domenica 10 febbraio 2013

tra natura e storia un itinerario di arte contemporanea







ARCHITETTURA_ARTE




….tra natura e storia un itinerario di arte contemporanea,
il   MAACK  Museo all’Aperto d'Arte Contemporanea  Kalenarte

E’ carico di un fascino discreto l’arrivare a Casacalenda,(*) nel Molise tra paesi arrampicati e dolci colline, lungo strade minori fuori dai circuiti nazionali, nel silenzio irreale di una terra di confine, con strade sempre poco trafficate in un mondo dove il tempo sembra essersi fermato: una terra dura, segnata dall’emigrazione ma fiera ed ospitale. E questa è occasione unica per scoprire, conoscere un museo che vive quotidianamente tra la gente: il Museo all’Aperto di Arte Contemporanea di  kalenarte. Casacalenda  è città di pietra, austera e sobria nello stesso tempo. I  grigi e i bianchi degli intonaci delle sue case  le danno fascino ed eleganza, mostrando incontaminato il suo antico rapporto con la campagna. Le belle costruzioni in pietra locale e certi dettagli decorativi di buon tono,  denunciano solide e nobili tradizioni culturali. Camminando alla scoperta di risorse artistiche, troviamo  di età romanica  le Fornaci, e poi la Terravecchia con il Palazzo Ducale e la vicina Chiesa di S. Maria Maggiore, la settecentesca Chiesa dell’Addolorata, l’Eremo di Sant’Onofrio (XVI sec.) inserito in uno splendido contesto ambientale con il bosco che fa da sfondo  e poi……gli inserimenti di Arte Contemporanea con il  Museo all’Aperto di Kalenarte.  Un lungo filo dell’arte che snodandosi tra scale, vicoli e spazi con prospettive sempre diverse da scoprire, realizza un continuum di notevole interesse ove in un originale fusione si integrano e si esaltano i luoghi carichi di storia. Quando un luogo si fa saggio, il suo paesaggio è il fondale ispiratore di eventi, è il volto di un territorio, è l’immagine in cui si riconoscono le comunità che lo abitano, è il bene comune da tutelare. L’arte e il verde incontaminato sono insieme un binomio forte per avvicinarsi all’arte contemporanea e scoprire la natura. Casacalenda come laboratorio per questo nostro progetto: un’idea, un’utopia che sotto i nostri occhi si tenta di rileggere. E’ dal 1990 che artisti di varia estrazione e provenienze, giungono a Casacalenda e reinterpretano i luoghi: in un cortile interno vicino al vecchio forno presso la via Terravecchia, (asse stradale principale del centro storico), due lunghissime sbarre di ferro passanti per una finestra in asse alla porta di accesso del cortile si incrociano in un elemento a forma di  parallelepipedo irregolare in acciaio inox. Costituiscono “Efesto” (1992), Dio del fuoco, primo fabbro di Nagasawa, straordinario celebratore e  rievocatore di miti. L’opera di Hidethoschi Nagasawa, si presenta ai nostri occhi in una linearità severa, tenacemente costruita, attratta dal respiro dell’assenza che secondo la filosofia orientale, si mescola incessantemente. L’arte si rapporta col costruito con una parte della città abbandonata in un luogo da ridefinire. E camminando sempre entro  il centro storico in Terravecchia non è difficile imbattersi nel “selciato” (2004) di Michele Peri. Nel commentare la sua opera Peri stesso dice: “…sul selciato sono passati gli uomini e le stelle, le stelle hanno lasciato il tempo invisibile delle notti; gli uomini hanno segnato l’itinerario del sangue con denti d’oro, segmenti…”  O ancora giungere nel vico Luna e scoprire il concettualismo esasperato di Alfredo Romano. L’artista siciliano di Siracusa ha usato fari alogeni allo iodio per far filtrare da una feritoia delle antiche mura la luce di “Crepuscolare-feritoie” (1992). E poi all’altezza di piazza Nardacchione vedere in aderenza alla bella chesa settecentesca dell’Addolorata il rosone in filo di ferro aggrovigliati e ricoperti in vetroresina, il “senza nome” (1996)di Ivan Tranquilli.
Carlo Lorenzetti invece, abbandona il centro storico, cerca un luogo diverso: potremmo dire un non luogo. Uno spazio non definito dove lasciare il suo segno. Quale spazio migliore, se non quello che appare come spazio limite?  All’occhio dell’artista l’immagine del paese che finisce, la campagna che inizia tra case poste a caso, un serbatoio d’acqua ed altri elementi sparsi senza un’ordine preciso.  Sulla collina della montagnola trova il posto ideale per il suo “arcobaleno” (1993/1997). Un altro segno, un grande segno in acciaio corten per una spazialità più aperta e sicuramente meno definita, un modo per sottolineare l’orizzonte profondo che da Casacalenda guarda l’Adriatico con le Tremiti in prima fila ed oltre verso le coste Albanesi. Lungo questa direttrice visuale in Contrada Coste, a pochi chilometri dal centro abitato, si trova l’imponente “Poeta” (1997) di Costas Varotsos, un gigante di pietra che abita il bosco. La costruzione, data anche la sua dimensione è riconosciuta come opera collettiva. Essa ha provocato una partecipazione concreta e straordinaria degli abitanti di Casacalenda e più di una dimensione collettiva si è realizzata una vera e propria appropriazione sociale  della scultura. Come nelle grandi imprese della collettività il “monumento” in questo caso è diventato patrimonio comune, capace di fondere espressione individuale e sentimento collettivo. Tutto inizia da una vera e propria appropriazione da parte di Varotsos del sentire il territorio, del farlo suo, del camminare in lungo e in largo per intercettare l’energia giusta, quella vitale che trova proprio  nel bosco.  E’ particolarmente interessante quanto veniva scritto in occasione della realizzazione del Poeta  da Federico Pommier: “ Il poeta, o si potrebbe dire anche l'artista, lo scrittore, il musicista, il giornalista, il cittadino consapevole, in una parola l'intellettuale nella forma più diffusa e "gramsciana" del termine, è colui che crea "visioni" per la comunità. E di niente ci sarebbe più bisogno oggi in Molise che di spirito visionario, di coraggio culturale, di parole e segni ispirati che siano in grado di spazzare via quella mistura di  tradizione e conformismo che immobilizza o fa scappare le migliori risorse della regione….C'è una grande scultura in Molise… un gigante di pietra che si alza  nel verde ed è opera non solo della creatività dell'artista, ma anche della comunità che lo ha accolto e sostenuto e della volontà politica di realizzarlo. Un piccolo esempio di come il poeta, la piazza e il potere possano costruire insieme un percorso vitale per questa terra…..”
Nel corso dei secoli, l’arte è sempre stata protagonista del processo di edificazione dei luoghi. Le architetture, le piazze, le vie sono pensate, progettate e realizzate come estensione del proprio essere e del proprio esserci. Ogni momento storico si autorappresenta  con apporti, contributi, e modi che rivelano un pensiero sociale, spaziale ed artistico riconoscibile. Il museo all’aperto di Casacalenda  evidenzia sempre i due elementi di integrazione ed estraneità al luogo, contraddittori ed opposti che si fondono in maniera armonica ed obiettivo riuscito è quello di dare all’arte la continuità espressiva, amalgamando antico e nuovo. Nei luoghi sono sempre leggibili la vita, il pensiero, l'immaginazione di chi l'abita oltre che essere specchio del momento storico in cui l’opera è stata realizzata.
