sabato 31 dicembre 2016

La poetica di Vincenzo Latina




.....abbiamo conosciuto l'altro giorno Vincenzo Latina, personaggio straordinario dell'Architettura Contempotanea Italiana.




 .....paesaggio urbano e il padiglione di accesso agli scavi dell'Artemision.                                        Uno spazio obliquo a Siracusa, il contemporaneo nell'antico e il recupero degli spazi dimenticati.…..costruire con i vuoti.                                                                                                  
La poetica di Vincenzo Latina Architetto.






“…l’Amministrazione comunale di Siracusa, ha conferito l’incarico della manutenzione straordinaria dell’area di S. Sebastianello, compresa fra il palazzo Senatorio ed il palazzo comunale di via Minerva. La rievocazione mitologica del luogo, ha suggerito invece la realizzazione del giardino di Artemide…”.


la .....desolante solitudine e eccessiva autoreferenzialità

Contrariamente alla grande moltitudine delle architetture contemporanee più in voga, caratterizzate da una desolante solitudine e eccessiva autoreferenzialità, il giardino di Artemide cerca di interpretare il contesto ambientale che diventa parte di un sistema dove il paesaggio urbano, la natura, la luce, l'organizzazione spaziale delle preesistenze, e l’accurata selezione dei materiali utilizzati, concorrono insieme a formare quello che si potrebbe definire un peculiare ecosistema. Nell’area di San Sebastianello, sorgeva il Tempio Ionico dedicato ad Artemide che si affiancava all’Athenaion, il Tempio greco trasformato nel VI secolo d.C. in Basilica cristiana e poi in Cattedrale barocca, il nostro Duomo. I resti di del Tempio Ionico sono stati ritrovati negli anni ’60, durante le operazioni di scavo per la realizzazione di alcuni uffici comunali su via Minerva. La realizzazione del giardino di Artemide è solo la prima fase di un intervento globale, che riguarda anche l’assetto dell’area “libera” su via Minerva tramite la realizzazione di un padiglione di accesso agli scavi del Tempio Ionico. Tali reperti, di inestimabile interesse archeologico, sono situati all’interno dei sotterranei di alcuni uffici comunali e sino ad oggi sono poco accessibili. Secondo un processo di vivificazione della memoria storica e dell’immaginario mitologico, si è inteso mirare al recupero sia delle potenzialità di un’area fortemente stratificata sia di alcuni significati originari dei luoghi, rispondendo alle suggestioni ispirate dalla forte connotazione mitologica del sito. A rendere particolarmente affascinante l’area era proprio il suo decennale abbandono, causa del gran germoglio di essenze spontanee, che suggeriva di realizzare un intimo intreccio fra l’artificio dell’intervento e la spontanea forza della natura e delle essenze vegetali presenti. Tale spazio è stato così immaginato come una “offerta” ad Artemide che, nell’immaginario mitologico, è rappresentata come dea vergine della fertilità, protettrice delle belve feroci, dei boschi, e delle ninfe. Nel giardino è stata realizzata anche una piccola fontana che volutamente non assume nessun valore ornamentale: realizzata da un monolito (la macina di un mulino), recuperato nell’area, evoca attraverso il gorgoglio dell’acqua la natura primigenia dell’isola d’Ortigia, le cui rigogliose fonti di acqua dolce hanno garantito nei millenni gli insediamenti umani, alimentando la leggenda di Alfeo e Aretusa. Il progetto ha cercato di ricomporre i vari aspetti frammentari presenti nel sito mantenendo, quali elementi caratterizzanti, la folta vegetazione primaverile ed estiva, che rende il luogo ombreggiato, nascosto e fresco, gli elementi emersi dagli scavi archeologici, la differenza dei rilevati dell’area e la scoperta di una cisterna greca rinvenuta durante i lavori. Le opere realizzate sono state immaginate proprio come “dispositivi” preposti ad accogliere la flora naturale del sito. Infatti, dopo pochi mesi dalla fine dei lavori, le essenze spontanee hanno conquistato nuovamente il loro spazio naturale mediante un’ “invasione” spontanea e ciclica del giardino. Si tratta di una vegetazione rigogliosa di numerose essenze spontanee, tra cui prevale l’Ailanthus Altissima, denominata anche albero del cielo o del paradiso. L’ Albero, originario dalla Cina, particolarmente invasivo e infestante, frequente in tutti i terreni incolti, lungo i torrenti, in terreni ingrati e nelle boscaglie, è caratterizzato da steli filiformi come giunchi che raggiungono altezze considerevoli. Gli interventi realizzati sono in prevalenza reversibili, a basso impatto e compatibili con le caratteristiche archeologiche del sito. Infatti, i vari dislivelli presenti nell’area, resti di passate campagne di scavo in procinto di franare, sono stati contenuti da lastre di acciaio ossidato, montate a “secco”, che demarcano i dislivelli del giardino e sono disposte come una sequenza regolare di pannelli separati, caratterizzati dai reticolati a maglie di acciaio. Con il loro colore rosso scuro marcano il dislivello del terrapieno, immaginato come una specie di fondazione a vista, conferendogli una particolare astrattezza, e generano delle fenditure a “vista” che misurano con cadenza lo spazio. Il cretto di acciaio che dà forma al recinto opera direttamente con la natura e sulla natura, evidenziandone la centralità: accoglie al suo interno le essenze vegetali indigene che repentinamente sbucano, per poi sparire ciclicamente in un gioco di ombre provocato dalle folte fronde di alcuni arbusti. Quando, in inverno, il giardino si presenta scarno e asciutto, e le poche piante superstiti non solo altro che spogli ed esili steli, proiettati verso la plumbea luce invernale, questo recinto perimetrale marca, attraverso le sue fenditure a vista, il dramma dell’assenza. Si è immaginata una metafora visiva che recupera il racconto mitico di Artemide, dea vergine della fecondità e dei boschi, che con il gemello Apollo parte verso il Paese degli Iperborei all’inizio dell’autunno per tornare con il bel tempo. Il momento più emozionante e lirico è in primavera quando la natura-Artemide si rende presente, non solo come oggetto di contemplazione, ma materia viva e materiale dell'architettura, in nessuna misura artefatto. Le essenze spontanee invadono il luogo: le fredde lastre di acciaio del recinto e le perimetrali trame sovrapposte di rete elettrosaldata inglobano e incorniciano i fiori dai diversi colori che rispuntano con grande vigore, i sottili steli della pianta del paradiso, i riflessi in balia della luce, le mutevoli ombre che evocano un mondo vitale e selvaggio della natura inscritta nel tempo, e come tale destinata a nascere, crescere, consumarsi e infine estinguersi. Il giardino diventa così espressione del ciclo biologico e naturale: infatti, ogni anno, lo spettacolo, simile ma variato, si ripeterà.

