opere
una....pagina bianca di MASSIMO PALUMBO una pagina bianca di MASSIMO PALUMBO ....dover scrivere,disegnare, appuntare un qualcosa.... dare inizio ad una idea,ad un progetto.. e per un motivo o per un altro,essere completamente a corto di idee. Una relazione, un testo scritto, un articolo di giornale e ci troviamo davanti al foglio bianco senza sapere come iniziare...qualcuno ha già detto la sindrome del foglio bianco...
martedì 23 ottobre 2012
venerdì 28 settembre 2012
wilmotte per piazza del popolo a latina
...l'ultima proposta per Piazza del Popolo a Latina 2006
Progetto per Piazza del Popolo a Latina 2006 –
Architetto Wilmotte
Il progetto vuole assolvere all’esigenza di valorizzare il patrimonio artistico e architettonico con la sistemazione dell’assetto urbano, Piazza del Popolo riveste un carattere di spazio urbano storico a cui si attribuisce il valore simbolico della fondazione di Littoria. La sua composizione estremamente rettilinea evidenzia completamente l’impianto urbano. Uno spazio longitudinale che proprio grazie alla sua forma svolge un ruolo di fusione tra la più austera Piazza della Libertà e la Piazza dei Bonificatori. Il progetto mette in risalto la vita collettiva e il pedone ne sarà il principale fruitore. Questa idea di assetto urbano alimenta una composizione dello spazio realizzata attraverso l’inserzione di una serie di linee parallele, proiezioni a terra delle arcate della Piazza del Popolo e facilmente riconoscibili grazie all’uso dei materiali quali il mattone e il travertino. All’interno di questo schema l’avvicendarsi di elementi minerali, vegetali e acquatici, si alternano senza soluzione di continuità. Gli spazi verdi, infine, hanno una funzione specifica a seconda della scala del progetto: comfort per l’ombra, definizione dello spazio per l’individuazione di prospettive e degli assi visuali.
Notizie tratte dalla rivista “Ego” , N. 1 - 23 gennaio 2008.
mercoledì 26 settembre 2012
salvatore parziale per piazza del popolo a latina
intervista a
COSTAS VAROTSOS
di Giorgio Bonomi
La monumentalità contemporanea della scultura di Costas Varotsos. Colloquio di Giorgio Bonomi con Costas Varotsos
da
TITOLO
Rivista scientifico-culturale di arte contemporanea
Giorgio Bonomi Ho sempre pensato che, forse, tu esprima il meglio della tua poetica nella grande dimensione. Anche quando le sculture devono essere collocate in luoghi ristretti, come gli spazi delle gallerie, quelle non possono non “riempire” tutto l’ambiente. Il problema è, quindi, lo spazio. Questo è il “materiale” apriori della scultura, la quale è posta in un luogo che così viene modificato ma che, a sua volta, modifica l’opera stessa.
Le tue sculture pubbliche hanno questa forza: cambiano l’ambiente ed esse stesse sono “definite” – dopo il tuo lavoro – proprio dal sito, da ciò che qui avviene: per esempio Runner, posta in Piazza Omonia ad Atene, del 1988 o Anelixis del 1992, sempre in Atene in Piazza Interamerican, hanno già in se stesse una grande forza di movimento centrifugo, ma è proprio il traffico che si svolge là attorno che definisce e accresce la forza del movimento intrinseco alle opere.
Costas Varotsos La dimensione di un lavoro dipende sempre dalle relazioni che stabilisce con le altre dimensioni che puntualizzano lo spazio intorno. Non si tratta di dimensioni numeriche ma di dimensioni che nascono dalla stratificazione storica e culturale dello spazio su cui devo intervenire: nella scultura è importante lo spazio intorno e l’energia che riesce a trasmettere, diventando parte della stratificazione storica e culturale del luogo dove è collocata.
Nella galleria le cose sono diverse: qui non c’è la dimensione dell’opera permanente. Le gallerie sono frequentate da un pubblico che è direttamente interessato all’arte per cui il dialogo è diverso da quello con il grande pubblico della città o della campagna.