Rientrati nel centro abitato risalito il corso Vittorio Emanuele e raggiunto l’attuale centro del paese in aderenza al corso Roma,  troviamo  “germinazioni” del (1996) lo scheletro in ferro nero di Claudio Palmieri, trasfigurato da infiorescenze ceramiche azzurre, o proseguendo più avanti all’altezza del parco pubblico, Fabrizio Fabbri artista di Perugia ha realizzato “meridiana”, (1992) , con dodici blocchi di legno  disposti a circolo intorno a un enorme masso, dipinto di blu ed inclinato in direzione del campanile.
Gli artisti invitati, hanno vissuto il territorio ne hanno respirato l’aria e in quell’arco di tempo lcon l’aiuto degli artigian,i dei cittadini, dei giovani hanno realizzato le opere che  tutt’ora vivono in una sorta di sinergia con il luogo. ll nuovo andava ad innestarsi nella storia, tra i vicoli carichi di tradizioni e cultura, creando una nuova qualità per gli spazi urbaniRisulta evidente come il progetto che ha portato alla realizzazione del Museo all’aperto di Kalenarte evidenzia sempre il suo programma sulla base di relazioni dialettiche con l'ambiente e si è prosto  come fine quello di determinare l’elaborazione di un linguaggio non in contrasto con quello dell’ambiente in cui si inserisce, ma che in qualche maniera lo assecondi e lo reinventi.
E’ questo il Museo all’aperto di Casacalenda, nato quando i parchi di scultura contemporanea  non erano ancora un fenomeno così diffuso. Oggi, le opere dei molti  artisti presenti, sono a testimoniare un’iniziativa che poco per volta ha trasformato il paese e il suo territorio acquistando nel tempo una sua specificità che lo rende per certi versi unico. Paese e territorio che nel riaffermare il bisogno del proprio futuro vogliono rileggere la propria storia che altro non è che la storia della comunità. La storia di tutti i giorni, fatta di piccole e grandi cose: la storia del microcosmo quotidiano: la terra, l'acqua, il sole, la luna, il cielo, la storia che ci racconta il vivere quotidiano fatto di lavoro, di svago; la storia raccontata dai simboli, dai segni. I segni e simboli della civiltà contadina, di ieri e di oggi; le voci e i racconti delle migrazione di ieri e di oggi con i suoi drammi, i dolori, le lacerazioni, le speranze. Sono questi i momenti significativi che lungo dei percorsi ideali potrebbero essere ancora raccontati, coinvolgendo l’intera comunità a scrivere la propria storia, sulle pietre sulle mura di questi percorsi. Sono da a considerarsi parte dell’itinerario del Museo all’aperto, “Aurora” (1988 )di Antonio Fiacco e il monumento ai caduti di Franco Libertucci (1970-1983 ) o meglio…il non monumento di Libertucci (***). “…Una volta stabilito che una scultura non deve necessariamente essere un monumento o una statua, senza che questo ne limiti il valore espressivo, è possibile considerarla e costituirla come un oggetto. E là dove la statua avrebbe avuto, o ricercato, un riferimento antropomorfico, nell'oggetto invece il riferimento può essere fatto con altre cose le quali, comunque, non sono meno umane in quanto partecipano della nostra vita quotidiana, sia pure la più umile e la meno sofisticata ….”  Nello Ponente
Ultimo intervento, su cui soffermarsi è la nostra “Scacchiera”, lavoro minimale del 1992 che è parte integrante di una progettazione complessiva dello spazio adiacente il Palazzo Comunale. La scacchiera è segno dalle diverse valenze: ludico per i ragazzi del luogo desiderosi di usarlo, ma anche segno carico di simbologie. Mai nessun gioco è stato e sarà oggetto di tanta attenzione da parte dell'arte in tutte le sue forme, ed in particolare della letteratura, come gli scacchi. Quello degli scacchi, infatti, è un tema caro alla letteratura tanto antica quanto moderna come dimostra il fatto che autori di ogni tempo e luogo, hanno scritto e continuano a scrivere opere il cui tema centrale ruota intorno all'antico gioco di origine indiana, conosciuto in Persia e diffuso in Europa dagli Arabi tra il IX e il X secolo d.C.; quell'universo manicheo retto da rigide regole dove lo scontro tra il bianco e il nero incarna la metafora dell'eterna lotta tra il bene e il male, l'opposizione tra principi originari e contrari, simbolo dell'eterna contesa…
Il nostro giro, giunto a conclusione all’interno di questo museo diffuso, ci ha posto di fronte a situazioni diverse: ambiente  arte, architettura, spazi da recuperare luoghi da raccontare. Monumenti che non sono monumenti, sculture che non hanno la valenza d’essere guardati come sculture nel senso tradizionale della parola, mentre i temi sempre validi, sono quelli del recupero di spazi pubblici inseriti nei tessuti edilizi ed oltre. Significativo allora è capire come si risolvono i rapporti tra arte e architettura, cosa gli artisti intendono per scultura, quale l’approccio con l’architettura, la città, lo spazio urbano.  Diceva Mauro Staccioli in un’intervista fattagli qualche anno fà “….mi pongo ormai da venticinque anni il problema di una scultura, ma è proprio una scultura ?! - in grado di agire nel luogo e per il luogo... I miei punti di riferimento sono, da sempre: l'architettura, con i suoi profili, i suoi spazi e le sue morfologie, e i luoghi urbani o naturali, quali i parchi, i boschi, i fiumi e i laghi. Ho da sempre lavorato tentando di costruire un segno plastico, di produrre una forma di interazione tra il mio lavoro ed il suo spazio.”  
L’architettura, l’arte sono sempre state protagoniste del processo di edificazione della città, segno visibile della civiltà di chi la costruisce. E tutte le arti hanno sempre dato figura, forma e significato all'ambiente della vita. Il trasformare i luoghi in scrittura, testo, messaggio; questo lasciare segni di umanità e di intelligenza si manifesta, senza interruzioni significative, per secoli. Non si può andare via da Casacalenda senza aver visitato la Galleria Civica d’Arte Contemporanea Franco Libertucci presso il Palazzo Municipale.  La Galleria Civica Franco Libertucci, dice il Prof. Lorenzo Canova docente dell’Università del Molise,  è “…un ulteriore cardine di continuità all’interno di questa lunga vicenda che ha saputo unire artisti di valore nazionale e internazionale, nel tentativo, di riscoprire il significato di un’arte che possa essere ancora un elemento basilare della storia e dell’esistenza di una comunità che vuole dare un senso più profondo alla sua memoria e al suo futuro…”
Lasciamo alle nostre spalle i segni della contemporaneità e in chiusura vogliamo fare  alcune considerazioni: il “progetto Kalenarte” è l’utopia di ieri,  il Museo all’aperto rappresenta l’oggi. Due modi per concretizzare il problema e  porre inevitabilmente delle domande. Il dilemma è sempre lo stesso, cosa fare? cosa perseguire? Ibernarsi in una storia museale e poter divenire nel tempo una tappa negli itinerari del turismo d’Arte che si vanno sempre più affermando in Italia e in Europa?. O vivere una situazione più dinamica una sorta di work in progress, un laboratorio per poter ben rappresentare un progetto culturale, ricco di potenzialità, che guarda all'Europa ed al Mediterraneo come crocevia storico di idee e di cultura?. Il tema è aperto.

