martedì 28 febbraio 2017

quanta tristezza


 IL NUOVO//L'ARCHITETTURA// LA CONTEMPORANEITA'
aprire una pagina al nuovo, indagare sulla contemporaneità: LATINA


Quanta Tristezza diceva qualche tempo fa Paolo Costanzo pensando alla situazione di stagno in cui versa la città ....una palude di  pensiero, una chiusura a discutere sulle sorti sul futuro della città.... In effetti cosa si chiede:  un  sano pubblico dibattito. Così difficile ??  ....E’ possibile che ai tanti che hanno a cuore la realizzazione di una città solidale non venga il desiderio di vedere se per caso....

Ad aprire un tavolo si è sempre in tempo.

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Quanta tristezza di Paolo Costanzo

Nelle facoltà di Architettura gli studenti devono superare una molteplicità di esami e fra questi ci sono quelli di Storia dell’Architettura e di Storia dell’Urbanistica. Si studiano in particolare la formazione dei fenomeni urbani, dalle prime città fluviali del Medio Oriente alle megalopoli contemporanee. Un momento importante in questo processo è rappresentato dalla Questione delle abitazioni, alla risposta che, a partire dalla Rivoluzione industriale, gli stati più evoluti hanno dato alla domanda di un’ abitazione sana per i tanti che arrivavano, dalle campagne,  ad insediarsi nelle periferie delle grandi città. Per gli studenti di una volta, quando gli architetti importanti erano considerati dei Maestri e non, come oggi, delle Archistar, la storia delle città e le sue implicazioni etiche, sociologiche, politiche, rappresentavano un momento fondativo della loro formazione. Gli esempi dei quartieri operai, delle Siedlungen delle socialdemocrazie nord europee, erano qualcosa da studiare bene e possibilmente da visitare. Se non si aveva voglia di viaggiare, caso raro per uno studente di architettura, era sufficiente guardarsi intorno e, ad esempio abitando a Latina, visitare il Quartiere ICP di case popolari di Giuseppe Nicolosi o gli edifici INCIS realizzati nel centro della prima città di fondazione. Gli spazi esterni, i giardini, le corti erano la cosa che li accumunava. Nello ICP, per un’altezza degli edifici di circa 10 – 12 metri, la distanza delle facciate varia da un minimo di 17 metri ad un massimo di 40. Ancora oggi lì, in quegli spazi, i bambini dei nuovi arrivati si rincorrono felici. Nel frattempo, cosa succede a Latina? Si registra un processo di trasformazione del tessuto urbano affidato quasi esclusivamente alla procedura della demolizione-ricostruzione. Da due piani si può arrivare anche a cinque, ovviamente sacrificando i giardini con i relativi alberi. Che succede riguardo ai distacchi fra gli edifici? Per farsi un’idea è sufficiente girare per la città, certamente lungo la circonvallazione, ma si suggerisce anche di visitare la pregiata Lottizzazione Cucchiarelli. La ragione di tanto attivismo è che questi fenomeni esprimono un desiderio di vita in comune, sono la risposta alla solitudine contemporanea. Ci si può guardare da una finestra all’altra, forse ci si può innamorare, mentre si intersecano e si inseguono amorevolmente musiche e odori. Antiche amicizie consentiranno infine di stendere i fili per asciugare la biancheria, da una facciata all’altra, un po’ come a Napoli, nei quartieri spagnoli. Chi scriverà la storia di questi anni scoprirà un affascinante parallelo con la vicenda della Palazzina romana e anche un singolare fenomeno di mutazione antropologica, i ricchi che vivono come i poveri e i poveri come i ricchi, con così tanto sole e tanta aria a disposizione. Intanto nella cronaca quotidiana i giornalisti più attenti sono costretti a registrare comportamenti non sempre virtuosi, quasi sempre questioni private, mirate prevalentemente? al massimo rendimento economico. Si registrano anche delle schermaglie nei consigli comunali, tese, così appare, solo ad inseguire gli eventi e gli ordini del giorno, o a rinviare la questione auspicando una nuova idea per la città. E che ne è del bene comune, delle città e di quei luoghi che dovrebbero favorire l’incontro fra le persone? Che ne è di quella disciplina che ragionava soprattutto sulle questioni sociali e sul disegno degli spazi collettivi? E’ possibile che nessuno voglia sapere o capire se si sono prodotte delle alternative anche qui da noi, a Latina? E’ possibile che i tanti che invece sanno non prendano un’ iniziativa e chiedano, ad esempio, di esporre i progetti dei Piani di Recupero del Centro Urbano, redatti da decine di tecnici locali e che giacciono, tristi e solitari, in chissà quali faldoni. E’ possibile che ci si accontenti di inseguire le singole anguste questioni sui cambi di destinazione d’uso, senza accorgersi, ad esempio parlando del Key, che le norme tecniche prevedono, preliminarmente e obbligatoriamente la redazione di un progetto unitario che riguarda anche gli edifici contigui? E’ possibile che ai tanti che hanno a cuore la realizzazione di una città solidale non venga il desiderio di vedere se per caso qualcuno abbia pensato alla progettazione di nuove piazze,  di nuovi spazi pedonali, di nuovi percorsi ciclabili? Luoghi dove le persone possano incontrarsi liberamente, ascoltarsi, parlarsi e forse anche abbracciarsi? E’ possibile che non si dia un adeguato spazio ai premiati del recente Concorso per la Piazza del Popolo a Latina per illustrare il proprio progetto, per rispondere alle domande dei cittadini, per avviare un sano pubblico dibattito? Tutto questo è possibile, con grande tristezza, ormai da diversi anni, qui a Latina. Tutto questo non si fa e allora bisognerebbe dire almeno, agli studenti di architettura di oggi, di non perdere tempo a studiare la storia delle città, ma di  imparare a fare un piano in più nei loro progetti residenziali, anche quando non è concesso, di non cercare di ascoltare i luoghi, di capire il contesto. Bisognerebbe invitarli a fare sempre lo stesso progetto e a ricercare il costruttore più abile e agganciato, in modo da replicarlo in tutto il territorio comunale, borghi compresi. Noi intanto, studenti di un’altra epoca, continueremo a disegnare gli spazi aperti e a sognare.
Paolo Costanzo, architetto










 ALLEGATI:
1 : assonometria di alcuni Comparti presi in esame, Palazzo M, Oratorio salesiano, isolato del Palazzo K, area delle ex-autolinee, con l’obiettivo di  costruire dei luoghi in sostituzione degli attuali vuoti indifferenziati.
2 – 3 – 4 : sequenza di vedute su via Leone X che evidenziano una ipotesi per una nuova perimetrazione dell’oratorio che riscopra e valorizzi la bellezza dell’abside di San Marco.
Progetto: Arch. Paolo Costanzo – Arch. Paolo Stefano Zenobi