Certo, nelle gallerie e nei musei mi diverto molto e mi sento più sicuro: ho vicino gli amici! Nello spazio pubblico, invece, sei da solo con il reale quindi anche più libero, infatti il tuo sguardo spazia libero cercando limiti dove aggrapparti e di diventare pure tu parte di quel reale. Senti il vento, la roccia, il mare, gli alberi, i palazzi, la gente che passa, le macchine, tutto è vivo, reale; cambia in continuazione, devi lavorare come un velista che cerca di trovare una sintonia con le forze in movimento ed usarle per arrivare all’obiettivo. Allora le dimensioni sono una cosa che nascono da tutto questo.
GB Le opere come Runner (Il corridore), oltre alla Nike di Samotracia, che appartiene al patrimonio visivo di tutti gli uomini ma ancor di più al tuo, essendo greco, mi ricordano moltissimo le immagini di Boccioni negli Stati d’animo, dove la figura diviene la personificazione del moto.
CV Il corridore di Atene è nato nel 1988 , un periodo, devo dire, ottimista per la Grecia dove si sognava un futuro migliore; ed inoltre era un periodo in cui avevo intuito che il pensiero analitico della ricerca, anche se obiettivamente giusto, arrivava ai suoi limiti. Credevo che la sintesi dei frammenti della rivoluzione industriali fosse l’unica maniera per ritrovare un nuovo rapporto con il reale. Negli ultimi cento anni abbiamo creduto che il pensiero analitico ci avrebbe portato a sistemi di pensiero che, applicati alla realtà, ci avrebbero salvato, purtroppo erano condannati, con nostra grande delusione, al fallimento e a creare in politica grandi disastri. Il corridore non voleva esprimere un’analisi del movimento di una figura nello spazio ma la sintesi dei frammenti in un nuovo movimento, cioè il contrario del futurismo.
Per Il Corridore l’obiettivo era spostare l’energia fuori dal lavoro che, allora, diventava un pretesto. Nelle città guardiamo le cose con la zona periferica dei occhi, raramente leggiamo le cose, piuttosto ... le sentiamo, quindi il lavoro non deve raccontare una storia, ma deve diventare la storia e fare parte dello spazio: dovrebbe nascere dallo spazio e non mettere nello spazio un’idea, anche se obiettivamente giusta, così solo ha delle speranze di diventare veramente un’idea e non una ideologia.
GB Recentemente, nel 2010/2011, hai dato corpo ancora più evidente alla forza dell’energia, penso a Tension-Energy, realizzata a Lucerna in Svizzera. Qui, un’alta asta appena piegata per la tensione e una lunga corda che va a raggiungere una sorta di parabolica, ben rappresentano l’energia, senza la quale non ci sarebbe movimento, in quell’attimo prima che questo abbia inizio.
CV Il lavoro a Lucerna era il quarto lavoro di grandi dimensioni che ho fato in Svizzera. La Svizzera è un paese molto particolare: infatti, dietro la sensazione di un’organizzazione perfetta, c’è la difficoltà di controllare lo spazio, di unire due punti nello spazio; per loro è una tragedia, mentre per noi è molto più facile. Pure politicamente la Svizzera, sebbene abbia un perfetto sistema di democrazia diretta, poi arriva alla disperazione, per la difficoltà di arrivare da un punto all’altro a causa del complicato sistema di leggi analitiche che impediscono il rischio e il superamento dei limiti. Penso che sia un paese in cui, dietro al silenzio, c’è una grande tensione, una grande energia. Ecco: proprio questa grande energia e questa tensione avevo in mente quando facevo il lavoro che era assai complicato tecnicamente per le sue dimensioni e le terribili condizioni climatiche che ci sono in questa area, specialmente d’inverno.
GB Veniamo ai materiali. Tu li usi di vario tipo, dal vetro al ferro, dalla pietra alla plastica ed altri ancora, ma è soprattutto il vetro il tuo materiale d’affezione. Perché è “trasparente”, quindi “puro” e tale che non consente inganni? Perché non è così malleabile come gli altri? E poi, non essendoci una grande tradizione in Grecia relativa al vetro, ma anche nel resto del mondo, per la scultura non ti dimostri “innovatore” anche in questo?
