I PALAZZONI
ph. by federica rigillo
IL CASO.
La rigenerazione urbana e come manometto l'esistente di qualita'.
" Nello specifico, l’idea progettuale elaborata dal Prof. Patrizio «prevede una serie di interventi – ha detto il progettista – materiali e immateriali, considerando anche il valore sociale delle operazioni che verranno compiute». Una di queste è la demolizione dello scheletro dell’ex Icos e la ricostruzione di un volume che potrebbe essere destinato all’housing sociale a canone calmierato. «Ci saranno un ponte ciclopedonale sulla Pontina – ha spiegato il Prof. Patrizio – e collegamenti con le piste ciclabili. Le cosiddette “vele” saranno interessate da interventi di riqualificazione energetica e verranno allestiti orti sociali e spazi di verde attrezzato. Il progetto è ambizioso perché ha come obiettivo rigenerare una comunità di abitanti particolarmente numerosa. Stiamo inoltre somministrando ai cittadini del quartiere un questionario dal quale riteniamo possano arrivare condivisioni di idee interessanti".
Sono anni che dei PALAZZONI se ne parla e solo in senso spregiativo: il degrado, l'emarginazione, l'essere un dormitorio.
QUALE IL PROBLEMA??
Le colpe sono da attribuire agli edifici, ai valori architettonici che rappresentano o
ad altro??
I PALAZZONI
Da sgombrare il campo a dubbi, equivoci od altro: l' intervento è di qualità sia sul piano architettonico che su quello edilizio e oggi non è un caso, corre il pericolo di essere manomesso. I due interventi ex IACP ora ATER, sono due edifici di buona qualità e realizzati a suo tempo come edilizia residenziale pubblica.
La MANOMISSIONE
Ed oggi la storia si ripete. A Latina c'è un'abitudine, quella di accanirsi contro particolari manufatti se sono in odore di qualità. L'elenco è lungo, dal palazzo delle Poste di Mazzoni alla Casa del Contadino fino a giungere ai diversi edifici di buona fattura della Latina del dopoguerra e la musica è sempre la stessa.
C'è sempre una giustificazione che il momento storico offre. Ieri le ideologie, oggi ci si può imbattere anche in nobili e giuste giustificazioni: l'ansia della problematica energetica, la creazione di orti sociali, la creazione di balconi o di logge
Fortuna vuole che per ora ci siamo salvati dal bosco verticale. Interventi che va detto spesso sono corrispondenti solo alla moda del momento.
Naturalmente chi ci conosce sa bene che condividiamo le problematiche riguardanti i temi della rigenerazione urbana, ma si ritiene necessario avere approcci diversi e più legati alla realtà dei luoghi, alla storia dei siti, al valore dell'esistente e al saper distinguere cosa toccare, cosa manomettere.
Non vogliamo pensare che questo possa essere il momento, l'occasione di aggiungere superfetazioni che prima o poi qualcuno andrà ad eliminare.
C'è green e green.
Nel nostro caso in particolare necessita il rispetto dell'esistenza di un manufatto che per molti di questo territorio è Architettura della seconda metà del 900 Italiano.
Poi tutte le operazioni verdi e sostenibili e di socialità sono benvenute.
BENVENUTE
__________
Un parco sopra la Statale 148 Pontina interrata per 500/600 metri e avremmo ricucito le due porzioni di città. Si dirà: la burocrazia!. le tante difficoltà.
Diciamo anche che quando si vuole, si fa.
da: http://www.comune.latina.it/2021/04/13/agonfie-vele-la-rigenerazione-urbana-che-parte-dai-valori/ )
LE LOGGE
NO
E se il problema è il desiderio, la volontà a risarcire lo strappo al territorio, causa del fuoriscala voluto dal progetto di Cerocchi, "le montagne artificiali" come le definisce Franco Purini "montagne artificiali che dialogano a distanza con il Casilino di Quaroni", il problema è altro e va visto in un operazione più significativa e dovrà essere "una riflessione sulla discontinuità urbana" e " risarcire il gigantismo dell'espansione di Latina, e dovrebbe configurarsi come un "restauro del paesaggio".. (**)
RESTAURO DEL PAESAGGIO
non certo con "logge" che tempo qualche anno dovremo fare voti ed evitare che vengano chiuse...
