giovedì 16 aprile 2015

RECENSIONE. Marilisa Spironello per Massimo Palumbo alla Zisa di Palermo

Massimo PalumboCalips, tecnica mista
2010
30x30x9
ph. by Riccardo Pieroni


“Pensiamo di essere gli unici a parlare, ma io sono convinto che ci sia uno scambio: i luoghi ci danno energia, sensazioni, ricordi, creano situazioni in cui possiamo lavorare, rilassarci, sentirci bene o male. E per come la vedo io, questa è una forma di dialogo. Le città influenzano le nostre azioni e i nostri pensieri, i nostri atteggiamenti e, persino, il nostro comportamento sociale: ci influenzano più di quanto, probabilmente, siamo disposti ad ammettere”.
                                                                                                       Wim Wenders


Dopo il successo di “Noi che non abbiamo tetti”, Mostra che ha avuto luogo presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina, Massimo Palumbo si ripropone con “Vivi”, Personale, a cura di Cristina Costanzo, che vede l’Artista cimentarsi con formule, strumenti e realtà dai contenuti creativamente dialettici - e proprio per questo pregni di una loro suggestiva  originalità - presso i Cantieri Culturali della Zisa, un tempo sede delle famose Officine Ducrot.



C’è da dire, a tal riguardo, che da oltre un trentennio Massimo Palumbo si dedica, e non solo da un punto di vista architettonico, ai rapporti ed ai legami che intercorrono tra organizzazione sociale e midollo urbano, tra oikos ed assetti spazio-temporali, considerati, questi ultimi, sia nei loro processi sincronici che nel loro divenire diacronico. Al centro della recherche ovviamente c’è l’individuo, inteso quale componente imprescindibile dei vari assetti socio-culturali e, conseguentemente, il cittadino che diventa così il fruitore ed, al contempo, il “testimone” di loci e di installazioni, di nicchie e di performances, di riflessione critica e di consapevole  partecipazione interpretativa.
Uno degli scopi primari di Massimo Palumbo è, peraltro, quello di abbattere steccati, valli e recinti che in effetti imprigionerebbero la civitas in un’oscura ed asfittica medioevalità di ritorno, pur concedendo poco, in tale operazione, ad un’invisibilità o ad una transustanzializzazione metaforica di stampo, ad esempio, calviniano; così è ne La fiamma del carabiniere, opera realizzata a Latina in onore delle vittime di Nassyria.
Ritornando a “Vivi” si può dire che tale Personale rappresenti quasi una sfida per l’Artista, volto com’è ad esplorare le stesse condizioni esistenziali dell’ uomo. E gli interrogativi non sono meno inquietanti di quelli proposti, ad esempio, da un Sartre, di un Ungaretti - a cui per molti versi il Nostro è assimilabile - o dallo stesso Virgilio allorché descrive, nell’Eneide, l’angosciante “arborificazione” di Polidoro, figlio di Priamo. Chi siamo? Qual è il nostro destino, ma, soprattutto perché viviamo? Queste sono le domande che si pone Palumbo e le cui risposte sono di fatto “fornite” da un excursus che va da Il caldo vento del ’68 ( il passato dei padri) a I Bianchi, work in progress (in cui, in seno alla bidimensionalità del quadrato, irrompono sinergicamente moduli stilemi tratti dall’ esistere quotidiano) e via via Polvere, Calips, Paesaggio in verticale, Dimenticare Sarajevo etc.