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"il giardino di artemide"
nell’isola di ortigia - siracusa, 2005
Progettista e Direttore Lavori: Vincenzo Latina con Silvia Sgariglia
Committente: Comune di Siracusa, Assessorato ad Ortigia
Collaboratori: Sabrina Nastasi, Vincenzo Mangione, Luca Sipala
Importo dei Lavori eseguiti: 93.806,18 euro
Progetto: 2003
Lavori: 2003-2005
Impresa esecutrice: rag. Giovanni Avola
Strutture metalliche: sig. Frasca
Foto di: Lamberto Rubino


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Vincenzo Latina,
nato a Floridia (SR) nel 1964, consegue nel 1989 la Laurea in Architettura presso lo IUAV di Venezia.
Nel 1992 inizia l’attività professionale.
Dal 2001 è ricercatore universitario in Composizione Architettonica ed Urbana presso la Facoltà di Architettura dell’ Università di Catania con sede a Siracusa, dove svolge attività di didattica e di ricerca.
Partecipa a concorsi nazionali ed internazionali, ottenendo importanti riconoscimenti.
Nel 2003 vince i premi: “Il Principe e l’Architetto”, il “Premio Internazionale Architetture di Pietra 2003”.
E’ finalista al premio “Medaglia d’Oro della Triennale di Milano” e al Premio Nazionale Accademia di S. Luca 2004. Lo stesso anno vince il Premio Internazionale alla Committenza di Architettura Dedalo Minosse, under 40.
Nel 2006 Vince ex-aequo il Premio Gubbio 2006 promosso dall’Associazione Nazionale Centri Storico-Artistici. Viene selezionato (I fase) al premio Mies van der Rohe award 2007 e Premio Piranesi award.
Nel 2008 vince i premi: “Premio Innovazione e Qualità Urbana” ed. 2008, Rimini Fiere EuroP.A.; il Premio G.B. Vaccarini.
Nel 2009 vince il primo premio per la realizzazione della stazione marittima di Siracusa.
Nel 2010 vince il primo premio al concorso internazionale "Progetto artistico-Architettonico di rifunzionalizzazione di due gru nel porto di Palermo".
Nel 2011 è stato selezionato (fase I) al concorso internazionale "Programma Porti & Stazioni "città di Messina. Riqualificazione urbana dall'area stazione Marittima - S. Cecilia.
Nel 2012 vince la “Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana 2012” della Triennale di Milano.
Nel 2012 viene invitato a partecipare alla I e II fase del “Mies Van der Rohe Award” Premio promosso da “European Union Prize for Contemporary Architecture Mies van der Rohe Award”, Barcellona 2013 –Spagna.

venerdì 2 dicembre 2016

14.11.16 cammina, cammina

                                                                        ph. Marcello Scopellitti



14.11.2016
Cammina,  cammina, cammina…
quattorci novembre duemilasedici, giornata nera, buia.
Cielo nero carico di nuvole,
più nero della fotografa di Scopellitti su fb…. 

Scatto bellissimo in una giornata nera...anzi di merda.
Lungomare lato destro, cammina, cammina. 

Pavimento rosso a quadri.
Mattonelle rosse a disegno quadro… 

Quadrato, la perfezione.
Sconnesse tra sabbia ed acqua le mattonelle rosse.
Pensiero vago, informale, si scontra col raziocinio della forma quadra.
E tu, cammina, cammina: lo slalom tra la merda di cani e la merda di umani….si merda d’umani.

Di giorno o di notte si fermano a farla.
Tempi di merda .
Cammina,  cammina, cammina….Alle cuffie  Fiorella la combattente, per addolcire l’andare: 
….e anche se qualche volta ho sbagliato
so che in fondo ritorna tutto quel che dai…

E' una regola che cambia tutto l'universo
perché chi lotta per qualcosa non sarà mai perso
e in questa lacrima infinita
c'è tutto il senso della vita….
E tu cammina, cammina .
 mp.

sabato 12 novembre 2016

Razionalismo Italiano ?

Storia dell'architettura moderna: Razionalismo Italiano: Il razionalismo italiano nasce nel periodo del fascismo e si vuole proporre come architettura di regime; all'inizio viene accettato dal... 

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.......Come detto il fascismo propone una politica antiurbana, grazie anche alla bonifica dell’agro pontino, il recupero di 150.000 ettari nei quali vengono costruite 6 nuove città in brevissimo tempo, in genere nel Lazio e intorno a Roma (Littoria, Sabaudia, Aprilia, Pontinia, Guidonia, Pomezia, ma anche Carbonia e Portoscuro). Le nuove città hanno sempre uno schema piuttosto rigido e improntato agli schemi dettati dal partito, quella forse più interessante è Sabaudia.......







...e Le Corbusier disse :....di Littoria? non me ne parlate! 



ESISTE UN
 Razionalismo Italiano?




Il razionalismo italiano nasce nel periodo del fascismo e si vuole proporre come architettura di regime; all'inizio viene accettato dall'ordine degli architetti fascisti e da Mussolini, in seguito verrà osteggiata dallo stesso regime.
In questo momento ci troviamo alla fine della prima guerra mondiale, si sviluppa un linguaggio classico onirico e sognante come quello della pittura metafisica di De Chirico (che dipinge tipici elementi di città classiche, in particolari porticati vuoti o con pochissime figure, con una organizzazione schematica e prospettica). 









In questo clima di novità, pur nella riproposizione classica si trova in Giovanni Munzio, con la sua prima opera a Milano che viene chiamata casa brutta (1919-22); giovane progettista che lavora in uno studio di ripresa stilistica; in questa sua prima opera utilizza elementi del linguaggio classico assemblandoli in una maniera libera, sono due blocchi collegati da un portico a seriana (anche questo molto semplificato). In facciata posiziona delle nicchie e altri elementi presi da una repertorio classico, si può considerare un precursore di quello che sarà il razionalismo.

Il razionalismo italiano nasce 10 anni dopo rispetto all'europa del nord, proprio per le condizioni politiche e sociali del momento, nasce sotto l'impulso si giovanissimi laureati o non ancora laureati del politecnico di Milano, che nel 1926 si fanno chiamare il "gruppo 7" (perché sono in sette). Principale personaggio è Carlo Enrico Rava (figlio di un gerarca del fascismo, cosa che gli permette di progettare molto), gli altri sono Larco, Frette, Figini, Pollini, Terragni, in un primo momento Castagnoli, poi sostituito da Libera.
Di questi Rava e Larco lavoreranno insieme sino a che Larco non torna in Cile (dove era nato), come anche Figini e Pollini (che lavoreranno per Olivetti), Terragni è forse il più interessante, ha come collaboratore per molto tempo Lingeri; infine Libera che lavora a Roma, personaggio chiave perché a contatto con i centri di potere centrale, come Piacentini, architetto del regime. 





