giovedì 23 aprile 2015






















frammenti urbani

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motivazione della Giuria del PREMIO


 ......poi un giorno ti capita di imbatterti in un file  che dice: motivazione della Giuria del PREMIO 
e si riferiva ad  HANGAR 3.0  PROGETTO VINCITORE.
Leggi, rileggi e poi non sai se piangere o ridere. 


Sembra che la risata sia salvifica ....e pensavo..poveri noi, povero territorio.... ce n'è di strada da fare... deserto, deserto assoluto,
silenzio assordante.  Non più tardi di un anno e mezzo fa, era il 12 dicembre del 2012...e in quell'occasione l'ultima o la penultima perla.

Il Comune di Latina, l'Ordine degli Architetti, il Premio Lusana, aprono ad un Concorso d'idee per una rivisitazione (?) della Piazza del Popolo. Agli atti ci sono i bandi, i partecipanti, i vincitori e quant'altro utile anche a capire sull'esistenza o meno di quel punto interrogativo che abbiamo posto.
Di sicuro posso aggiungere di essermi sentito onorato, veder vincere il progetto proposto....salvo poi imbattersi qualche ora dopo in un paio di persone.
La prima mi dice: Architetto ma è sicuro che gliela fanno fare? e l'altra a rinforzo : .....ma si è trattato di una esercitazione di stile.?

Gliela fanno fare. Esercitazionedi stile.
Non riporto i pensieri di quei momenti, preso a godermi una situazione che ho voluto tra l'altro condividere con cinque giovani architetti della città, ne' ho voglia ora di aggiungere altro se non l'augurio ai tanti giovani a guardarsi intorno......Ulisse insegna.

Per Latina naturalmente noi attendiamo da loro un sanifico corto circuito, un anelito di contemporaneità e volontà... visionarie.
...........Ottanta anni dopo, ed è tempo per riflessioni per sguardi visionari, tempo per nuovi segni capaci di rilanciare il messaggio della modernità, rappresentato proprio all’inizio del secolo scorso, dalla fondazione delle città nuove......L' ironia della storia che vede Littoria più moderna di Latina.

 20.04.15







 La MOTIVAZIONE.
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La motivazione della Giuria del PREMIO
Primo classificato è il progetto contraddistinto con il motto:
"HANGAR 3.0" ( Architetto Palumbo Massimo ) che è stato prescelto dalla Commissione con la seguente motivazione:

" E' il progetto che,  nel suo complesso, risponde alle finalità del bando, in quanto rappresenta la soluzione architettonica ritenuta dalla Commissione fondamentalmente convincente.  
La proposta, tutta condotta sul tema della costruzione del vuoto, connota Piazza del Popolo con elementi distintivi tipici della "città di fondazione", come ad esempio, i portici e gli spazi di relazione ben definiti in soluzioni che rimandano al linguaggio Metafisico. 
La proposta del progetto vincitore, sempre a parere della Commissione, interpreta alcune peculiarità di  "materiali innovativi" e di alta qualità  che costituiscono il valore aggiunto dell'idea progettuale: molto convincente è stata, infatti, la capacità di coniugare i temi della storicità del luogo con le possibilità offerte dalle nuove tecnologie in tema di comunicazione che permette al progetto di raggiungere una sintesi in equilibrio tra tradizione ed innovazione architettonica."
 

Massimo Palumbo architetto
project team:
Stefano Benetazzo, Antonio Chiominto, Mauro Chiominto
consuling:
Sara Palumbo, Giacomo Ravesi.
Latina_Italy
Latina 07.12.12

martedì 21 aprile 2015

UTOPIA



 UTOPIA
a cura di Lorenzo Canova e Piernicola Maria Di Iorio
ARATRO/ CAMPOBASSO UNIVERSITA' DEL MOLISE 