La visione integrale e, saremmo tentati di dire, olistica - pur nella sua“specificità topologica” - dell’Artista la troviamo anche  in altre due opere, vale a dire: Il dardo viola, realizzata nel Parco Ranghiasci in occasione della “XXV Biennale di Scultura di Gubbio” del 2008 e Un naufragio ci salverà, un’ originale installazione presentata nel 1995 in una chiesa sconsacrata di Sermoneta. Del 1992 è, invece, La scacchiera, una creatio dalla coinvolgente geometria minimalistica prodotta per Casacalenda ed in cui il destinatario dell’opus artistico  diviene quasi parte  di un processo di simbiosi deduttiva in seno all’opera stessa.
Il minimalismo del Palumbo è, altresì, il filo d’Arianna che ci fa da guida lungo il suo lungo itinerario artistico; e ciò insieme alla sua indiscussa empatia per l’Arte povera (anche a livello di design), testimoniata dall’impiego di materiali quali ferro, legno, rame, stoffa, oggetti di recupero e così via.
La Weltanschauung neo-concettualistica di Massimo Palumbo ha fatto sì, insomma, che il microcosmo, nello stesso tempo riflessivo e creativo, sfociasse nell’ermeneusi di quel macrocosmo oggettuale fatto di “prodotti” urbanistici e di inventiones architettoniche, di estetiche ambientali reinterpretate secondo una poetica dal gusto, in ogni caso,  zetetico e di espressività corale non aliena da referenti politici e da suggestioni etiche. Vera pietra di paragone dell’arte palumbiana è, in sostanza, quel felice ed organico assemblamento tra Public Art ed Environment Creativity, tra teoresi, diremmo quasi noetica, e prassi “escavatrice” del manufatto urbano ed ambientale, che, appunto, in quanto vissuto e, perché no, (ri)visitato dalla presenza umana, diviene momento dialogico e di confronto ai fini di un’estetica tale da restituire al concetto di civilitas il suo autentico significato originario di “voce” della comunità!
Concludendo, quello che ci colpisce di più in “ Vivi” è la tensione morale di cui è permeata, sotto tutti i profli, l’opera del Palumbo il quale attua, in tal senso, un mirabile recupero focale e motivazionale delle radici stesse del nostro vivere. Quest’ultimo non è infatti “azione in movimento” (o solo questo) ovvero meccanicistico ed anonimo problem solving. Il “vivere” palumbiano è, al contrario, Esistenza fatta di Esperienza ed Emozioni, di Partecipazione e Solidarietà umana, di Arte e Libertà!

                                                                                                              Marilisa Spironello


30.09.2013







Massimo Palumbo
Vi toccherà prima o poi scrivere i vostri libri, installazione, 
2013
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ph. by Riccardo Pieroni



 
Massimo Palumbo
Il caldo vento del ’68,  installazione,
2013
100x100
ph. by Riccardo Pieroni




martedì 14 aprile 2015

buon vento


                                            

                                        "...facciamo nostra la trasversalità  e il piacere delle contaminazioni sia linguistiche che dei materiali, ed il  nostro  operare si andrà a caratterizzare dall’estrema semplicità con cui  utilizziamo i materiali poveri e di scarto  senza mai dimenticare che l’arte e l’architettura  sono discipline dove la memoria gioca un ruolo fondamentale e i  territori su cui si configurano sono luoghi dello spazio della memoria...
E' questo un passaggio  che nel tempo, ho fatto mio e che per scelta mi fa da specchio e mi piace riportare  nei momenti significativi del raccontare.......
" mp.




