritroviamo ancora nel nuovo Hotel de Ville di Reze (1986-1989), città nei pressi di Nantes: l'ampia curvatura del muro laterale dell'edificio costeggia un giardino che si apre sulla prospettiva della famosa Unité d'habitation di Le Corbusier degli anni Cinquanta.
Progetti per Roma - Complesso residenziale a Testaccio, 1984 - Veduta del plastico
Prima di tutto, ci troviamo di fronte al problema di mettere in prospettiva diversi frammenti perché ciascuno di loro trovi - o ritrovi - un nuovo significato. Ho fatto ricorso quasi esclusivamente al disegno prospettico per rappresentare i miei progetti, e solo in via del tutto eccezionale ho fatto appello all'assonometria, a qualcosa che presuppone che l'occhio dello spettatore sia portato all'infinito, cioè "non-situato". Interiorizzare un "paesaggio architettonico" vuoi dire trovarsi all'interno di un mondo percorribile: lo spettatore non deve essere soggiogato da un oggetto architettonico monumentale, ma al contrario gli devono essere proposti molteplici punti di vista, molteplici "vedute".
Il secondo problema è quello della conformazione del "vuoto" architettonico, inteso come superamento dell'autonomia dell'oggetto architettonico a favore dell'instaurarsi di una serie di relazioni complesse.
Il progetto per il concorso per l'ampliamento del municipio di Saint-Denis (1985), città alla periferia nord di Parigi, ne è una dimostrazione.
Ho cercato di tenere conto dell'eccezionalità e, al tempo stesso, della difficoltà del sito: un sito che, vicino alla celebre basilica medievale e al municipio tardo-ottocentesco, nonché alle rovine di un'antica chiesa, che bisognava conservare e valorizzare, era stato oggetto di un rinnovamento urbano iniziato più di dieci anni prima.
Progetto per l'ampliamento dell'Hotel de Ville di Saint-Denis, 1985 -
Planimetria generale
Progetto per il terminal del metro di Sotteville-les-Rouen, 1993-95 - Disegno acquerellato
In mezzo a tanti edifici di epoche e di peso così diversi, ho cercato di disegnare qualcosa che rispondesse a tutte le sollecitazioni ambientali e di creare risonanze multiple.
L'ampliamento del municipio di Saint Denis è un insieme policentrico che permette di comprendere il termine a me caro di "spazio liquido".
Prendo in prestito quest'espressione da ciò che possiamo vedere in alcune esperienze di micro-fisica: i corpi, in un liquido, sono in sospensione, in equilibrio instabile, precario, e rimangono lontani gli uni dagli altri. I "corpi", in questo caso, sono i frammenti dell'architettura; le distanze che li separano sembrano essere il frutto di una resistenza, la resistenza che potrebbe opporre il vuoto al loro incontro.
Il "paesaggio architettonico" è allora la ricerca di una giusta distanza fra gli oggetti, nuovi e antichi. Si crea così un nuovo modo di guardare agli sviluppi dell'architettura "moderna": nei frammenti che un "paesaggio architettonico" riunisce, non possono mancare elementi recenti con cui è necessario instaurare un dialogo.
Il progetto deve riappropriarsi di tutte le eredità, non per alienarle e per farle sparire, né per fagocitarle, ma per reintrodurle proficuamente nel "gioco del mondo".
Alcuni dei miei progetti più recenti come quello del centro commerciale e della stazione dei tram di Sotteville-Ies-Rouen (1993-95), sono caratterizzati da una dimensione più marcatamente scultorea e dall'adozione di elementi architettonici deliberatamente estranei: a Sotteville, per esempio, troviamo tubi luminosi che sporgono dal tetto curvo, ed elementi metallici dal profilo sapiente e al tempo stesso arcaico.
Io non ho mai cercato di formulare una teoria urbana globale, né sono stato mai interessato a disegnare una città ideale o una città analoga.
I...............l mio progetto consiste nel riannodare le fila con la Storia, ma con la Storia scritta e affidata "archeologicamente" in ogni luogo all'ambiente che le è proprio, inserita nella geografia di un sito specifico. Il mio obiettivo è dunque la costruzione di "armonie locali", capaci di riunire e connettere tra loro i frammenti, i pezzi antichi e i pezzi moderni delle "macchine" architettoniche.
"Ricordare parole perdute" in questo senso: mettere in prospettiva un paesaggio architettonico è frutto di una scelta; quest'operazione privilegia lo stabilirsi di relazioni complesse, dispone e recupera frammenti che non si definiscono come singole unità, benché ciascuno di essi conservi una certa individualità.
In ultima istanza voglio dire che l'architettura deve riunire, ancora e sempre, in un processo senza fine, elementi frammentari per ricavarne nuovi orizzonti e nuovi significati.
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L'autore
Prof. Arch. Alessandro Anselmi
Docente di Progettazione alla Facoltà di Architettura di Roma Tre. Numerose realizzazioni in Italia e all'estero.
Le fonti
• Piccola bibliografia di riferimento:
o Alessandro Anselmi architetto di Claudia Conforti, Jacques Lucan, Electa editrice, Milano 1997
o Genius Loci
o Il paesaggio delle città
• Le immagini sono tratte da:
o Alessandro Anselmi architetto di Claudia Conforti, Jacques Lucan, Electa editrice, Milano 1997. Per gentile concessione dell'autore