In un primo momento il gruppo vorrebbe non avere visibilità, per non scontrarsi con il mondo dei progettisti classici o quelli dello stile littorio e di Piacentini; infatti in questa fase il regime vuole rifarsi sopratutto alla classicità (tipo antica Roma), la quale viene stemperata con elementi presi ad esempio dalla secessione, con degli elementi di maggiore innovazione





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Il gruppo 7 si presenta al pubblico con 4 articolo sulla rivista “Rassegna italiana”, questi articoli possono essere considerati il manifesto del razionalismo italiano. Scrive a nome del gruppo Rava, il quale dice che la nuova architettura deve rifarsi alla logica e alla razionalità, però bisogna avere una certa continuità con la tradizione e non vengono condivise le tendenze estremiste; infine la nuova architettura non deve essere paragonata alle epoche antiche cercando una mediazione tra novecentista e l’eredità dinamica del futurismo.













Ovviamente i membri del gruppo 7 conoscono tutti i movimenti di avanguardia e per quanto riguarda il futurismo dicono anche che sono interessati anche se con qualche restrizione, in quanto l’architetto del futurismo, Sant’Elia, non ha mai disegnato una pianta o un prospetto. Sono interessanti al costruttivismo, al Deutscher Werkbund e tutte le idee che porta; nel 1927 vengono anche invitati alla mostra del werkbund di Stoccarda e si presentano con un progetto per un piccolo albergo di montagna di Libera, il quale insieme a Rava e Pollini vanno a Stoccarda e durante questo viaggio vengono influenzati dalle nuove idee dei movimenti europei.
I loro lavori sono pubblicati su varie riviste tedesche (come la “Moderne Bauformen”), poi vengono pubblicate anche su riviste italiane come “Natura” e “La casa bella”, rivista che dal 1930 è diretta da Pagano e Persico, architetti estremamente coinvolti nei problemi della nuova architettura e che cercano di proporre una architettura razionalista.






Nel 1928 la prima esposizione dell'architettura razionalista italiana al palazzo delle esposizioni di Roma, patrocinata dal sindacato degli architetti fascisti. Si tratta sopratutto di progetti (perché in realtà come gruppo costruisce solo un edificio, che sarà la casa elettrica) e chiedono l'aiuto del partito proprio per poter costruire.
I temi di riferimento sono sempre l'edilizia pubblica, sociale, la fabbrica e tutti i temi del Weissenhof. Interessanti i progetti dell’officina per il gas si Terragni, il progetto per un palazzo di uffici di Larco e Rava; unico progetto realizzato quello dell'albergo agli scavi di leptis magna ad homs in Libia (1928-29) perché Rava aveva avuto vari incarichi nell’edilizia delle colonie (perché il padre era governatore del territorio); altri progetti sono quelli della casetta economica di tipo operaio, sempre di Larco e Rava; l’albergo in mezzo alle montagne di Libera; interessante discorso decostruttivista per la torre dei ristoranti di Ridolfi e il teatro armonico di Vietti.
Nel 1930 viene costituito il movimento italiano degli architetti razionalisti (Miar) che ha sede a Milano, Torino e Roma, unico edificio costruito è la Casa Elettrica, poi ognuno degli architetti prende la sua strada, proposta alla quarta triennale di Monza (poi trasferita a Milano); casa commissionata dalla Edison, dove vediamo un chiaro esempio di razionalismo.
Nel 1931 iniziano i problemi, si ha la seconda esposizione dell'architettura razionale nella galleria Bardi di Roma. Bardi era un critico e aveva scritto un rapporto sull'architettura razionalista dicendo che è l'unica che può rappresentare il regime, per questo ottengono l'appoggio del sindacato degli architetti fascisti e l'inaugurazione viene fatta da Mussolini. Appoggio in seguito revocato perché nell'ambito della mostra viene progettata la “tavola degli orrori”, in cui alcuni avevano creato un fotomontaggio con tutte le architetture peggiori di quelli che riprendevano gli schemi classici e che erano tutti facenti parte del sindacato degli architetti fascisti.
Viene sciolto il Miar e viene fondato il Rami (Raggruppamento di architetti moderni italiani), che cercano di mediare tra il razionalismo e lo stile littorio; tuttavia prevale lo stile littorio di Piacentini, molto eclettico che media tra classicismo, architettura novecentista e le proposizioni di rottura del futurismo e secessionismo.




Tra i vari progetti che vengono esposti alla seconda mostra ricordiamo le casette popolari di Libera, la palazzina ad appartamenti a Roma di Ridolfi, ma in genere ripropongono tutti gli schemi classici del razionalismo.

Nel 1932 viene costruito il campus universitario di Roma (la Sapienza), ovviamente il progettista e Piacentini e quindi si tratta di una opera in stile littorio (solita grandiosità e richiamo all’antica Roma), però chiama a collaborare altri 9 architetti, i quali hanno la possibilità di lavorare con più libertà sopratutto nei portali di ingresso.
Caratteristiche comuni sono la grande imponenza con un altissimo portale e la scalinata, che riprende elementi classici liberamente reinterpretati.
A questo progetto lavora anche Giò Ponti, con l’istituto di matematica (molto libero), ma anche l’istituto di ignee e fisica di Pagano, l'istituto di botanica di Capponi (con l’elemento dell’angolo vetrato), che possono essere considerate le più interessanti e personali.
Nel 1932 Libera ha l'incarico per l’allestimento la mostra del decennale della rivoluzione fascista, organizzata nel palazzo delle esposizioni, si trattava di un palazzo ottocentesco nella cui facciata Libera applica 4 grandi fasci littori e una grande X, che indica il decimo anniversario.
Interessante il sagrario dei martiri, elemento circolare con fasce che si illuminano, al centro una croce rosso sangue e in sottofondo la canzone “giovinezza”, inno del fascismo. Interessante anche l'allestimento di Terragni in quella che viene chiamata sala O, dove organizza un rilievo a parete dinamico costituito da elementi grafici, plastici e fotografici.
Dal 1934 si ha il declino del razionalismo a causa della forza dello stile littorio e per il fatto che non vengono dati grandi incarichi ai razionalisti, anche se poi gli autori più interessanti costruiscono opere importanti, come la stazione di Firenze (1932-35) di Michelucci e il gruppo toscano (gruppo di giovani razionalisti), progetto molto difficile ma di grande modernità. Il complesso si trova vicino alla chiesa e lo si vuole legare al tessuto storico attraverso la pietra. Edificio che ha una netta orizzontalità, molto chiuso e tagliato da elementi di vetro termolux che illuminano la biglietteria, il percorso per i treni e la galleria per la sosta delle auto. Importante il fatto che riescono and integrarsi nell'ambiente attraverso queste masse in pietra.

