....soli a corviale
La realtà dell’utopia
Lorenzo Canova
Una visione sospesa tra idea e materia, un percorso che fonde il sogno del progetto e la realtà densa delle cose, un viaggio tra l’ordine della ragione e il disordine del mondo: l’opera di Massimo Palumbo unisce i diversi campi espressivi in una fusione dove i linguaggi delle arti visive e dell’architettura mettono in scena una profonda e continua riflessione sul tema dell’utopia, spazio mentale e concreto dell’irrealizzato, del possibile e della perpetua tensione costruttiva.
L’utopia rappresenta, infatti, da secoli uno dei motivi portanti di un’importante visione dell’architettura vista non solo in senso estetico, ma come metodo e strumento di innovazione, di intervento sul mondo e sulla società, come spazio di pianificazione e di immaginazione, dove l’architetto agisce con il disegno e la scrittura ipotizzando e costruendo spazi fittizi o reali attraverso una teoria che tende costantemente a concretizzarsi.
In questo contesto si colloca l’azione stessa di Palumbo, la sua visione dell’arte contemporanea proprio come utopia permanente di una nuova visione del reale, come sistema di azione per dare un nuovo impulso sociale e culturale al suo territorio di origine.
La scrittura, l’oggetto, il disegno e la luce sono i fili conduttori che accompagnano Palumbo nella sua azione, allo stesso tempo lineare e complessa, in un mosaico di interessi e creazioni dove prassi e idea, progetto, esecuzione e visionarietà si coniugano in un metodo articolato e teso perennemente verso un’azione destinata a dare forma materiale al sogno, non solo estetico, dell’utopia.
Massimo Palumbo mescola quindi piani differenti facendo dialogare materia e pensiero, montando assemblaggi di stoffe, corde, pani e azzerandoli concettualmente nella dimensione luminosa del bianco, proseguendo il discorso di Piero Manzoni ed espandendolo nella dimensione urbana. La dialettica tra la distruzione e la rinascita, tra i relitti del mondo e la ricostruzione perenne del nostro spazio impegna dunque Palumbo in ogni campo della sua riflessione artistica, unendo la rapidità dello schizzo e dell’abbozzo alla finitezza della costruzione, della scultura, dell’edificio, in un territorio in cui la stessa idea di monumento viene riletta e trasformata partendo dalla sua crisi e dalla sua messa in discussione nel contesto attuale.
In questo modo il percorso di Palumbo parte dai suoi appunti dinamici per prendere forma e sostanza in un cammino sospeso tra peso e leggerezza, tra la navigazione delle barchette di carta e il fiume dolente di un reticolo di filo spinato.
L’approdo finale può metaforicamente essere allora il Sole che sorge nella sua perfezione circolare nel quartiere periferico di Corviale a Roma, forse un monumento ideale e leggero che riflette il pensiero filosofico di Tommaso Campanella e della sua Città del Sole, trattato dove la stessa struttura urbanistica è costruita sulla perfezione ideale dell’utopia.
Il sole di Palumbo diventa così un segno di rinnovamento e di ricreazione, un atto leggero e assoluto di dialogo con lo spazio della città e con la sua natura perennemente problematica, il gesto lieve e rigoroso di un artista che cerca di ridare dignità al contesto urbano attraverso la complessa e dialettica realizzazione dell’utopia dell’arte nello spazio pulsante della vita.
soli a corviale
studi per segni urbani
50x40x42
maquette, legno, vinavil, cemento bianco.
2015
MASSIMO PALUMBO