Massimo Palumbo
2008________________________
(*)Casacalenda a m.641 sul livello del mare, con circa 2500 abitanti si protende nella valle del Cigno da un colle panoramico, lungo la SS. 87 Sannitica che in questo tratto è tortuosa e panoramica. È la Romana kalene, citata dallo storico greco Polibio, cruciale nodo militare nell’inverno del 217 a.c., quando il Cartaginese Annibale aveva gli accampamenti  a Gerione,(**) a pochi passi sull’opposta riva del Cigno ed erano i giorni in cui Annibale si preparava allo scontro risolutivo con Roma. Nel medioevo Casacalenda, è luogo di  commerci  per tutte le genti del circondario e in età moderna, a fine 700, ribelle all’oppressione Ducale, scrive una coraggiosa pagina di storia durante la breve Repubblica Partenopea. Vivace culturalmente, ha colto sempre e  rielaborato  i segnali del progresso, ovunque provenissero. La qualità dell’ambiente saggiamente conservato anche grazie a congiunture storico sociali, che hanno giocato alla lunga a favore di questi luoghi, si manifesta facilmente a chi l’attraversa. Un ambiente pulito, fatto di colli ondulati e poco accidentati, di boschi che proteggono oltre 100 specie di uccelli e molte varietà di farfalle,  (da visitare  l’Oasi Lipu), e di oliveti che si inerpicano fino a 600m.