Molto importante in questo periodo è il tema dell'urbanistica, dove il fascismo propone una ottica antiurbana, non a caso molte fasce della popolazione sono state portate da una parte all'altra dell'Italia con con la costruzione delle città di nuova fondazione, in seguito alla bonifica di ampie zone paludose.
Personaggio importante per quanto riguarda la politica urbanistica è Gustavo Giovannoni (18-1947) presidente della facoltà di architettura di Roma. Giovannoni ha ben precisa una idea, ovvero il fatto che bisogna regolamentare la pianificazione urbanistica e formare un architetto che si occupi anche di urbanistica.
Nel 1930 viene fondato l’istituto nazionale di urbanistica, nel 1931 inizia la pubblicazione della rivista “Urbanistica” e nel 1932 quella della collana di urbanistica; nel 1937 si ha il primo congresso nazionale di urbanistica, dove si delinea il fallimento della politica antiurbana del fascismo





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Come detto il fascismo propone una politica antiurbana, grazie anche alla bonifica dell’agro pontino, il recupero di 150.000 ettari nei quali vengono costruite 6 nuove città in brevissimo tempo, in genere nel Lazio e intorno a Roma (Littoria, Sabaudia, Aprilia, Pontinia, Guidonia, Pomezia, ma anche Carbonia e Portoscuro).
Le nuove città hanno sempre uno schema piuttosto rigido e improntato agli schemi dettati dal partito, quella forse più interessante è Sabaudia.








Giovannoni propone il concetto di salvaguardia dell'ambiente in cui è inserito un monumento antico sottolineando il legame tra il monumento e la struttura urbana, in contrasto con la politica del redime che voleva lo sventramento dei centri storici, con la politica denominata del “piccone risanatore” (come a Genova in Piazza Dante), politica che prevedeva la demolizione della zona di centro storico da risanare, il posizionamento degli abitanti del centro in altre aree della città, destinando la zona al terziario, con la costruzione di palazzo sempre con un tono molto aulico, portici molto alti, eccetera. Alla fine Giovannoni poi si adegua a questa politica.
Nel 1931 si ha un piano regolatore di Roma di Piacentini, con aperture di squarci prospettici nel tessuto urbano monumentale, come per esempio Via della Conciliazione, che dal fiume porta a San Pietro.
Sventramenti che fanno anche parte del concetto di Haussman, fatti anche perché un tessuto minuto è più difficile da controllare rispetto ad un grande viale.
In questo ambito si colloca il progetto di Mussolini di creare la terza Roma, espandendo la città verso i monti e i colli Albani (con quella che viene chiamata via dell'impero), ma espandendosi anche verso il mare e quindi verso Ostia. Vengono quindi costruiti il quartiere della Garbatella (allora quartiere popolare) e dell'Eur (con edifici molto monumentali e richiami alla Roma antica), quartiere che doveva essere per l'esposizione dei 20 anni del fascismo, primo passo per creare questa città lineare tra Roma ed Ostia.
Molto interessante il quartiere dell’Eur, 




un piano che doveva avere delle caratteristiche precise, quindi molto monumentale, richiami alla Roma antica, sovradimensionamento, eccetera. I lavori però vanno a rilento e nel 42 inizia la guerra e i tedeschi ne distruggono la maggior parte, ora è una zona molto rinomata.
Viene costruito in questo ambito il palazzo delle esposizioni di La Padula (una sorta di Colosseo cubico), il piano generale era di Piacentini, Pagano, Piccinato, Rossi e Vietti del 1937, con un grande asse tagliato da altri assi perpendicolari e doveva anche esserci un arco in puro alluminio di Libera.
In questo ambito vengono costruiti il palazzo delle poste e dei telegrafi, il concorso per il palazzo della civiltà italiana e il palazzo dei congressi, in tutti i progetti vediamo quello che è lo stile littorio, quindi come sempre monumentale, ripetitivo, grandi porticati, riproposizione del pronao in maniera più semplificata.

Giuseppe Terragni (1904-1943), viene considerato il più sensibili degli esponenti razionalisti e lavora spesso con Lingeri. Il suo primo incarico gli viene dato a 23 anni nel 1927 a Como da un rappresentante di una cooperativa (Novocomum), il suo obbiettivo era quello di concludere un lotto costruito in posizione angolare; dapprima il progetto di Terragni è di tipo tradizionale poi durante la costruzione presentano un progetto razionalista.
Si tratta di un immobile di grandi dimensioni con una pianta a C, sopratutto è interessante vedere come lavora negli angoli, dove si ha uno slittamento delle masse, arrotonda l’angolo, rientra con il corpo scale vetrato, su cui fa appoggiare pesantemente l’ultimo piano concluso ad angolo retto. Fra l’altro questa modalità di lavoro riprende un’opera russa a Mosca tipica del costruttivismo russo di Golosov ovvero il club operaio ZuJev (1926), vedremo che saranno molto importanti i club operai in Russia, considerati dei condensatori sociali, dove vengono svolte tutte le attività che non è possibile svolgere nell’ambito della residenza, normalmente questi progetto hanno una identità formale ben chiara nell’ambito della struttura cittadina, con la messa in risalto del fatto strutturale tipica del modo di lavoro del costruttivismo, con grande utilizzo di vetro.
Questo edificio prende il nome di Novocomum che era la cooperativa che da l’incarico a Terragni, per il resto oltre al corpo scala ad angolo troviamo le solite caratteristiche del razionalismo, tetto piano, intonaco bianco, infissi senza cornici, eccetera.
Sempre di Terragni un omaggio a Sant’Elia con un monumento ai caduti (1931-32), possiamo riscontrare una netta somiglianza tra i disegni di Sant’Elia per la città nuova (in particolare la centrale elettrica) con il monumento di Terragni, questo ci fa vedere la conoscenza e l’influenza che ha il futurismo sul razionalismo anche se viene criticato per la sua mancanza di realizzazione.

L’opera più importante di Terragni è la casa del fascio a Como (1932-36), considerato l’edificio manifesto del razionalismo italiano. La casa del fascio era edificio che non aveva riferimenti culturali antecedenti, in questo caso l’architetto lo risolve in una maniera assolutamente razionalista. Terragni parte da una idea del fascismo di Mussolini, il quale riteneva il fascismo come una casa di vetro e quindi anche qua vuole creare una struttura facilmente penetrabile.
 L’area sulla quale si trova ad operare è di ridotte dimensioni e faceva parte di un progetto che partiva dalla cattedrale, dalla quale si dovevano vedere due edifici speculari, ma ne venne costruito solo uno, la casa del fascio.
L’architetto utilizza un impianto classico, sulla linea di pensiero tipica del razionalismo e del regime, che vuole sempre partire da premesse riferite al classicismo, quindi la casa del fascio è un mezzo cubo rivestito in marmo che viene posto su una breve gradinata (a dare monumentalità), entrate totalmente aperte e possibilità di eliminare completamente le vetrate che si trovano al piano terra per permette un contato tra la folla e l’interno dell’edificio, dove si ha una sala riunioni con un altare commemorativo dei caduti, considerato centro spirituale dell’edificio.
Oltre il volume del mezzo cubo riscontriamo altri tracciati regolatori che scandiscono e controllano la facciata, quindi sempre dei metodi classici che vengono applicati su una architettura razionalista.
L’edificio si svolge su un quadrato, con un grande cavedio interno, chiuso al secondo piano da vetro-cemento, in modo da dare luce al piano sottostante a doppia altezza; facciate scandire in maniera pressoché uguale e comunque razionalista, tranne la facciata sul retro che presenta una scansione diversa e forse riferita, secondo la critica, alla progettazione del Palladio.