______________
Sui PALAZZONI
le considerazioni dovute.massimo palumbo
20.04.2021
(**) Franco Purini "PER LA CASA PONTINA , p.31 in Paolo Costanzo IACP Latina 1939-1989 CLEAR Roma 1990
LA SCHEDA
Due interventi ex IACP ora ATER.
Realizzati come edilizia residenziale pubblica.
Anno 1981 PdZ. 167 Centro Direzionale lotti C e D. legge n. 457/1978
La progettazione fu affidata ad un equipe di Professionisti.
Il Progetto esecutivo è dell'Architetto Riccardo Cerocchi.
Gli interventi in questione sono tra i progetti segnalati al DOCOMOMO per il censimento nazionale delle architetture del secondo Novecento.
Parlare di questi edifici e non pensare a
RICCARDO CEROCCHI ARCHITETTO
ci è impossibile.
Abbiamo curato nel 2018 con l'architetto Silvia Mastrantoni una mostra voluta dalla Fondazione Roffredo Caetani e dall'Ordine degli Architetti di Latina e Provincia
Riportiamo qui di seguito dei pensieri, un testo scritto per quella occasione.
CARO DADDO .
….era il gennaio dello scorso anno e Riccardo Cerocchi ci lasciava, per
ricordarlo, sul nostro blog scrivevamo :...per
Daddo Cerocchi e poi una bella foto di una sua architettura in piazza San
Marco a Latina.
Lì sotto riportavamo: ...il
brutalismo architettonico degli anni settanta e il suo modo di fare stratificazione sulla città di fondazione.
Arriverà il giorno e si discuterà su le sue opere che ora, ai più
appaiono sacrileghe quasi offensive ..alla
Littoria di Oriolo Frezzotti.
E’ passato un anno ed oggi ci
ritroviamo nel suo studio di via Ecetra al quarto piano, invitato da un gruppo
di amici, molti tra quelli che hanno voluto bene a Riccardo Cerocchi, e siamo
lì per ricordarlo. L’essere intorno ad un tavolo, in quello che era stato il
suo studio, coglie il significato in più: l’impegno, e la motivazione e questa
volta era per un approccio diverso da come fu salutato un anno fa.
Sicuramente Riccardo
Cerocchi è stato più cose, ha saputo ricoprire più ruoli ed avere sicuramente almeno
due anime: ha amato la musica, ha amato l’architettura, l’arte. Un’anima unica e ne siamo certi per un
pensiero sicuramente poliedrico ed appassionato. Oggi un anno dopo, lo vogliamo ricordare come
Architetto.
Caro Daddo...perché ci piace aver scelto del suo
lavoro le cose, i materiali che più lo rappresentano e fanno la cifra del suo
lavoro al di là di schemi e/o sovrastrutture scientifiche. Un lavoro corposo
che vorrebbe anni di studio e di elaborazione per i tanti materiali in
archivio. Una figura complessa ed appassionata che ha fatto del suo essere
architetto una entità in continua ricerca dei sapori del tempo, ai quali ha
aggiunto l’essere persona curiosa in un viaggio mentale e reale… continuo. Un lavoro quello di Riccardo Cerocchi
Architetto, che ci permette per la prima volta nella nostra città, di cercare
di raccontare e capire cosa possa essere avvenuto nel porsi come professionista,
al giovane architetto e come si sia posto al territorio in un momento storico tanto difficile, di
mutazione e di cambiamento.
Una occasione, anche per indagare e raccontare in parallelo
brani di storia nuova ed inedita per la città di Latina. La bonifica, le città
nuove, Latina, ma prima ancora Littoria e Riccardo Cerocchi che si pone giovanissimo
nei primi anni cinquanta con occhi nuovi e carichi di curiosità per questo
territorio. Siamo certi, l’avrà guardato
con interesse ed anche con spirito visionario.
Diversi anni dopo in un suo intervento sulla stampa
locale nel febbraio del 1983 dirà:
“…..case plurifamiliari a torre, in linea, a
blocco, a ballatoio, le cosiddette palazzine e gli impropriamente detti villini
del vecchio regolamento edilizio, le case unifamiliari singole, associate a
gruppi, associate a schiera, le case coloniche, testimoniano la eterogenea
origine della società Pontina e la non chiara programmazione
urbanistica…….anche le semplici case unifamiliari singole o associate, che si
costruiscono dagli anni sessanta in poi in tutto il territorio comunale, al di
fuori dei centri abitati, sulla base di una troppo elastica interpretazione
della normativa che regola le zone agricole, sono pregiudizievoli per
l’equilibrio urbanistico del territorio e della sua morfologia……vanificano il
giusto rapporto tra città e campagna a scapito dell’ordinato sviluppo
generale….”