PREMIO 
"Oasi d'Arte-Art's Oasis"
Petrosino_Trapani
 

buon vento...
un antico augurio per i marinai che, navigando a vela, avevano bisogno di un buon vento per i loro viaggi e spostamenti ma, metafora ed augurio per noi tutti e per le genti di Petrosino nel caso particolare.
Un gesto semplice, un foglio di carta da piegare, quasi un origamo, a rappresentare  l'eterno ciclo vitale che il rispetto delle tradizioni mantiene vivo: il microcosmo di Petrosino, la sua storia. Un gesto semplice per un segno forte da porre in essere sul Lungomare Biscione, area Piattaforma.  La Piattaforma da dove spiccherà il volo il nostro foglio di carta piegato e ripiegato. Si è scelto questo sito perchè meglio ci è sembrato possa rappresentare la volontà di valorizzare  l'ambiente naturale di Petrosino ed il rapporto con il mare nella logica di poter sempre più esaltare la qualità dello spazio preso in considerazione. Due grandi vele in lamiera stirata trovano punto di ancoraggio a pochi metri dal lembo in cui il terreno va a degradare verso il mare. Le vele assumono una notevole forza ed impatto visivo per chi andrà a passeggio sul lungomare Biscione e tale area assumerà punto di riferimento e luogo d'incontro. Disposti a semicerchio, a sottolineare la presenza forte del segno posto, sono collocati a raggiera 5 blocchi in pietra a mo' di basi su cui potersi sedere e lanciare lo sguardo verso... la vicina Africa. 
In questa fase non è prevista una particolare pavimentazione. In una prospettiva poveristica e minimale, il luogo ha già ridisegnato un proprio carattere. Siamo convinti che il rapporto tra città e l'arte può essere una buona chiave di lettura che accompagni un territorio nel processo di riqualificazione urbana partecipata. Arte come riscatto sociale, rispetto al deserto culturale delle città contemporanee, molto spesso periferie anonime, fatte di vuoti urbani e luoghi pubblici non luoghi.
Petrosino buon vento...!  e l'occasione questa, per un territorio dalle grandi valenze agricole, ad aprirsi alla cultura del mare... presente da sempre.
massimo palumbo


