...rimettendo ordine alle carte ho avuto modo di rileggere alcuni pensieri di Paolo Costanzo, a margine del libro presentato lo scorso marzo..ed era il 2023 presso la Sala Eventi del MUUG a Latina in via Oberdan..
Grazie Paolo!.
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Per Massimo
Ho avuto per le mani questo piccolo libro alcuni giorni fa, appena stampato e Massimo forse si aspettava un riscontro, un qualche commento nei giorni successivi.
Il fatto è che in queste pagine ci sono un sacco di cose, temi su cui tante volte ci siamo confrontati, talvolta concordando i giudizi, altre volte esprimendo opinioni diverse.
Poi volevo anche rispettare l’ordine stabilito per la presentazione di oggi, riservandomi comunque un commento.
Quindi un sacco di cose, come quelle già emerse dalle osservazioni di chi mi ha preceduto.
Una serie di temi disposti non in modo lineare, secondo uno sviluppo temporale, ma intrecciati fra di loro.
Temi, alcuni di quelli descritti, che vorrei però mettere in ordine.
Littoria, progettata da Oriolo Frezzotti nel 1932, scrive Massimo, è “una città con una sua fisionomia e una sua peculiarità, una visibile razionalità, superfici lisce, disadorne, squadrate … con spazi urbani geometricamente delimitati …
Piazza del Littorio, Piazza del Quadrato e Piazza Savoia sono ben proporzionale in rapporto al tessuto urbano ed al territorio.
E poi aggiunge che “in questa fase la concezione rinascimentale di Frezzotti risulta sufficiente, mentre non altrettanto si può dire per l’ampliamento del 1935”.
Latina, la città attuale, secondo Pier Luigi Cervellati “un disordine pianificato” e secondo Massimo “uno scempio iniziato negli anni ’50 … una città priva di immagine, di riferimenti simbolici, di architettura di qualità … con porzioni di città, le periferie vecchie e nuove, sempre più anonime e alienanti …Un non luogo generalizzato, dal centro alla periferia … una città che sta morendo”
Ora, se in queste pagine del libro Massimo ci restituisce delle verità amare, qui non le elenca come un inerte e triste deposito del passato, ma come memoria viva che vuole condividere, perché sia lievito e spunto per un presente diverso.
Qui emerge il suo carattere distintivo, quello di un intellettuale militante, che si interroga sul “valore etico di essere architetti nella società” e sui modi per concretizzare questa assunzione di responsabilità.
Pur consapevole di far parte di una generazione di architetti saltata, come lui spesso ha voluto ricordare, Massimo, con grande energia, non ha mai mollato e non si è mai fermato, né a Latina, né nella sua Casacalenda.
Se, come lui afferma, “il nostro è il territorio delle attese continue, della speranza infinita, del tempo sospeso e delle tante occasioni mancate … se non si opera per progetti di grande respiro, non si vola alto, non si sogna, non si progetta per la collettività…
Se tutto questo, lui non si rassegna. A pagina 90 ci descrive un sogno, l’inaugurazione del MACL, il Museo di Arte Contemporanea di Latina, lì nel Q5.
Un progetto capace di comunicare nuovi contenuti e nuovi significati, un’architettura che ha immaginato abitata dalle opere di alcuni dei suoi compagni di strada: Jannis Kounellis, Mauro Staccioli, Eliseo Mattiacci…
In questo testo Massimo ha taciuto sulla sua produzione artistica, ma credo che lì sia chiara ed evidente la coerenza verso la responsabilità etica di un mestiere.
Alcune delle sue installazioni ci parlano in maniera esplicita e diretta di drammi e di problemi sociali, talvolta ricorrendo anche ai filtri dell’ironia e del paradosso.
Poi era inevitabile, per una evidente analogia con il MACL, che spendesse alcune parole per ricordare il suo MAACK di Casacalenda, uno straordinario Museo di Arte Contemporanea all’aperto, inaugurato nel 1992, che ha ricucito il presente con il passato…
E ancora Hangar 3.0, il suo coraggioso progetto, vincitore del Concorso di idee per Piazza del Popolo a Latina, dove ha avuto la possibilità di dimostrare le sue notevoli capacità come architetto, che si batte per realizzare un sogno…
Se in una vita activa l’intellettuale non rinuncia a cambiare il mondo, non rinuncia almeno a provarci, sia nelle rare occasioni che gli vengono offerte, sia in quelle che lui si inventa,
se l’intellettuale deve avere sempre il coraggio di dire: parlare quando gli altri tacciono e tacere quando gli altri parlano, con questo libro, ancora una volta, Massimo c’è.
A pagina 136 scrive: Sicuramente mi sarebbe piaciuto parlare ai giovani, rivolgermi a loro e li avrei invitati a guardare all’Architettura come valore etico nella società e a non rinunciare mai all’unico valore che fa comunque la differenza con altre categorie professionali: il valore della cultura del progetto, la ricerca del nuovo ed inseguire sempre l’utopia… essere comunque e sempre visionari.
Paolo Costanzo – 4 febbraio 2023