Un giudizio amaro…sicuramente lui pensava già ad altro, il suo
contributo era stato d’altro sapore, ma in quegli anni si stavano già mettendo
le basi della città diffusa…… la città dei non luoghi. Daddo Cerocchi viaggiava già per altri mondi
ed era la musica ad affascinarlo.
La nostra testimonianza non può non
tornare ai primissimi anni settanta e lasciata Roma, freschi di laurea ed alle
spalle gli anni tumultuosi vissuti nella Facoltà di Architettura a Valle Giulia,
rientravamo in provincia carichi di entusiasmo. Nei nostri bagagli potevi
ritrovare Bruno Zevi, Maurizio Sacripanti ed gli altri maestri che riuscirono a
plasmare e ad arricchire il nostro sapere che comunque aveva necessità di
confrontarsi intorno ad un tavolo, capace di progettare la realtà del quotidiano…
Gli amici del momento erano due architetti_non architetti. Può sembrare strano
ma sto ricordando due figure importanti per la storia della nostra città e
furono loro ad indirizzarmi a fare esperienza presso lo studio di via Duca Del
Mare ultimo piano. Tonino D’Erme e Gianni Brustolin, mi dissero dai, vai da Daddo
ti troverai bene e sicuramente farai l’esperienza che stai cercando. Mi ero
laureato in Composizione Architettonica avevo progettato una Città lineare ma
volevo disegnare un progetto esecutivo. Conobbi Riccardo Cerocchi ed era l’estate del 1972
Il ricordo di un luogo straordinario:
sapevamo di essere nel miglior studio professionale che Latina poteva
esprimere, e l’atmosfera era positiva e guardava lontano. Si respirava ancora
l’aria delle classifiche nazionali che davano Latina insieme a Milano e Pescara
tra le città più in crescita. I fermenti
poi di un Italia che stava cambiando erano ancora da venire e forse
inconsapevolmente eravamo proprio noi i portatori del vento nuovo del dopo 68”
a porre i primi dubbi… e il modo di fare la professione anche in provincia non
avrebbe mai potuto negare quanto stava avvenendo in Italia. Eravamo agli inizi
degli anni settanta, la crisi del petrolio arriverà subito dopo con tutte le
conseguenze per l’economia Italiana anche se quegli anni furono per l'Italia una
grande stagione di crescita sociale, culturale e politica. Latina vive questi
eventi: una città in crescita che sentirà addirittura l’ambizione
di sentirsi città europea sognando la biblioteca di James Sterling. Lo studio
di Riccardo Cerocchi in questo passaggio storico, rappresenta in città le istanze
professionali per una crescita sociale del territorio Pontino ma anche una
volontà di porsi come studio professionale sempre alla ricerca del nuovo e
della sperimentazione. Una mole di lavoro notevole, esperienze che vanno come
si diceva una volta …dal cucchiaio alla città, per cui anche girando semplicemente
per la città di Latina era facile imbattersi in sue palazzine, villini,
strutture urbane… Il tutto impensabile
per i giorni che viviamo. Lo studio
Cerocchi a Latina come laboratorio, luogo accentratore e di passaggio…della
meglio gioventù se si può dire. Collaboratori di qualità e penso a Gianni
Brustolin o a Mimmo Parlato o a Tonino D’Erme, figure professionali che in un
passaggio significativo della crescita del nostro territorio, anche in prima
persona hanno poi scritto pagini interessanti che riguardavano le occasioni di
trasformazione della città attraverso interventi di design e o di riqualificazione. Abbiamo sempre seguito Riccardo Cerocchi
Architetto e il suo fare, come professionista presente sempre e in modo
puntuale con interventi e proposte sui diversi temi della città e questo almeno
fino agli anni ottanta…poi arrivò “la musica”. Grande il suo ruolo come uomo di
cultura con il Campus Internazionale di Musica, sua creatura e suo progetto pensato
per il territorio Pontino. Il sacro furore della musica lo prese e fu proprio
questo progetto culturale a motivarlo per gli anni a venire: naturalmente era
musica Contemporanea e non poteva essere diversamente. Vinceva il binomio
musica ed architettura e non era stato casuale imbattersi in architetture e impianti
grafici carichi di tempi e spazi ritmati. Tante le volte che ci siamo incontrati
e lo ricordiamo trasmettere sempre cordialità ed eleganza. Ricordo in
particolare il suo stupore, ed era il 1992 quando a Sermoneta nel Castello
Caetani ci incontrammo in occasione della mostra “Corrispondenze, lettera aperta a dieci artisti “a cura di
Alessandro Masi. La mostra ospitata dalla Fondazione Caetani e organizzata dal
Centro Di Sarro di Roma era una collettiva e tra le opere esposte, due erano
mie. Riccardo Cerocchi venne con l’avvocato
Alessandro Onorati che sapevo cultore d’arte contemporanea oltre che Presidente
della Fondazione Caetani. In questo
grande salone, dovevano essere le ex stalle del castello, ovunque quadri e
sculture ed io ero vicino ai miei “BIANCHI”.