__dalla relazione che accompagna il progetto, risultato tra i vincitori del PREMIO OASI.
marzo2015


giovedì 2 aprile 2015

INTERVISTA A MASSIMO PALUMBO di Valentina Lucia Barbagallo




INTERVISTA A MASSIMO PALUMBO
di Valentina Lucia Barbagallo


V.L.B._Chi è Massimo Palumbo?
....più facile parlare degli altri, terribilmente difficile parlare di se stessi. Comunque sono ed opero per il piacere delle contaminazioni sia linguistiche sia dei materiali e mi affascina la ricerca di nuovi orizzonti interpretativi dei territori e dei paesaggi. Mi interesso d'architettura per l'arte e amo l'arte per l'architettura.
V.B._ Quali sono i suoi punti di riferimento nel mondo dell’arte?
Limitandoci a un contesto più vicino a noi i nostri paletti sono Duchamp, Manzoni, Le Corbusier, Burri, Kounnelis, Crispolti, Staccioli e Achille Pace.
V.L.B._ Il MAACK Museo all’Aperto di Arte Contemporanea Kalenarte, con sede a Casacalenda da quali presupposti nasce e che “identità” ha assunto nel corso degli anni?
Nasce alla fine degli anni „80 del secolo scorso, una vita. Nel 1989 un incarico di arredo urbano viene da me tramutato in una occasione per rileggere da una prospettiva diversa i luoghi di un piccolo paese del Molise, Casacalenda. Quindi il compito di scegliere panchine ed altri oggetti per la comunità viene lasciato alle strutture comunali. Ho proposto invece all'amministrazione una scommessa, comunque un percorso più lungo e complesso: follia, utopia? non saprei. Con l'aiuto dell'arte si è dato il via ad interventi di microchirurgia, potremmo dire, direttamente sul tessuto urbano. Una attenta lettura della storia dei luoghi, in un'ottica di circolarità progettuale tra Architettura ed Arte ci porta a capire i siti ma anche a reinventare o ad innestare nuove storie.
Casacalenda in questo modo andava ad aprire una finestra sul mondo nel segno della contemporaneità. Si da così il via a quello che nel tempo sarebbe diventato il Museo all'Aperto e a quello che oggi chiamiamo MAACK Museo all‟Aperto di Arte Contemporanea Kalenarte.
Tante le presenze e numerosi gli interventi illustri del mondo dell'Arte Contemporanea: Nagasawa, Lorenzetti, Varotsos, fino a giungere ad oggi con le opere di Baldo Diodato e Nelida Mendoza. Un Museo che colleziona venti interventi sparsi e inseriti tra le pieghe del territoio, un‟operazione “in between”, dove le opere vanno trovate, cercate e capite nel senso del luogo. Arte Ambientale, ebbe a dire Enrico Crispolti, non ambientata e noi andiamo fieri di questa particolarità che fa del MAACK di Casacalenda un'eccellenza tra i tanti parchi di scultura oggi disseminati anche in Italia.
Non sono sculture fini a se stesse ma interventi fatti e pensati a Casacalenda, che ne respirano l'aria, il senso e raccontano i valori antropologici della presenza dell'uomo in quei territori. Questa a mio parere l'identità, particolarità e qualità che viene riconosciuta al nostro progetto oltre ad un altro valore, non artistico ma altrettanto importante. Quando si è costretti a lavorare, a fare arte e fare sponda tra persone vere, vive, e le istituzioni diventa importante il senso e il valore della condivisione. Fa piacere allora sentire dire da visitatori che si confrontano con il museo: "...Casacalenda, una storia di arte contemporanea cresciuta in una contesto di civile condivisione...". Penso che sia questo il più bel complimento o attestato di qualità che si possa fare, oltre l'arte, ad una comunità grande o piccola che sia.
V.L.B._Limiti e potenzialità di questo tipo di progetto realizzato in Molise.
I limiti. Ma cosa dire, difficile. Naturalmente sono molti i riconoscimenti che il progetto ha avuto: dall'essere stato considerato tra i LUOGHI del Contemporaneo 2012 in una ricerca voluta dal MIBAC - Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanea - alle tante tesi di Laurea condotte in diverse Università
Italiane. È opportuno ricordare che parliamo di un progetto nato in un piccolo paese e che nel tempo ha saputo porsi all'attenzione a scala nazionale. Sicuramente è un progetto che gode di importante considerazione e per quanto riguarda l'arte contemporanea rappresenta un‟eccellenza nel Molise. Non dobbiamo dimenticare le potenzialità di Campobasso in qualità di capoluogo di regione e sede di eventi come la Mostra, a cura di Lorenzo Canova, dedicata a Gino Marotta; né è secondario il ruolo di Termoli, sede del glorioso Premio Termoli.
Potremmo anche pensare che, dopo venti interventi e ventiquattro anni d'impegno, Kalenarte abbia esaurito la sua carica eretica ma il progetto ha avuto un‟evoluzione notevole e, tornando indietro nel tempo al momento della scommessa e del sogno, ci rendiamo conto che grazie ai valori della continuità e della condivisione, Kalenarte può costituire anche uno straordinario volano di crescita locale e, andando oltre l'Arte e la partecipazione degli addetti ai lavori, stimolare valenze di microeconomia del territorio. È proprio il Museo all'Aperto - insieme all'arte, alla storia, alla cultura e alla bellezza dei luoghi in cui esso si sviluppa - che ci suggerisce cosa fare, dove andare. Elementi tutti, che messi con sapienza in rete, diventano altro e possono trasformare il quotidiano di un territorio. Qualcuno diceva che con la cultura non si mangia. Invece, forse, è proprio questa la potenzialità del MAACK e del nostro progetto a Casacalenda nel Molise.
V.L.B._C’è stato un evento o un incontro in particolare che ha segnato una svolta nella gestione e direzione di MAACK Museo all’Aperto di Arte Contemporanea Kalenarte?
