mercoledì 15 febbraio 2017

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works/opere



A distanza di due anni da “Noi che non abbiamo tetti”, mostra tenutasi presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina, torno con piacere ad occuparmi della ricerca di Massimo Palumbo in occasione di “Vivi”, prima mostra personale dell’artista in Sicilia.
L’evento non a caso è ospitato presso i Cantieri Culturali alla Zisa, una volta sede delle rinomate Officine Ducrot, oggi luogo emblematico di un fermento spontaneo che ha restituito alla collettività uno spazio fortemente suggestivo, in grado di ospitare in virtù della sua stessa conformazione realtà culturali eterogenee in dialogo tra loro, ma anche il simbolo di una stagione felicissima per l’arte, la cultura, l’industria e l’economia in Sicilia.
Dagli anni ’80 ad oggi Massimo Palumbo, architetto ed artista, ha dedicato la propria ricerca neo-concettuale alla riscoperta della città e del territorio, intesi come luoghi d’azione privilegiati dell’individuo e della società nello spazio e nel tempo. In oltre trent’anni Palumbo ha esplorato i linguaggi della scultura e dell’installazione, dell’Arte Ambientale e della Public Art intrecciando la propria attività artistica a quella di teorico ed operatore culturale. Fil rouge di tale percorso è il superamento dei confini linguistici ed espressivi che genera uno sconfinamento capace di dar luogo ad una nuova visione unitaria tra spazio architettonico, spazio urbano e collettività. La ricerca estetica e l’equilibrio formale caratterizzanti i lavori di Massimo Palumbo è quindi intimamente connessa a profonde implicazioni politiche, sociali ed etiche.
Più volte invitato ad operare al di fuori dei luoghi accademici, Palumbo si è concentrato sul territorio con l’obiettivo di “andare nella direzione di una città unitaria che rifiuta l’idea e la pratica della città dei recinti”, perseguito in interventi urbani come La fiamma del carabiniere, realizzato a Latina in memoria dei caduti di Nassyria. Tra gli altri interventi site specific ricordiamo almeno Un naufragio ci salverà, installazione ambientale del 1995 presentata all’interno di una chiesa sconsacrata nel centro di Sermoneta, e Il dardo vìola, realizzata nel Parco Ranghiasci in occasione della “XXV Biennale di Scultura di Gubbio” del 2008; lavori emblematici della capacità di Palumbo di stabilire una reciprocità tra l’intervento artistico e il contesto in cui esso si inserisce in un’interessante simbiosi tra artista, spazio urbano e ambiente naturale. Degna di nota anche La scacchiera, intervento urbano dall’efficace linguaggio minimalista realizzato nel 1992 per Casacalenda, che, mediante il ricorso alla geometria seriale, rende omaggio all’importanza della riflessione nell’arte ed esorta il fruitore dell’opera a guardare oltre l’opera stessa a conoscere con occhi nuovi il luogo che non soltanto la ospita ma la genera.
Sin dagli esordi Palumbo ha posto al centro della propria indagine temi come il fare arte e l’essere nella società pur rimanendo al di fuori di un ordine precostituito. Utilizzando materiali di vario tipo (legno, ferro, stoffa, rame, oggetti di recupero) e praticando il superamento tra singoli linguaggi e molteplici espressioni che di frequente abbracciano anche il design e la performance, Palumbo si è affermato come artista poliedrico e originale nonché protagonista di una ricerca i cui esiti sono assimilabili alla riflessione sviluppata nell’ambito di correnti come l’Arte Povera e il Minimalismo.
La mostra ospitata a Palermo rappresenta una nuova prova per l’artista: “Vivi” è un’efficace esortazione ad esplorare senza riserve il mondo in cui ci troviamo ma anche l’esplicito riferimento alla nostra condizione di essere viventi, vivi per l’appunto, capaci di compiere azioni e gesti significativi per noi stessi e per gli altri. La mostra prende il titolo dalla serie di opere realizzate ad hoc per l’esposizione palermitana. Si tratta di una sorta di excursus dal passato dei padri, Il caldo vento del ’68, al futuro delle giovani generazioni chiamate a lasciare un segno, Vi toccherà prima o poi scrivere i vostri, e a rischiare lasciando un porto sicuro per intraprendere un viaggio, … e le piccole bianche barche vanno!, perché, come dichiarava Mauro Rostagno nell’agosto del 1988 in un’intervista a Claudio Fava, “… agli uomini capita di mettere radici, e poi il tronco, i rami, le foglie … quando tira vento, i rami si possono spaccare, le foglie vengono strappate via: allora decidi di non rischiare, di non sfidare il vento. Ti poti, diventi un alberello tranquillo, pochi rami, pochi fogli appena l’indispensabile – Oppure? – Oppure te ne fotti. Cresci e ti allunghi. Vivi. Rischi. Sfidi il vento…”.
In mostra un corpus di lavori, composizioni e singole opere come naturale continuazione de I Bianchi, work in progress avviato alla fine degli anni Ottanta che, a partire dalla bidimensionalità della superficie, attua una serie di variazioni sulla struttura elementare del quadrato, dove fanno incursione elementi tratti dalla quotidianità. Polvere, Calips, Paesaggio in verticale, Dimenticare Sarajevo, opere rappresentative ma non esaustive della ricca produzione dell’artista, frammenti che racchiudono la scintilla che anima il rapporto dell’individuo con l’ambiente circostante.
L’ultimo cenno infine all’attività di Palumbo in qualità di architetto del paesaggio inteso non soltanto come luogo di contemplazione ma anche come motore di azioni virtuose e risorsa preziosa che ben si presta a rinnovare il binomio, caro al nostro artista, di arte ed architettura. Opera di Massimo Palumbo, cui negli anni si sono affiancati nuovi e sempre più entusiasti collaboratori, è il MAACK, Museo all’aperto Arte Contemporanea “Kalenarte” di Casacalenda (CB) in Molise. Sotto la guida di Palumbo, il progetto “Kalenarte” in sinergia con la “Galleria Civica d’Arte Contemporanea Franco Libertucci” ha reso il centro storico di Casacalenda un museo di sculture a cielo aperto, dove la comunità cittadina e gli artisti invitati a realizzare opere site specific sono chiamati a condividere un percorso artistico che quotidianamente si rinnova offrendo un’interpretazione in chiave contemporanea dell’antico rapporto tra Uomo e Natura.
Nelle sue molteplici sfaccettature, la ricerca di Massimo Palumbo si afferma come riflessione sulla società contemporanea attraverso la dialettica tra architettura, arte e ambiente ma anche come esortazione, per l’appunto “Vivi”, ad osservare con sguardo critico la realtà che ci circonda imprimendo nella società una visione libera ed inedita della vita e dell’arte, quest’ultima da esplorare anche come motore per la comunità.

Cristina Costanzo