Daddo, sorpreso mi chiese come mai l’arte contemporanea, non sapeva di questi
miei interessi, di queste mutazioni. Si
congratulò, per lui fu una scoperta. Uno dei miei quadri poi, gli ricordava
territori, luoghi urbani come se fossero visti dall’alto o architetture, con i
materiali usati si recuperava la terza dimensione. In un certo senso aveva
ragione. Gli raccontai il perché ed il
percorso nel frattempo maturato. La
volontà di ricucire gli interessi: l’architettura con l’arte e il desiderio di
una ricerca, un atteggiamento che fosse capace di rivedere lo strappo che a suo
tempo divise proprio l’arte con l’architettura. La ricerca della bellezza non
poteva non passare se non lungo il crinale di questa ricucitura. In quella chiacchierata inaspettata,
spontanea, ricordo bene che non potevamo non condividere che arte ed
architettura erano mondi che andavano sempre ad intrecciarsi in un dialogo
costante continuo ed ininterrotto.
Ognuno di noi poi avrebbe potuto metterci le proprie esperienze, le
proprie utopie in sintonia con le tensioni culturali del tempo. Il piacere,
qualche mese dopo di fargli dono di uno dei miei “BIANCHI” e di aver rivisto il
quadro in questi giorni, sulla parete del suo studio di via Ecetra, mentre eravamo
a preparare la mostra…“Caro Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto”.
Massimo Palumbo
Latina gennaio 2019
Appendice
…..mentre eravamo a
preparare la mostra….“Caro Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto”
Una mostra, un lavoro che a prima vista potrebbe apparire “il
santino”. Il titolo, Caro Daddo, è volutamente amicale, diremmo intimo. No
nessun santino, non sarebbe piaciuto neanche a Daddo e il “Caro “vuole solo
dichiarare una vicinanza, una simpatia, una sinergia passata e presente tra
persone che hanno avuto modo di conoscersi...di apprezzarsi. Altro non c’è e i
contenuti della mostra la sua strutturazione portano ad altro. La volontà è quella di capire, di conoscere e
di porre interrogativi su un lavoro che i più giovani non conoscono e di un
contesto che non c’è più. La mostra… “Caro Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto”
è stata pensata non solo per mostrare parte di quanto fatto ma essenzialmente
per cercare di capirne l’approccio al lavoro, l’approccio al fare la
professione di architetto in provincia, in una città “nuova” e di scoprirne il
respiro per un contributo di crescita e di realizzazione della “città Pontina”.