Sì, riportando i piedi in terra e i pensieri sull'oggi posso dire che, come è normale per tutte le cose umane, il progetto dava il fianco ad ombre e dubbi tra la gente, tra chi inizialmente con incredulità vedeva giungere artisti che non sempre riuscivano ad entrare immediatamente in sintonia (non tutti avevano la capacità di saper coinvolgere...). Tra tutti desidero citare Costas Varotsos che riuscì a fare del “Poeta” nel bosco un‟opera collettiva in cui in tanti in paese ritrovavano se stessi, la loro partecipazione, il loro coinvolgimento e la loro fatica. L‟opera di Costas Varotsos sicuramente segnò una svolta per il progetto. Importante sul piano culturale e sotto il profilo del riconoscimento della qualità complessiva del progetto il Summer Camp del 2008 promosso dall'Università di Siena e dai Professori Enrico Crispolti e Massimo Bignardi che, con il Corso di Specializzazione in Storia dell'Arte Contemporanea, hanno realizzato a Casacalenda una settimana di lavoro con indagini e ricerche sui luoghi. Significativa anche la presentazione del Catalogo del Ventennale del progetto tenutasi in Campidoglio, nella sala della Protomoteca, su invito del Comune di Roma.
V.L.B._Che pubblico frequenta le vostre iniziative?
Sicuramente una fruizione trasversale, dagli studenti delle scuole superiori del territorio ad un pubblico vario e diversificato. Il turismo dell'arte e non solo.
V.L.B._ Come definirebbe il panorama artistico della regione Molise? Esiste una rete o un sistema dell’arte, insomma, si fa un gioco di squadra o da solisti?
A volte abbiamo la sensazione di essere soli, altre volte il piacere di sentirci in rete. Direi che, a parte qualche eccezione, la struttura è complessivamente debole: le dichiarazioni d'intenti vanno nella direzione di un sistema che fa rete o che dovrebbe far rete ma, in effetti, poi questo non avviene. Campobasso come città esprime delle qualità, penso al progetto Fuoriluogo, la mostra internazionale giunta quest‟anno alla sedicesima edizione e alla seconda delle Residenze d‟Artista Vis a Vis nei piccoli borghi del Molise e all‟ARATRO, intuizione del critico e storico dell‟arte Lorenzo Canova presso l‟Università degli Studi del Molise. Per contro abbiamo il Maci - Museo d‟Arte Contemporanea di Isernia, con la sua importante collezione, ma museo che direi fantasma che, per quanto ne sappiamo, non propone eventi da circa due anni; o alla storica Galleria Civica d‟Arte Contemporanea di Termoli con la sua straordinaria collezione sull‟arte degli anni Sessanta,
Galleria che però vive una volta l‟anno e solamente in occasione del Premio. Questo il Molise oggi, ospitale e fertile che però non affiora, come dice l'amico Paolo Borrelli, così come non emergono a volte gli sforzi e le intuizioni di quanti, negli anni, hanno fatto in modo che lo attraversassero molte tra le più interessanti personalità artistiche internazionali. L‟arte contemporanea nel Molise oggi necessita di politiche culturali di grande respiro; l'esistenza e la presenza della Fondazione Molise Cultura vuole e impone una sua presenza forte senza tentennamenti come motore propulsivo per idee, creatività e crescita. L'augurio che facciamo come MAACK è che possa partire quanto prima una seria programmazione culturale capace di mettere a sistema e valorizzare quanto il territorio già esprime.
V.L.B._ Quest anno molti musei hanno dedicato mostre al “Paesaggio”, anche il MAACK. Il prossimo 3 maggio, infatti, inaugura “L’arte del Paesaggio ovvero del connubio tra Cultura e Natura, a cura di Cristina Costanzo. Ci parli di questo progetto.
È vero, recentemente molti musei hanno dedicato mostre al “Paesaggio”. Noi non abbiamo fatto mostre ma in verità è da qualche tempo che giriamo intorno alla parola "Paesaggio" anche in epoche non sospette, direi da sempre e in particolare da quando nel 1992 Patrizia Ferri ha portato a Casacalenda Hidetoshi Nagasawa; da allora il nostro sguardo è rivolto a quanto circonda i siti cui ridare anima come “Terravecchia”, l‟area più antica di Casacalenda. Ma è anche il caso di Francesco Moschini, l'attuale segretario generale dell'Accademia di San Luca, che a Casacalenda ha parlato di "non luogo" in riferimento al sito della Montagnola scelto da Carlo Lorenzetti per il suo “Arcobaleno”, a cui fa sfondo il paesaggio che lieve va verso l'Adriatico. Ognuna delle venti opere del Museo ha il suo "Paesaggio" cui far riferimento fino a giungere all'ultimo intervento di Nelida Mendoza, Straculatore/Sc_trecuelétóre che somma i tanti valori del "Paesaggio". Quest'anno in particolare, con il contributo critico di Cristina Costanzo, l'approccio è avvenuto attraverso una maggiore attenzione al "paesaggio" e al suo senso più intimo coniugato alla ricerca di momenti di stupore. “L’arte del Paesaggio ovvero del connubio tra Cultura e Natura", dice Cristina Costanzo, Curatrice dell'edizione 2014 di Kalenarte, è stata occasione significativa per ribadire che il paesaggio non va inteso solo in una accezione estetica, come un ideale di bellezza, ma piuttosto come elemento imprescindibile nella definizione della qualità della vita delle popolazioni. Espressione delle diversità culturali locali e fondamento identitario. Devo aggiungere che il progetto di quest'anno si rivela di grande qualità su un piano scientifico ed artistico. Il nostro grazie doveroso va a quanti hanno collaborato alla costruzione di questo tratto di strada.
Per quanto riguarda Voi i complimenti a Balloon per il lavoro che svolgete con grande serietà e qualità, il piacere di poterci ritrovare a Casacalenda tra le pietre e i materiali del MAACK. Grazie


