città di fondazione
........Latina, Aprilia, Pontinia, Sabaudia, Carbonia...
Sono le città italiane di fondazione: un progetto urbano edificato su un territorio praticamente vergine. Così nel Rinascimento nacquero Pienza e Sabbioneta, a fine Seicento dopo una serie di terremoti Cerreto Sannita, Noto e Ragusa.
Ma le vere "città di fondazione" sono quelle del Ventennio, fondate dal nulla o ristrutturate dal regime fascista: la bonifica dell'Agro Pontino fu una palestra eccezionale per gli architetti razionalisti dell'epoca. Come rileva Antonio Pennacchi in "Viaggio per le città del Duce", queste 143 città sono l'emblema dell'ordine: larghi viali che conducono al municipio, alla chiesa, alla caserma, alla casa del fascio. Un'architettura moderna e ambiziosa - si pensi all'imponenza dell'EUR a Roma - che prova a collegare la Roma antica e il Bauhaus, saltando a piè pari il Rinascimento e il Barocco, che la cultura dell'epoca riteneva periodi decadenti. Linee semplici e razionali, dunque.
Il regime rispondeva così all'esigenza di sanità pubblica in una delle zone più povere d'Italia: con nuove città intendeva portare uno sviluppo favorevole anche al resto dell'economia del paese. Ora, come giudicare questi agglomerati? Condannare l'architettura come si è condannato il fascismo? O accettare che dal regime sia nato qualche cosa di positivo? Credo sia condivisibile il pensiero rilasciato a Le Monde lo scorso anno da un grande architetto, Massimiliano Fuksas: "Non esiste uno stile fascista, ma solo un'architettura moderna. Si è confuso l'architetto e il fascista. Questa mescolanza di storicismo e Bauhaus era il parto di gente colta".......