Una mostra come prima occasione per conoscere un lavoro corposo e aprire un varco
che riguarda la città. La Latina del
dopoguerra degli anni 50/60 e gli altri di seguito che sono anni ancora tutti
da indagare, da capire. E poi ancora conoscere
il ruolo di Riccardo Cerocchi come professionista entro le dinamiche della
ricostruzione e del consolidamento di Littoria diventata Latina, con la sua
crescita, e le sponde della Cassa del Mezzoggiorno dei piani INA CASA, Gescal. Riccardo Cerocchi apparteneva alla generazione
di chi uscito dalla distruzione della guerra sentiva il dovere morale e sociale
della ricostruzione fisica del Paese. Apparteneva Cerocchi alla generazione che
aveva fiducia piena nel progetto e nella costruzione e dell’architettura aveva
un’idea alta e nobile così come tramandata dal “movimento moderno. La mostra “Caro
Daddo, Riccardo Cerocchi Architetto” si snoda pertanto lungo un percorso fatto
di tavole che raccontano i suoi lavori di architettura, sicuramente i più
significativi…. gli Episodi di Architettura come a noi piacedire. Naturalmente
l’Archivio Cerocchi conserva molto più di quanto la nostra mostra e
l’esperienza professionale ha espresso, ne era possibile per motivi diversi
proporre l’intera produzione professionale. Le ultime due tavole in mostra,
rilanciano in particolare il lavoro, il pensiero di Riccardo Cerocchi in una
prospettiva ampia e tutta da indagare ulteriormente. Sono le grandi questioni
di ieri come di oggi, le questioni irrisolte. I grandi temi della costruzione
della Città Pontina, i temi dell’identità e del rapporto col territorio vasto
dai Lepini al mare. Le questioni dell’ambiente, della crescita e/o decrescita
di Latina…della città diffusa diremmo oggi. Latina che proprio negli anni in cui lo studio
Cerocchi opera, prova ad immaginarsi in
grande: la stampa locale, la politica
parla di Latina come Città Europea, che fa
sogni per la Biblioteca di James Stirling o che gestisce Concorsi Nazionali
come quelli per Fogliano, della Marina e del Centro Direzionale. Lo studio
Cerocchi, Riccardo Cerocchi è presente, partecipa, ed è parte viva del
dibattito culturale e sociale degli architetti. Erano stati quelli, anni straordinari
dove nessuno rinunciava al proprio status. La politica svolgeva il suo ruolo,
gli amministratori portavano a compimento il loro mandato: si sceglieva, si
indicava il da fare. Le professioni fanno altrettanto, ognuno per proprio conto
mette sul piatto ciò che rappresenta. Non ci sono confusioni di ruolo. Esiste
la fiducia, la fiducia tra i ruoli diversi.
Un mondo purtroppo lontanissimo da quello che viviamo. Siamo a ridosso
degli anni novanta e qualcosa nella complessità del fare la professione stava
mutando e il nostro territorio andava lentamente ad infilarsi in un percorso che
sarà nei decenni successivi, senza ritorno oltre che di declino economico. Il sogno del nuovo, gli anni dell’entusiasmo sono sempre
più un ricordo e la crisi infinita, endemica e strutturale muta diverse cose
nello scenario complessivo e cambia il quadro di riferimento. Forse anche su
Daddo vincono sentimenti di delusione e “la cultura del progetto” sembra
svanire… Nel frattempo il fascino per la
musica, il progetto culturale per la Città Pontina coinvolgerà Riccardo
Cerocchi molto di più che le pastoie burocratico-amministrative e politiche
della professione. Il Campus Internazionale di Musica Contemporanea (**) si impone
e lo impegneranno a lungo nel tempo…Daddo è approdato in una sorta di porto
felice.
Questa la mostra ed il nostro lavoro,
una mostra, una grande
installazione realizzata presso l’ex garage Ruspi a Latina che ha goduto anche
dell’allestimento performativo di Ines Paolucci e Sara Palumbo che ringraziamo.
Una mostra curata con Silvia Mastrantoni che ringrazio per
l’impegno, la passione e la forza di volontà messa in campo e che solo un
giovane se vuole sa dare. Un grande lavoro che potrà anche apparire come ricostruzione
parziale, certi però di aver colto i passaggi significativi del lavoro di
Riccardo Cerocchi.
(mp.)
_____________
(**) E’ il 21 maggio
del 2012 e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, conferisce a Riccardo
Cerocchi il Premio Presidente della Repubblica per “l’attività svolta con
passione e coraggio nel corso di oltre 40 anni, durante i quali il Campus ha
creato nel comprensorio pontino un laboratorio musicale internazionale,
operando in ogni settore della cultura musicale”.