Sei talmente “padrone” dei materiali che non solo li ambienti con grande forza nelle piazze, nei luoghi urbanizzati, ma riesci a fonderli, senza alcuna tentazione naturalistica, nella natura; penso soprattutto a due lavori che, con sicurezza, possiamo definire “capolavori”: il suggestivo Il Poeta del 1997 a Casacalenda (CB) e La Morgia del 1996/97 a Gessopalena (CH), questo vede l’unione, in maniera straordinaria, di due pezzi di montagna, spaccata con una forma a V dalle bombe durante la II Guerra Mondiale, con lunghe assi di vetro, che in tal modo diventano non solo una sorta di eccezionale “restauro” della montagna, ma anche un emozionante pezzo di cielo.
Ma ricordo l’incantevole Horizon del 1996, in cui abbiamo un prato solitario davanti al mare su cui, in linea retta, si posizionano numerosi “tondi” di ferro riempiti per metà con liste di vetro, creando una simbiosi tra cielo, mare ed opera, i quali così si con-fondono e ci impediscono di capire bene dove sia la natura e dove l’artificio.
CV Quando ho fatto, la prima volta nel 1983, Il poeta, a Cipro con la fondazione DESTE, credevo di essere l’unico artista che lavorava il vetro, ma quando più tardi sono andato a New York ho scoperto che esistevano molte gallerie che esponevano artisti che usavano il vetro. Io non ho niente a che fare con la loro maniera di lavorare il vetro; cercavo, molto prima del vetro, di trovare il modo di usare lo spazio come materiale, infatti avevo nella mente allora l’infinito concreto, erano gli anni ‘70 e vivevo vicino Pescara a Francavilla al mare, e pensavo che dietro e davanti al quadro non ci fossero spazi da conquistare ma spazi da unire in un terzo livello, quello dell’infinito concreto, attraverso un processo sintetico. Il vetro è arrivato con Il poeta attraverso un processo analitico: il poeta è fragile, il poeta è pericoloso, il poeta è suicida, il poeta è esplosivo, il poeta è energia, il poeta è spazio, allora il materiale “vetro” è arrivato come un contenitore di spazio che attraverso la stratificazione temporale mi ricreava di nuovo l’equilibrio spazio-tempo. È stata un’esperienza magnifica perché vedevo davanti a me nascere quello che avevo sognato a Francavilla al mare, cioè proprio ritrovare l’equilibrio tra lo spazio e il tempo. Credo che dopo la rivoluzione industriale abbiamo avuto una temporalizzazione dello spazio, perdendo, contemporaneamente, quell’equilibrio e dando una eccessiva importanza al tempo. Con Il poeta ho visto che era di nuovo possibile ritrovare la sintesi. Inoltre vorrei dire che non mi sento “innovatore”, quanto piuttosto “ritrovatore”.
Parli degli Orizzonti: sai che vengo da una cultura agricola-pastorale, per la quale l’orizzonte è un limite che puntualizza lo spazio. Il primo Orizzonte è nato a Salonicco nel 1990, in un periodo in cui si cominciavano a scorgere i limiti delle ideologie, era un periodo di crescita ma anche di malinconia per le certezze perdute, tuttavia, se per molti era una tragedia, per me era un “orizzonte” che mi appariva davanti e che cercava un significato, era il “niente”, poi è venuta La Morgia. Mi hanno chiamato a fare un lavoro in quel paesaggio bellissimo e mi era molto difficile scegliere sia il lavoro che il posto; questo era così bello che non osavo toccarlo, ero pronto a rifiutare la commissione ma, quando ho visto La Morgia, ho chiesto informazioni e mi hanno detto che la fessura nella montagna era stata causata da un’esplosione durante la Seconda guerra mondiale: allora ho detto aggiustiamo il danno fatto!
Devo però dire che sono stato fortunato perché ho trovato persone molto sensibili nella zona, come Antonio Delaurentis, che mi hanno aiutato moltissimo nella realizzazione dell’opera; Giorgio Persano, poi, ha sintonizzato la produzione del lavoro e molti amici hanno collaborato.