Progetta per il concorso del palazzo littorio (1937) a Roma, concorso non ebbe esito ma prevedeva una serie di uffici e una parte di grade rappresentatività; in questo caso  partecipa con due progetti, di cui solo uno arriva alla seconda parte del concorso.
La sua progettazione presenta una grande muro curvo, rialzato rispetto al terreno sorretto da delle grandi travi reticolari non visibili dal basso, mentre sul retro venivano collocati gli uffici (con il palazzo della rivoluzione); quindi lavora con dei solidi molto semplici che incastra e di grande effetto la grande facciata di granito rosso.
Nella seconda progettazione propone un lotto triangolare concluso da una grande torre e a seguire i vari palazzi, aumentando di altezza a seconda delle disponibilità.
Progetta anche la casa Rustici a Milano (1933-35); si tratta di un intervento che incide con particolare forza sul tessuto urbano, sono due blocchi paralleli connessi da dei passaggi. Si tratta di case da rendita immobiliare e all’ultimo piano si trova l’appartamento del proprietario; le due masse sono ampiamente aperte sull’ambiente attraverso l’uso di balconi.
Nell’asilo infantile di Sant’Elia (1936-37) presenta nuovamente una pianta quadrata, interessante vedere come la struttura sia portata all’esterno rispetto al blocco delle aule, le quali sono arretrate e vetrate aprendosi sull’ambiente esterno; particolare la soluzione per creare ombra alle ampie vetrate con l’uso di teli che possono essere tesi tra l’architrave della struttura portata in aggetto e il blocco arretrato. Grande orizzontalità, anche se di dimensioni ridotte e risolta in maniera brillante.
La villa bianca viene costruita per il cugino (1936-37) a Seveso, si tratta di un blocco parallelepipedo movimentato da elementi in aggetto come le pensiline o come la scala che porta al terreno circostante, elementi che ci possono ricordare il de stilj, inoltre riscontriamo la ripresa delle finestre a nastro tipica del razionalismo.
Interessante anche il progetto per il Danteum a Roma (1938), si tratta di un centro studi in relazione a Dante vicino al Colosseo a cui Terragni risponde con una metafora una sorta di labirinto a cui si accede attraverso una scaletta e si entra in una sala fitta di colonne, corrispondente all’inferno, il percorso continua con il purgatorio e infine si sale per arrivare al paradiso con 33 colonne di cristallo; progetto molto ammirato da Le Corbusier in una mostra dedicata proprio a Terragni.
Costruisce anche la casa Giuliani-Frigerio a Como (1939-40) dove si hanno due scatole una dentro l’altra e lievemente spostate (gli appartamenti hanno infatti quote diverse), con la ripresa degli elementi che conosciamo bene.

Interessante la Casa Solari a Santa Margherita Ligure (1925-28), costruita da Larco (1901-?) e Rava (1903-1966), uno dei maggiori fautori del razionalismo. Quello di Santa Margherita è un incarico ottenuto da giovanissimi da parte della famiglia Solari, che vuole appartamenti per se e alcuni in affitto; lavorano sentendo chiarissimamente gli influssi di Hoffman, del rigore della secessione e della semplicità del razionalismo, che vengono fusi insieme in una maniera originale.
L’impianto della casa è simmetrico e si trova arretrata rispetto al fronte della strada, l’entrata divide alloggi simmetrici, la cui partizione interna non presenta alcuna novità, ma rispetta gli schemi usuali dell’architettura dei primi del 900, come pure i materiali interni, con un disegno molto semplice e decisamente poco innovativo.
Interessante la facciata divisa in varie parti, sotto troviamo un piano seminterrato che presenta delle lesene scanalate, tipiche del linguaggio di Hoffman (delle case di campagna); il primo piano viene segnalato da un rivestimento in terracotta in cui sono tagliate le finestre, chiarissimamente ripreso da Hoffman (in particolare dal padiglione dell’Austria all'esposizione di Parigi del 1925), l’ultimo piano è estremamente semplice, intonacato di bianco e solamente nella bucatura sopra il portale di accesso, che presenta un sostegno ripreso sempre dall’architettura di Hoffman. Seguendo la tradizione settecentesca abbiamo negli altri prospetti un breve risvolto sugli angoli e poi intonaco bianco; interessanti anche la presenza di alcune formelle con bassorilievi tipici del gusto di questo momento, come nella ceramica di Giò Ponti.
Possiamo definire questo intervento come protorazionalismo, come possiamo riscontrare anche nell’uso del colore, con il piano terra verde, sopra color cotto ed intonaco bianco. Infine al piano seminterrato si hanno delle finestre ad oblò, caratteristica tipiche del razionalismo.
Progettano anche una villa in collina a Rapallo (1931) e la villa di San Michele di Pagana (1931). Nella seconda presenta riferimenti chiari al clima marino, gli oblò e altro elementi a salvagente, piano terra porticato, riproposto il pronao in scala razionalista in facciata, definita da questo elemento e da sottilissimi pilastri, più o meno le stesse caratteristiche si ritrovano nella villa in collina a Rapallo.
Costruiscono una villa a Portofino (1933-34), ci troviamo sugli scogli con al primo piano una grande terrazza, in collegamento con questa casa c’era anche un giardino che si conclude con una esedra di scansione classica.
Larco lavora sopratutto nelle colonie con una architettura che tiene molto conto del clima e dell’architettura autoctona unendoli a influenze dell’architettura classica, secondo le indicazioni del pensiero fascista e del razionalismo italiano che vuole essere rappresentativo di questo regime.

Altri due esponenti del gruppo sono Figini (1903-1984) e Pollini (1903-1982), lavora insieme per tutta la vita (entrambi membri del Ciam), importante il loro incontro con l’industriale Olivetti ad Ivrea, il quale capisce l’importanza che l’architettura del momento poteva dare all’industria. Insieme costruiscono nel 1934-35 nuove officine Olivetti, molto aperta e copertura a shed, più interessante viene considerato l’ampliamento con interno molto libero per adeguarlo alla produzione. Progettano anche gli alloggi per i lavoratori e l’asilo nido (1939-40) sempre a Ivrea, costituito da un edificio con senso orizzontale, che si collega con la zona della scuola all’aria aperta attraverso quella che chiamano passeggiata pedagogica. Sul retro si hanno le abitazioni che sono una serie di case a schiera, in cui la facciata sud e molto aperta mentre quella a nord è chiusa con piccole finestre, sono case su due piani più il piano a terra di 2,20 m che poteva essere chiuso, usano il mattone per la muratura e struttura di travi in cemento armato prefabbricato.