...appartengo alla generazione che ama mettere avanti al fare i contenuti, 
il pensiero,
 l'etica delle cose e degli anni della formazione, gli anni sessanta-settanta, porta con sè  il senso del progetto ed il valore delle utopie...l'etica delle cose, il pensare... riflettere.
Oggi poi,
potremmo ironicamente parlare di ferraglia anni settanta o di pensieri desueti...    
.......Arte, Architettura ...Architettura, Arte  e  
l'esigenza per me  di comprendere meglio cosa fossero e andare alle radici del problema,  dove Arte e Architettura sono un unicum, mai divise...
....i mondi si intrecciano tra loro e il dialogo è costante, continuo, ininterrotto... ci portiamo dietro esperienze radicali, poveriste... le utopie, 
senz'altro in sintonia con le tensioni culturali 
degli anni in cui ci siamo formati...... 
(mp.)

domenica 19 aprile 2015

CIBUS

   

"...In questi giorni leggiamo che Carlo  Petrini,  il “Carlin”prende le distanze: 
«Ma ad Expo dove sono i pescatori, contadini, formaggiai e trasformatori, tutti quelli insomma che insieme fanno la più grande economia del mondo? – si chiede polemicament il fondatore di Slow Food, -- Se questi soggetti non sono protagonisti, costruiamo sulla sabbia la manifestazione.....
Uno sfogo, arrivato alla vigilia dell'apertura di  Expo, e questo al tavolo sul made in Italy organizzato da Coldiretti a “Expo delle idee“.
dove le multinazionali sgomitano per stare in prima fila: speriamo nel business....."
                                                                                                                          aprile 2015

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Liceo Statale “Ettore Majorana”

INCONTRI D’ARTE CONTEMPORANEA 20°

MUDITAC/MAJORANA
ROMA
MUSEO DIDATTICO TERRITORIALE ARTE CONTEMPORANEA 
20 – 27 Aprile 2015

a cura di Anna Cochetti
....per riflettere sui temi dell’EXPO2015
nutrire il pianeta, energia della vita



MASSIMO PALUMBO
CIBUS
expomilano /nutrire il pianeta/energia per la vita
2015
tecnica mista cemento+pane
30x30x23

giovedì 16 aprile 2015

RECENSIONE. Marilisa Spironello per Massimo Palumbo alla Zisa di Palermo

Massimo PalumboCalips, tecnica mista
2010
30x30x9
ph. by Riccardo Pieroni


“Pensiamo di essere gli unici a parlare, ma io sono convinto che ci sia uno scambio: i luoghi ci danno energia, sensazioni, ricordi, creano situazioni in cui possiamo lavorare, rilassarci, sentirci bene o male. E per come la vedo io, questa è una forma di dialogo. Le città influenzano le nostre azioni e i nostri pensieri, i nostri atteggiamenti e, persino, il nostro comportamento sociale: ci influenzano più di quanto, probabilmente, siamo disposti ad ammettere”.
                                                                                                       Wim Wenders


Dopo il successo di “Noi che non abbiamo tetti”, Mostra che ha avuto luogo presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Latina, Massimo Palumbo si ripropone con “Vivi”, Personale, a cura di Cristina Costanzo, che vede l’Artista cimentarsi con formule, strumenti e realtà dai contenuti creativamente dialettici - e proprio per questo pregni di una loro suggestiva  originalità - presso i Cantieri Culturali della Zisa, un tempo sede delle famose Officine Ducrot.