______________________________
IL COMUNICATO STAMPA
Caro Daddo. Riccardo Cerocchi Architetto a cura di Silvia Mastrantoni e Massimo Palumbo
Garage RUSPI_Largo Giovanni XIII
LATINA 11 gennaio – 3 febbraio 2019 Opening 11 gennaio 2019 ore
18.00
Promozione e Organizzazione: Fondazione Roffredo Caetani con il patrocinio di Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori della Provincia di Latina Comune di Latina con la collaborazione di Campus Internazionale di Musica
Comitato organizzativo Tommaso Agnoni, Paola Cerocchi, Roberto Cerocchi,Antonio Crobe, Emanuele Feudo, Silvia Mastrantoni, Tonino
Mirabella, Massimo Palumbo, Massimo Rosolini
Progetto grafico e allestimento mostra n Sara Palumbo e Ines Paolucci /Foto e video Tonino Mirabella e Marianna Lanza
A Latina le architetture di Riccardo Cerocchi. L’iniziativa della Fondazione Roffredo Caetani per le opere e l’impegno culturale del suo ex presidente
A poco più di un anno dalla scomparsa dell’architetto
Riccardo Cerocchi la Fondazione Roffredo Caetani – di cui Cerocchi è stato
presidente dopo Hubert Howard, marito della principessa Lelia Caetani – ha
promosso e organizzato una mostra sulla sua opera curata da Silvia Mastrantoni
e Massimo Palumbo con il patrocinio delll’Ordine degli Architetti di Latina,
del quale Cerocchi fu fondatore e presidente, e del Comune di Latina. Testimoniando una continua ricerca di qualità
e di impegno professionale e culturale, Cerocchi ha lasciato nella Città un
gran numero di eccellenti realizzazioni architettoniche che hanno dato il volto
alla stagione della ricostruzione post bellica e del suo successivo sviluppo,
soprattutto negli anni che vanno dai Cinquanta ai Settanta, per proseguire fino
ai giorni nostri. L’architettura è stata per lui una continua occasione di
studio che lo ha visto viaggiare nel mondo e incontrare personalmente grandi
maestri del Novecento tra i quali Alvar Aalto in Finlandia e Kenzo Tange in
Giappone e confrontarsi con grandi architetti Italiani come Mario Ridofi, ma
anche scambiare esperienze con colleghi amici di grande talento come Gianni
Brustolin, Tonino D’Erme e infine aprire il suo studio a giovani architetti che
hanno trovato così occasione di un apprendistato di alta qualità. Un lavoro
svolto in continua relazione con il dibattito sull’architettura e
sull’urbanistica in Italia e nel mondo. Per l’Ordine degli APPC di Latina la
mostra è l’occasione per ricordare un grande collega, ma soprattutto per
segnalare ai più giovani un modo di intendere la professione di architetto
sostenuta dall’impegno culturale, poetico e civile. Un modo per tornare a
vedere l’architettura nelle sue specifiche qualità e per aiutare a riconoscerla
in un tempo in cui crisi culturale e burocratizzazione del ruolo
dell’architetto tendono a offuscarla. Nella cultura della Città la mostra
sull’opera di Cerocchi significa anche iniziare a guardare a una fase storica
successiva agli anni della fondazione, segnata da un’aspirazione alla
modernizzazione e al dialogo con le esperienze internazionali. Cerocchi ha
contributo grandemente alla vita culturale del nostro territorio creando anche
il Campus Internazionale di Musica, un organismo di eccellenza nel campo della
musica classica e contemporanea che gli è valso il premio del Presidente della
Repubblica per l’anno 2011 ricevuto in Quirinale da Giorgio Napolitano. Articolata per macro-tematiche, la mostra raccoglie materiali
d’archivio, disegni originali, foto d’epoca e inedite del lavoro svolto
dall’architetto dai primi anni Cinquanta alle ultime opere architettoniche. La
volontà dei curatori è stata quella di restituirne principalmente il carattere
più intimo: un lavoro fatto di passione e attenzione al dettaglio, lavori
complessi e innovativi per l’epoca, per alcuni aspetti “brutali” ma
estremamente sentiti. Un viaggio tra suoi i progetti – realizzati e immaginati
– utopie diventate realtà e visioni ancora tutte da delineare; un viaggio che
parte dalle mura dello Studio Cerocchi e che si è apre al futuro… oggi come
allora. Completa il racconto una video-intervista a Riccardo Cerocchi
concepita e diretta da Tonino Mirabella. La mostra, la cui comunicazione e
allestimento sono stati curati da Sara Palumbo e da Ines Paolucci, rimarrà
aperta dall’11 gennaio al 3 febbraio presso il Garage Ruspi e ospiterà nei fine
settimana incontri sul tema dell’architettura e della città a partire
dall’esperienza di Riccardo Cerocchi.
Maggiori informazioni su:
www.facebook.com/RiccardoCerocchiArchitetto