Arriviamo a Libera (1903-1963), che rappresenta il collegamento con Roma e la voce del G7 e in particolare con Piacentini. Segretario del Miar, nel 1926 aderisce al gruppo sostituendo Castagnoli, partecipa al Weissenhof a Stoccarda, organizza la mostra del decennale della rivoluzione fascista, nel 1938 vince il concorso del palazzo dei congressi del 1942 che non viene eseguito e l’arco simbolico in puro alluminio.
Costruisce la villa Malaparte (1938-40) a Capri sopra un grande scoglio. Malaparte era uno scrittore importantissimo, la sua progettazione assomiglia ad una sorta di nave ma inserita nel verde, con una scalinata che porta alla copertura dove c’è una sorta di frangisole, che si affaccia sul mare, come aperto sul mare è lo studio del poeta al secondo piano, mentre sotto ci sono le stanze per gli ospite e i locali di servizio. Ebbe un periodo di degrado poi venne ristrutturata.
Costruisce anche un villino per la società Tirrena ad Ostia (1933) e partecipa anche alla costruzione del villaggio olimpico (1957-60) a Roma, in particolare il quartiere per gli atleti,(poi riconvertito per 1500 famiglie di impiegati statali, perché costruito dall’istituto nazionale case impiegati dello stato), la pianta cruciforme su pilotis e sono presenti grandi spazi verti; il collegamento con la parte a nord di Roma doveva venire attraverso il viadotto di corso Francia di Nervi.
Progetta e costruisce la cattedrale di Spezia (1956-69), realizzata postuma da Galeazzi, si tratta di un edificio circolare che prende luce dall’alto e il progetto è organizzato con lo studio della piazza retrostante anch’essa circolare.

Altro di questi autori è Moretti (1907-1973), ha lavorato molto per il fascismo, come per l’accademia della scherma nel Foro Italico (1933-36) che presenta caratteristiche di monumentalità, edificio molto chiuso in marmo bianco, organizzato con due corpi, uno con uffici e l’altro con la sala da scherma (che si toccano per un angolo), la parte più interessante è quella della sala, la cui copertura ha una struttura con due travi reticolari che si incrociano in una finestra che da una luce diretta.

Vediamo anche Gardella (1905-1999), progetta con Aldo Rossi il Carlo Felice e la facoltà di architettura a Genova; a Venezia costruisce la casa alle zattere (1957) prospiciente il canale e l’isola della Giudecca, si tratta di un edificio di impostazione moderna ma nella scansione di prospetto riprende degli elementi dell’ambiente veneziano; notevole attenzione all’ambiente e ai suggerimenti del cantiere, tipico della sua mentalità.
Nell’ambito del razionalismo costruisce il dispensario antitubercolare (1936-38), un edificio a parallelepipedo in cui introduce nell’impostazione razionalista la luce e il colore, con mattoni rossi e insieme dell’intonaco bianco. Troviamo al piano terra la sala di attesa indifferenziata e tutti gli ambulatori, mentre sopra si trova un solarium e i vari ambienti di servizio. Usa i materiali con sensibilità pittorica per dare una nota di colore, da sottolineare l’entrata non in posizione simmetrica ma decentrata rispetto alla facciata.

Altro autore Cattaneo (1912-1943), lavora anche lui per Olivetti con progetti per alberghi del 1942 a Ivrea, dove fa una differenziazione per l’albergo di soggiorno, a lama, e quello si sosta, orizzontale. Progetto particolare è quello di casa per la famiglia cristiana (1942), si ha una sorta di insula romana, viene pensata per un rinnovo del nucleo famigliare ogni 50 anni e all’interno nell’insula possono essere demolite delle parti però il muro di cinta di perimetrazione il lotto, ma l’ambiente d’ingresso e quella della sala della famiglia non devono essere modificati.

Arriviamo infine a Daneri (1900-1872), fa parte della razionalismo italiano e grandissimo ammiratore e stretto seguace delle linee di Le Corbusier, costruisce per esempio la casa del fascio a Sturla (1938), la parte alta della casa ricorda molto da vicino la villa Sovoye mentre nella parte verso il mare ha vari piani.
Costruisce anche le case alte alla foce in piazza Rossetti (1934-58) in base al piano regolatore di Genova del 1932, il quale prevedeva varie aree e in questa zona si vogliono demolire i cantieri navali per realizzare una zona di divertimento con alberghi, ristoranti, bar, eccetera. Il progetto vincitore non è il suo, che viene però costruito in quanto ritenuto più moderno, infatti si ascrivono al razionalismo e alle linee guida del movimento moderno; particolare il fatto che tutti i palazzi sono uniti al primo piano da una piastra sovrastante un alto porticato.
Infine il forte Quezzi, chiamato Biscione (1956) .


 

venerdì 11 novembre 2016

nuvole





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nuvole




........il costo eccessivo che viene imputato all’opera. Tantissimo denaro che, in un’epoca di crisi e ristrettezze, sarebbe meglio servito a curare le ferite di un paese in ginocchio.
Ora, voglio ricordare che se le architetture dovessero nascere in ossequio a questa banalissima evidenza etica, Roma non sarebbe il capolavoro che conosciamo. Sicuramente non ci sarebbero chiese, Basilica di San Pietro compresa, tutte realizzate sottraendo denaro ai poveracci del mondo cristiano, con la promessa della vita eterna. La verità è che, la vita eterna, questa città l’ha conquistata grazie alle sue cattedrali e ai suoi monumenti, finanziati tutti con l’illusione di conquistarsi il paradiso. Quindi, con un minimo di lungimiranza, è facile comprendere che il valore di un’opera d’arte supera i limiti del tempo e del momento, quindi del denaro che è stato necessario per realizzarla. Se si facesse la somma delle stupidaggini senza futuro finanziate con i mille rivoli della politica del consenso, che ha sperperato i soldi pubblici in questi anni, ci si potrebbe permettere un’opera d’arte vera ogni anno....
Sandro Lazier

