2022
.....Anna Cappelli è una magnifica Giada Prandi, diretta dall’eccellente regista Renato Chiocca, in
.un’esemplare nuova versione di uno dei testi più rappresentati del commediografo Annibale Ruccello, scomparso prematuramente nel 1986, dopo aver regalato al teatro opere memorabili come “Le cinque rose di Jennifer” (1980), “Notturno di donna con ospiti” (1982) e soprattutto “Ferdinando” (1984), il suo capolavoro. “Anna Cappelli” (1986) è il suo ultimo testo, scritto in forma di monologo. Anna Cappelli è una giovane donna che negli anni ’60 si trasferisce da Orvieto a Latina dopo aver ottenuto un posto di lavoro come impiegata comunale. Vive in una camera in affitto ma quando un ragioniere del suo ufficio inizia a corteggiarla, lei accetta di andare a convivere con lui, anche senza essere sposati, affrontando i pettegolezzi dei colleghi (siamo pur sempre negli anni ’60), pur di avere un uomo - e una casa di 12 stanze - tutta per se. Quando l’uomo le annuncia di volersi trasferire in Sicilia, da solo, Anna compie un gesto estremo… Nello Spettacolo visto nel suggestivo spazio del Castello Baronale di Maenza, Anna/Giada si muove in una forma metallica a forma di cubo (opera perfetta di Massimo Palumbo, illuminata dalle luci suggestive di Gianluca Cappelletti), dove la protagonista si aggira con il suo fare sbarazzino e la sua aria da bambina. È lei, Anna, “La Bambola” che ascoltiamo come canzone di inizio nella versione di Patty Pravo (incantevoli i costumi che indossa, creati da Anna Coluccia), mentre Anna rivendica con un’invisibile padrona di casa il distacco dalla sua famiglia, la lacerazione degli affetti, il dispiacere per la sua camera ceduta alla sorella (“La mia camera è mia, e non si tocca!”). Poi le musiche che scandiscono il passare del tempo (inquietanti e oniriche, dell’ottimo Stefano Switala).... by EROS ROZZANO
il fascino del cubo
inizialmente era un cubo sul lago... un sogno per una struttura galleggiante sull'acqua che successivamente si adagerà sul terreno per accogliere una sedia, ed era il
1996
“La sedia
di Polifemo”
1996
Latina,
Parco di Fogliano
Massimo
Palumbo
Installazione
5,00X5,00x5,00
ferro,
tubolari innocenti
l’identità,
il riconoscersi ecco …
ricordo sul
pontile proteso verso le acque del lago l’installazione … la sedia di Polifemo,
il silenzio assoluto che solo lì in quel luogo magico, si può cogliere,
occasione che considerammo unica e particolare, quella di poter godere di
quello spazio, di quello scenario naturale patrimonio di noi che viviamo questo
territorio …
…e poi il
dialogo privilegiato con il lago, il parco letterario, i luoghi carichi di
storia : Ulisse, l’Odissea.
La mia
sedia, la sedia dalle dimensioni fuoriscala, era un invito a sedersi, un invito
a fermarsi e riflettere per un attimo …
ascoltare il rumore del silenzio.
La struttura
in ferro, il cubo era il desiderio di
chiudere, di circoscrivere uno spazio ideale, uno spazio psicologico
.....in
lontananza il profilo inconfondibile del Circeo .