C’è da dire, a tal riguardo, che da oltre un trentennio Massimo Palumbo si dedica, e non solo da un punto di vista architettonico, ai rapporti ed ai legami che intercorrono tra organizzazione sociale e midollo urbano, tra oikos ed assetti spazio-temporali, considerati, questi ultimi, sia nei loro processi sincronici che nel loro divenire diacronico. Al centro della recherche ovviamente c’è l’individuo, inteso quale componente imprescindibile dei vari assetti socio-culturali e, conseguentemente, il cittadino che diventa così il fruitore ed, al contempo, il “testimone” di loci e di installazioni, di nicchie e di performances, di riflessione critica e di consapevole  partecipazione interpretativa.
Uno degli scopi primari di Massimo Palumbo è, peraltro, quello di abbattere steccati, valli e recinti che in effetti imprigionerebbero la civitas in un’oscura ed asfittica medioevalità di ritorno, pur concedendo poco, in tale operazione, ad un’invisibilità o ad una transustanzializzazione metaforica di stampo, ad esempio, calviniano; così è ne La fiamma del carabiniere, opera realizzata a Latina in onore delle vittime di Nassyria.
Ritornando a “Vivi” si può dire che tale Personale rappresenti quasi una sfida per l’Artista, volto com’è ad esplorare le stesse condizioni esistenziali dell’ uomo. E gli interrogativi non sono meno inquietanti di quelli proposti, ad esempio, da un Sartre, di un Ungaretti - a cui per molti versi il Nostro è assimilabile - o dallo stesso Virgilio allorché descrive, nell’Eneide, l’angosciante “arborificazione” di Polidoro, figlio di Priamo. Chi siamo? Qual è il nostro destino, ma, soprattutto perché viviamo? Queste sono le domande che si pone Palumbo e le cui risposte sono di fatto “fornite” da un excursus che va da Il caldo vento del ’68 ( il passato dei padri) a I Bianchi, work in progress (in cui, in seno alla bidimensionalità del quadrato, irrompono sinergicamente moduli stilemi tratti dall’ esistere quotidiano) e via via Polvere, Calips, Paesaggio in verticale, Dimenticare Sarajevo etc.

La visione integrale e, saremmo tentati di dire, olistica - pur nella sua“specificità topologica” - dell’Artista la troviamo anche  in altre due opere, vale a dire: Il dardo viola, realizzata nel Parco Ranghiasci in occasione della “XXV Biennale di Scultura di Gubbio” del 2008 e Un naufragio ci salverà, un’ originale installazione presentata nel 1995 in una chiesa sconsacrata di Sermoneta. Del 1992 è, invece, La scacchiera, una creatio dalla coinvolgente geometria minimalistica prodotta per Casacalenda ed in cui il destinatario dell’opus artistico  diviene quasi parte  di un processo di simbiosi deduttiva in seno all’opera stessa.
Il minimalismo del Palumbo è, altresì, il filo d’Arianna che ci fa da guida lungo il suo lungo itinerario artistico; e ciò insieme alla sua indiscussa empatia per l’Arte povera (anche a livello di design), testimoniata dall’impiego di materiali quali ferro, legno, rame, stoffa, oggetti di recupero e così via.
La Weltanschauung neo-concettualistica di Massimo Palumbo ha fatto sì, insomma, che il microcosmo, nello stesso tempo riflessivo e creativo, sfociasse nell’ermeneusi di quel macrocosmo oggettuale fatto di “prodotti” urbanistici e di inventiones architettoniche, di estetiche ambientali reinterpretate secondo una poetica dal gusto, in ogni caso,  zetetico e di espressività corale non aliena da referenti politici e da suggestioni etiche. Vera pietra di paragone dell’arte palumbiana è, in sostanza, quel felice ed organico assemblamento tra Public Art ed Environment Creativity, tra teoresi, diremmo quasi noetica, e prassi “escavatrice” del manufatto urbano ed ambientale, che, appunto, in quanto vissuto e, perché no, (ri)visitato dalla presenza umana, diviene momento dialogico e di confronto ai fini di un’estetica tale da restituire al concetto di civilitas il suo autentico significato originario di “voce” della comunità!
Concludendo, quello che ci colpisce di più in “ Vivi” è la tensione morale di cui è permeata, sotto tutti i profli, l’opera del Palumbo il quale attua, in tal senso, un mirabile recupero focale e motivazionale delle radici stesse del nostro vivere. Quest’ultimo non è infatti “azione in movimento” (o solo questo) ovvero meccanicistico ed anonimo problem solving. Il “vivere” palumbiano è, al contrario, Esistenza fatta di Esperienza ed Emozioni, di Partecipazione e Solidarietà umana, di Arte e Libertà!

                                                                                                              Marilisa Spironello


30.09.2013







Massimo Palumbo
Vi toccherà prima o poi scrivere i vostri libri, installazione, 
2013
100x40
ph. by Riccardo Pieroni



 
Massimo Palumbo
Il caldo vento del ’68,  installazione,
2013
100x100
ph. by Riccardo Pieroni