La Morgia era una sintesi di tanti pensieri e tante persone, era la realizzazione dell’opera totale che cercavo da molto tempo. In un modo magico, vicino al vento e alla montagna e con la storia reale, io, la gente dei piccoli paesini e gli amici abbiamo guidato una nave e siamo passati tutti insieme dall’altra parte: così siamo diventati persone migliori dopo questo lavoro.
GB Credo sia giusto sottolineare, per finire questo nostro bel colloquio, che con la crisi del “monumento” tradizionalmente inteso, molti artisti anche tra i più bravi non riescano, nelle opere pubbliche, a superare la semplice collocazione di un lavoro “prelevato dallo studio”, tu invece fondi città ed opera, natura e scultura, dove, come già abbiamo detto, l’opera modifica l’ambiente ma l’ambiente modifica anche quella, così alla consapevolezza del creatore si aggiunge la casualità del tempo e dello spazio, in una forte monumentalità contemporanea, o no?
CV La monumentalità oggi dovrebbe acquistare un diverso rapporto con la realtà sociale: è finito il periodo delle idee che provenivano dall’analisi della realtà, cercando così una verità che ci dovrebbe salvare! Abbiamo capito che la rappresentazione delle idee che il Rinascimento ci ha permesso di esprimere non sono sufficienti per organizzare la nostra realtà, era una “vittoria” verso l’equilibrio ma non la soluzione. Con l’ottimismo della rivoluzione industriale abbiamo dimenticato l’equilibrio tra il reale urbano e il naturale, è questo un obiettivo che bisogna cercare piuttosto nel Medioevo. Questo valore platonico non lo ha sottovalutato il Rinascimento e lo ha portato all’era moderna come valore assoluto. La verità si nasconde dentro le cose nella società, nella natura e nelle persone e non fuori.
Oggi la monumentalità dovrebbe trovare la sua dimensione politica, dovrebbe nascere dal reale e, con il reale, acquistare di nuovo la sua dimensione di equilibrio dello spazio-tempo, per non essere vomitata dalla realtà che vomita oggi qualsiasi cosa che cerca di manipolare ogni valore reale che le appartiene: la manipolazione oggi è nuda!
Il Poeta 1997
Costas Varotsos
foto by Kerem
1997
Il Poeta 1997
Costas Varotsos
foto by Loretta Isotton
2012
vittorio d'erme per piazza del popolo a latina
........proposte, progetti per Piazza del Popolo a Latina
La "stoà" di Vittorio D'Erme
Progetto per Piazza del Popolo a Latina 1985 –
Arch. Vittorio D’Erme
Nel 1985 l’architetto Vittorio D’Erme formula, progettista del Piano regolatore di Latina insieme ad altri professionisti, elabora una proposta spontanea per la pedonalizzazione di Piazza del Popolo.
Si propone uno tralcio dalla relazione di progetto:
“…Si potrebbe magari riammettere il traffico in piazza, escludendo i due brevi tratti (senza negozi); di Via Emanuele Filiberto e di Via Duca del mare, che sarebbero raccordati sulla esistente strada opportunamente sistemata, compresa tra le poste e l’edificio rosso con i fornici. Tutto il traffico più mimportante, da e per il Corso della Repubblica, Via Diaz e Corso Matteotti potrebbe benissimo essere risolto in una rotatoria attorno alla pedana dei piccioni. Rimane così destinata ai pedoni quella parte di Piazza compresa tra i due edifici comunali ( il Municipio e l’ex Albergo Italia, ora sede di assessorati e biblioteca) ed il palazzo rosso verso le poste………………………
……….per definire meglio lo spazio riservato ai pedoni rispetto al rond – point delle macchine, si potrebbe impiantare lungo il marciapiede che va dal bar Poeta al palazzo comunale un doppio filare di alberi a foglia persistente e portamento espanso ( lecci p.e.) formando un viale lungo 95 m.