(**) Gerione…..analisti e storici, sia greci che romani, (Polibio, Livio…) raccontano che qui Annibale si acquartierò nell'inverno del 217 A. C. ed ebbe un duro scontro con l'esercito romano guidato da Minucio Rufo. Rimasero sul campo 5000 romani e 6000 cartaginesi. Da Livio apprendiamo che Annibale, occupata e incendiata la città, ne aveva lasciato poche case per adibirle a granai. E Gerione rispondeva alla strategia del momento, infatti Annibale era informato sulle provviste di grano lì contenute e custodite in grandi fosse scavate in zone asciutte. Certamente Gerione, dopo questo tragico episodio, venne ricostruita. Il terremoto del 1456 la devastò e disperse gli abitanti superstiti nei vicini Castelli di Montorio nei Frentani, Casacalenda, Provvidenti, Morrone del Sannio e Ripabottoni. Il Masciotta scrive che nel 1523 il territorio, ormai desolato, per diverse compravendite, arrivò alla famiglia Di Sangro. Con l'eversione della feudalità (1806), l'ex feudo Di Sangro fu smembrato e destinato ai diversi Comuni confinanti. E' auspicabile che le tante attese storiche, le mille leggende popolari fiorite intorno a questo sito trovino risposte certe da studiosi contemporanei e da seri scavi archeologici.
 
(***). Libertucci Franco,  figura complessa ed enigmatica, della storia dell’arte del secolo scorso, Nasce a Casacalenda nel 1932, dopo la maturità classica si trasferisce nella Capitale. Il suo sogno, la scultura. Lavora presso lo studio di Mazzacurati a Roma dove fu notato da Henry Moore che lo volle nel suo atelier e lo ospitò per un anno a Londra. Erano gli anni sessanta quando raggiunse… il successo. E così con una mostra dopo l’altra, dalla Biennale di Venezia, al Palazzo delle  Esposizioni a Roma. Famoso non tanto in Molise quanto a Roma e negli ambienti aristocratici inglesi e giapponesi.

(****). Photo by Guerino Trevisonno