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_by Balloon 14.05.2014


giovedì 18 dicembre 2014

LIX PREMIO TERMOLI




LIX PREMIO TERMOLI



MASSIMO PALUMBO
Senza Titolo
1991
tecnica mista stoffe e pigmenti su legno
40x60
Proprietà Collezione Gall.Arte Moderna e Contemporanea Termoli



Massimo Palumbo  da "I Bianchi-- Sovrapposizioni" 1992. Tecnica mista con applicazioni di tele e sacco su tavola . cm65x60. 
Termoli, Sala Consiliare.
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Si intitola ‘Il Premio Termoli in Comune’ l’iniziativa che vede l’affissione di alcune opere del Premio Termoli nella Sala Consiliare del Comune di Termoli. Iniziativa volta a sottolineare la volontà di valorizzazione del Premio Termoli da parte dell’attuale Amministrazione Comunale.
“Abbiamo selezionato opere di artisti molisani – spiega il sindaco Angelo Sbrocca – perché crediamo che abbiano dato un forte contributo alla storia del Premio Termoli e siamo convinti che l’arte in generale e in particolare il Premio Termoli possa essere una risorsa primaria per la nostra città, da un lato per attrarre turismo, dall’altro per donare bellezza ai termolesi che sono i veri proprietari delle opere”.
La scelta di esporre le opere del Premio Termoli in Sala Consiliare è solo una delle azioni previste per valorizzare il patrimonio artistico della città di Termoli.
 

Ecco le opere scelte per la sala Consiliare.
Achille Pace ‘Punti nello spazio’
Luigi Petrosino ‘Ascesa azzurra’
Dante Gentile Lorusso ‘Frammenti’
Ettore Frani ‘Senza titolo’
Nino Barone ‘Senza titolo’
Mario Serra ‘Senza titolo’
Ernesto Saquella ‘Albeggiare (frammento)’
Massimo Palumbo ‘Da “I bianchi” sovrapposizioni’
Paolo Borrelli ‘Corsi di vuoto’



....un onore ritrovarsi tra le opere esposte per il 
LIX PREMIO TERMOLI.

sabato 1 novembre 2014

poi capita di ritrovare





 ............poi capita di ritrovare tanti, tanti anni dopo un amico...bentrovato Lello, che piacere !
 Latina 30 Ottobre 2014
 


 Latina 1957
  Latina 1960