È questa la soluzione minima che tuttavia darebbe luogo ad una piazza sempre nuova e varia e viva perché vi convivono senza danneggiarsi il traffico e i cittadini……………………………………………
………perché non definire più esattamente le due funzioni della Piazza congiungendo i portici dei due palazzi comunali, anziché con alberi, con un porticato? Si otterrebbe quella che i Greci chiamavano stoà, una passeggiata protetta dai raggi cocenti del sole e dalle intemperie…..”
per il concorso di piazza del popolo a latina
LATINA
....a proposito del concorso per Piazza del Popolo alcune foto storiche
L’area oggetto del concorso d’idee, Piazza del Popolo, è la piazza centrale, il fulcro del sistema urbano radiocentrico della città di Latina, il luogo in cui si svolse la cerimonia per la prima pietra il 30/06/1932. La presente relazione descrive i tratti salienti della breve storia della Piazza in oggetto, nata contestualmente alla Città di Fondazione. Il primo piano urbanistico del 1932, elaborato dall’ing. Savoia e definito dalle architetture disegnate dall’arch. Frezzotti, definisce in tutta la sua chiarezza e linearità lo spazio e l’immagine delle tre piazze di fondazione: Piazza del Popolo (ex Piazza del Littorio), Piazza San Marco e Piazza del Quadrato.
Le piazze definite per collocazione urbana e per linguaggio architettonico diventano elementi fissi del nuovo Piano. Esiste una forte relazione tra il disegno delle piazze e quello del Piano, in particolare l’arch. Frezzotti vuole conferire alla piazza centrale, Piazza del Popolo, una forte immagine urbana in grado di sostenere l’intero sistema.
Le piazze sono concepite da Frezzotti come manifestazione dello stretto rapporto tra Architettura e spazi urbani: “le emergenze architettoniche sono funzionali al disegno della città, spesso legate all’impianto urbanistico attraverso portici e passaggi pedonali.Oltre che essere il baricentro fisico del nuovo piano, Piazza del popolo assume anche sin dal primo piano urbanistico il ruolo di centro politico-amministrativo, affidando invece il ruolo di centro religioso educativo a Piazza San Marco e quello commerciale a piazza del Quadrato.Tuttavia i primi edifici realizzati nel 1932, destinati al “Borgo Rurale”, esprimono un linguaggio dal sapore rurale (copertura a tetto, edifici limitati a due tre piani,ritmo uniforme delle bucature, etc…) richiesto dal regime, lontano dal tono più celebrativo che la città assumerà più tardi, nel 1934 in relazione al nuovo ruolo di Littoria.
Nel 1934 Littoria diventa capoluogo di provincia, pertanto si affida all’architetto Oriolo Frezzotti il compito di elaborare un piano di ampliamento per dilatare la maglia urbana e inserire i nuovi edifici e le attività necessarie per un comune capoluogo di provincia. Vengono creati dei nuovi assi stradali e aggiunte nuove piazze e aumentata l’estensione dell’area urbana, racchiusa da un’anello stradale perimetrale (circonvallazione).
Gli edifici progettati per definire le piazze e le quinte della città assumono un carattere nettamente diverso da quelli progettati nel 1932, in quanto risultano essere più imponenti , massicci e caratterizzati da un pronunciato monumentalismo, ( Banca d’Italia , Prefettura, Tribunale , Intendenza di Finanza).Tra i progetti elaborati per Piazza del Popolo, un primo studio Frezzotti prevede uno spazio ellittico che circoscrive una vasca d’acqua con al centro la torre Littoria, venne bocciato a favore di una piazza con un ampio spazio libero al centro, più funzionale alle cerimonie del regime.
Nel progetto definitivo della piazza centrale l’architetto individua un ampio spazio rettangolare circoscritto da edifici porticati, prevede la collocazione di un giardino e successivamente,solo nel 1939 la Piazza assume l’aspetto definitivo: su progetto dell’architetto viene realizzata la fontana centrale che ospita al centro la maestosa sfera in travertino, a sottolineare ulteriormente il fulcro dell’impianto urbano radiocentrico, e quindi il centro ideale di tutto l’Agro Pontino.
Disegnata secondo l’archetipo del Quadrato, dalla piazza rettangolare, si irradiano sei assi viari: è attraversata da Nord a Sud da un largo viale, mentre dai 4 angoli partono gli assi di collegamento principali tra il centro ed il resto del territorio comunale.
Attraverso ampi percorsi pedonali la piazza è collegata da un lato all’asse viario verso il Tribunale, dall’altro all’asse, Viale Italia, che conduce a Piazza del Quadrato.
settembre 2012
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