 









martedì 1 novembre 2016

OMAGGIO AD ACHILLE




OMAGGIO AD ACHILLE 





                  per Achille Pace
 ....vogliamo pensare caro Achille che stai riaprendo il portone della Galleria. A Termoli la Galleria è  la Galleria Civica di piazza Sant’Antonio, emblema del Premio Termoli che….purtroppo per ora ha perso la sua identità di luogo d’arte. Noi naturalmente e non potrebbe essere diversamente, facciamo voti perché ci si ravveda quanto prima . La sede della Galleria Civica di Termoli deve essere quella a Piazza Sant’Antonio. Vorremmo che l’edificio venga messo a norma e ristrutturato ampliandolo nel modo più corretto possibile e rispettoso della storia dell’edificio stesso. Questo per quanto ne sappiamo è cosa possibile.  E ‘ solo problema di progettazione e di rivisitazione in modo corretto dei luoghi. Volere è potere. Rispettare i tuoi desiderata è doveroso oltre ad essere un modo per l’Amministrazione Comunale di Termoli di condividere il tuo pensiero, il progetto che è stata la tua vita e che ha permesso a Termoli di scrivere pagini importanti della storia dell’Arte Italiana e del Contemporaneo. ....
mp.
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 CONSIDERAZIONI DI ACHILLE  PACE  PER UNA  DISCIPINA CREATIVA
La condizione di disorientamento e di spiazzamento cui ha condotto la Cultura informale e il  pensiero esistenziale è sembrata  inevitabile e giustificabile come comportamento artistico , culturale e sociale , particolarmente sentita in alcune aree geografiche. Ricostruire , dopo , era necessario  , ma su quali basi ?  L’approccio ad un linguaggio più aderente  al vivere doveva passare per la condizione dell’esistere . . Dunque , l’informale ha in qualche modo rappresentato il purgatorio che nell’ultima fase si sublimò rischiando però di scadere in sistema . E poi nel purgatorio non si può vivere a lungo e sistema tecnico non vuol dire metodo tecnico e cioè scienza costruttiva dell’immagine per segni di crescita e controllo dell’organismo reale .“Rivelazione” non è “intuizione” , come la “fantasia” non è” immaginazione”.  L’immaginazione non può che  confrontarsi con una tecnica reale , altrimenti fallisce. La fantasia può farne a meno : l’immagine è istantanea e risolutiva  ;  la fantasia  ,no.  Ha tempi lunghi e non ha necessità di una tecnica reale e problematica . Klee coniugava  la tecnica dell’immagine   alla scienza matematica , alle leggi fisiche , alla geometria ecc. “Natura-uomo-cosmo “ filtravano all’interno della conoscenza e della genesi formativa del segno.  Dunque ,metodo tecnico come solida padronanza della via che conduce alla intuizione creativa dell’immagine , fine ultimo dell’arte .  Se Freud ,  Young , Marx sono importanti per analizzare l’interno e l’esterno dell’uomo individuale ,collettivo e sociale , smarriremmo la via che conduce alla scienza del linguaggio se non pensassimo allo specifico  , cioè a quegli strumenti tecnici , i soli che giustificano il significato , il valore e l’importanza di un’immaginazione artistica . Poiché il linguaggio  è sempre problema  reale  del tempo , esso non può esimersi dalla scienza tecnica  , intesa come coscienza e critica del tempo ,se vuole essere reale e non logica pura , cioè “ scolastica “e fuori del tempo . L’esistere e il vivere sono possibili ma” l’informale” non andava coniugato all’ “espressionismo “, già superato dallo stesso informale , perché inutile  anche a qualsiasi  altra epoca  storica . Sarebbe come negare l’essenza stessa ,la motivazione storica , sociale  e tecnica dell’informale . Un ulteriore passo verso il vivere  poteva essere piuttosto in direzione di quei processi formativi che in Klee e Kandinski  hanno  inizio nel “punto geometrico” e nelle ulteriori forze e sviluppi che lo conducono a farsi immagine del nostro vivere  , a crescere in modo naturale e spontaneo. “Segno formante” come liberazione dai nostri forti dissidi inconsci e consci , individuali e collettivi e fiducia nella scienza tutta e nella scienza dell’immagine in particolare .  Non” scolastica” ma “didattica “ ;analisi e svelamento dei principi formanti che sono all’interno dell’uomo e della natura ed in cui i contenuti sono veri perché legati all’organismo , alla struttura vitale  del tutto che nell’artista importante sono tutt’uno con  i “ mezzi “ “strumenti” che ne rappresentano l’unica vera espressione L’informale non è scienza esatta ma forma in formazione , quindi ,in divenire , costruttiva del tempo   L’immagine  è costruttiva e  l’energia che la sostiene  è di natura esistenziale ; non è geometrica , non è matematica . Essa  appartiene più al “progettuale “ inteso come libertà di  pensiero ,  al “ progetto in divenire  , in formazione “. E’ il  “tempo “ che costruisce  la “ forma “.  Una  “forma” senza  “ tempo” è  inerte , non  è espressiva  L’arte  è “ fenomenologia “, non è “progetto” : questo gli architetti lo sanno bene  . Il progetto  è “ statico” ,  l’arte è “divenire”   Al progetto  “pensato “si contrappone il “divenire” dell’azione  esistenziale –Il nostro tempo ha  opportunamente  assistito ad un incontro  di grande interesse e significato  nello sviluppo artistico dei nostri giorni . L’Architettura ha fatto passi da gigante nel volersi  incontrare  con  la sua  “sorella arte “  I criteri fondamentali che  caratterizzano   l’arte  ,la leggerezza , il movimento , la ricchezza di soluzioni formali   hanno , in  illuminati “ artisti-architetti “ soppiantato  la vecchia geometria statica e  pesante  di un tempo  ed hanno assunto   quasi miracolosamente   i presupposti   segnici  di un’arte   funzionale  , vera  . E’ evidente  che “l’artista –architetto” non poteva accettare di continuare  ad intervenire   sulle sue opere pittoriche ed architettoniche  utilizzando opposti criteri  di realizzazione . 
Ecco ,allora , come ,la leggerezza  e l’eleganza  delle opere su tela dell’artista-architetto  riescono a trasferirsi  sui  suoi  disegni architettonici , mantenendo ,  anche a  costruzione  finita dell’opera, gli stessi  artistici   criteri di  attuazione .   Ecco , ad esempio ,come avviene che  le enormi sculture di Massimo Palumbo  danno l’idea di mobilità , di potersi anche spostare   con un dito. Inaspettatamente  , costruzioni enormi di cemento e acciaio   diventano   leggere presenze che nello spazio aereo che le  avvolge  e le sostiene , sembrano  pronte a  librarsi  , a volare . E’ evidente che  qui è entrato in gioco  l’elemento creativo   , è entrata  in gioco l’immaginazione , elementi senza i quali  nessun miracoloso ,imprevedibile evento d’arte sarebbe  reso possibile , 
             Achille Pace              
Settembre , 2016

il  MAACK  e la
XII GIORNATA DEL CONTEMPORANEO







Il 16 Ottobre scorso è stata un’occasione speciale per la storia del MAACK e per il Progetto Kalenarte. Alle ore 18.00 alcune stanze della Galleria Civica d’Arte Contemporanea sono state intitolate ad artisti che hanno arricchito, collaborato e sostenuto il progetto Kalenarte sin dalla nascita: Achille Pace, Teresa Zambrotta e Franco Libertucci.
La grande sala detta “Auditorium” o “Sala Convegni” finalmente ha avuto  il suo nome: Il filo di Achille Pace. Achille Pace, presente durante la serata, è nato a Termoli nel 1923, vive e lavora a Roma ed è un artista operante nell’ambito dell’astrattismo storico e dell’arte informale. 
L’arte di Pace ha come premessa l’autonomia cromatica degli espressionisti tedeschi e i problemi segnici di Paul Klee espressi dapprima attraverso la “gettata di colore” e poi attraverso l’elaborazione di un personale linguaggio incentrato sull’utilizzazione, entro spazi per lo più neutri, di un filo di cotone che, come un guizzo di luce, definisce e circoscrive lo spazio percettivo della visione. 
Il filo di Achille Pace 
ha da sempre ispirato il progetto d’arte contemporanea di Casacalenda che nel 1991 aprì al pubblico proprio con una mostra dal titolo “Il Filo”.
La piccola saletta adibita per ospitare mostre temporanee, che si trova accanto alla grande sala appena descritta, sarà intitolata a Teresa Zambrotta con il nome: i delfini di TERESA ZAMBROTTA. La storica e critica d’arte, nonché artista scomparsa nel 2015, ha sempre sostenuto il progetto Kalenarte. Ella ha identificato nell'arte la forza creativa che permette di convogliare energie verso un rapporto di conoscenza profonda con l'universo. Ad aiutarla in questo viaggio i suoi amici delfini con i quali si sentiva intimamente connessa e che hanno guidato la sua mano nel processo di trasformazione della materia che l'arte sottende.

Strettamente legata alla storia del MAACK la figura di Franco Libertucci: figura complessa ed enigmatica della storia dell’arte del secolo scorso, nonché figlio illustre di Casacalenda, scomparso nel 2002. Nel 2007, in seguito alla ristrutturazione dei nuovi spazi della Galleria, si concretizzò la volontà di intitolare la stessa all’artista casacalendese. Domenica 16 ottobre a Franco Libertucci verrà intitolata, con il nome le sculture abitabili di FRANCO LIBERTUCCI, anche la stanza al piano superiore in cui sono presenti le sei litografie dell’artista. 
Le opere sono state donate dall’artista al Sindaco di Casacalenda in occasione  dell’esposizione a lui dedicata nel 1988 in concomitanza con l’inaugurazione del ristrutturato Palazzo Comunale.









XII GIORNATA DEL CONTEMPORANEO AL MAACK CASACALENDA_MOLISE Italy


              …….la definizione di arte relazionale si afferma nel 2001 con il libro Esthetique relationelle del critico francese Nicolas Bourriaud. In questa categoria rientrano tutte quelle espressioni artistiche che, a partire dagli anni Novanta del Novecento, si manifestano attraverso le nozioni di interattività, convivialità e che favoriscono le relazioni tra individui. Lo scopo di quest'arte è quello di sostenere modelli d'esistenza aggreganti e di creare nuovi luoghi di socialità. Rispetto all'opera d'arte tradizionale che è osservabile in qualsiasi momento (compatibilmente con gli orari dei musei) da un pubblico generale e universale, l'opera d'arte relazionale deve essere fruita in un momento preciso e da un pubblico chiamato per l'occasione. Altre caratteristiche sono l'improvvisazione e la messa in scena in tempo reale: nella mostra Traffic (Bordeaux, 1995) gli artisti potevano intervenire per tutta la durata dell'esibizione per modificare l'opera, cambiarne la disposizione trasformando nel frattempo la mostra stessa. Questi processi collaborativi hanno coinvolto, in quella che P. Parreno definisce "l'estetica dell'alleanza", artisti come P. Huyghe, Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Angela Bulloch, Carsten Höller, Rirkrit Tiravanija, Douglas Gordon.
L'Arte di relazione, più nota come Arte relazionale, è una forma d'arte contemporanea che si sviluppa attorno alla metà degli anni novanta e prevede la partecipazione del pubblico fruitore alla costruzione o alla definizione dell'opera di cui fruisce.  Si tratta di un'arte delle spiccate caratteristiche politiche e sociali al cui centro gravita la visione dell'uomo come animale anzitutto creativo. L'artista relazionale, abbandonando la produzione di oggetti tipicamente estetici, si adopera per creare dispositivi in grado di attivare la creatività del fruitore trasformando l'oggetto d'arte in un luogo di dialogo, confronto e, appunto, di relazione in cui perde importanza l'opera finale e assume centralità il processo, la scoperta dell'altro, l'incontro. Il primo esempio italiano di rilievo si incontra alla fine degli anni ottanta con le ricerche e le azioni di Cesare Pietroiusti[2]. Con la mostra Forme di relazione a cura del critico Roberto Pinto, il concetto di relazione entra a far parte di innumerevoli ricerche successive e si addensano e si sperimentano intorno al Progetto Oreste e che oggi sono ormai patrimonio di tutta l'arte contemporanea.  Nell'ottobre 1993, a Orzinuovi, in provincia di Brescia, Roberto Pinto invitò: Piero Almeoni, Maurizio Donzelli, Emilio Fantin, Eva Marisaldi, Premiata Ditta (Vincenzo Chiarandà e Anna Stuart Tovini), Luca Quartana e Tommaso Tozzi. Per l'occasione fu pubblicato un piccolo catalogo con il titolo Forme di relazione[3] edito a Milano dalle Edizioni Millelire. Sul finire degli anni novanta, altri due artisti, Massimo Silvano Galli e Michele Stasi, inaugurano, con l'agenzia Oficina - Making Reality, un'intensa stagione di riflessioni, progetti e opere d'arte relazionale direttamente immersi nel tessuto dell'intervento socio-culturale, come, tra le tante: "Cento Anni di Adolescenza", un'articolata opera-progetto finanziata dal Comune di Milano che, dal 2001 al 2005, in collaborazione con l'Università degli studi di Milano-Bicocca, coinvolgerà oltre 2500 adolescenti nella creazione del proprio autoritratto.
















Gli STALKER al MAACK  ……….La modalità di intervento proposta è sperimentale, fondata su pratiche spaziali esplorative, di ascolto, relazionali, conviviali e ludiche, attivate da dispositivi di interazione creativa con l’ambiente investigato, con gli abitanti e con gli archivi della memoria. Tali pratiche e dispositivi sono finalizzati a catalizzare lo sviluppo di processi evolutivi auto-organizzanti, attraverso la tessitura di relazioni sociali ed ambientali, lì dove per abbandono o per indisponibilità sono venute a mancare. La traccia di tali interventi verrà a costituire una mappatura sensibile, complessa e dinamica del territorio, realizzata con il contributo dei più diversi approcci disciplinari, attraverso cui si intende investigare i mutamenti in atto nel rapporto tra uomo e ambiente. Tale mappatura conterrà dati sofisticati e molteplici e al contempo risulterà uno strumento capace di attivare interesse e di facile accessibilità. La modalità operativa descritta, oltre ad essere un inedito strumento di conoscenza, potrà contribuire a promuovere la diffusione di una maggiore consapevolezza della popolazione nei confronti del proprio territorio e quindi ottenere più efficaci feedback di partecipazione creativa nella gestione delle problematiche territoriali e urbanistiche…..


XII GIORNATA DEL CONTEMPORANEO 
AL  MAACK





martedì 24 maggio 2016









 VENTOTENE

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