giovedì 14 marzo 2013

con franco libertucci


con Franco Libertucci
1990

l'omaggio a Franco Libertucci : una scacchiera

  .............Un segno dalle diverse valenze:  ludico per i ragazzi del luogo desiderosi di usarlo, ma anche segno carico di simbologie, era la scacchiera vicina al "Palazzo".........mai nessun gioco è stato e sarà oggetto di tanta attenzione da parte dell'arte in tutte le sue forme, ed in particolare della letteratura, come gli scacchi. Quello degli scacchi, infatti, è un tema caro alla letteratura tanto antica quanto moderna come dimostra il fatto che autori di ogni tempo e luogo, hanno scritto e continuano a scrivere opere il cui tema centrale ruota intorno all'antico gioco di origine indiana, conosciuto in Persia e diffuso in Europa dagli Arabi tra il IX e il X secolo d.C.; quell'universo manicheo retto da rigide regole dove lo scontro tra il bianco e il nero incarna la metafora dell'eterna lotta tra il bene e il male, l'opposizione tra principi originari e contrari, simbolo dell'eterna contesa..........
 
Ma per me era anche l’oggetto che rimandava a Franco e ai suoi probabili scacchi, a Libertucci  scultore, uomo di grande cultura  e intelligenza, incompreso figlio di Casacalenda.!


 


palazzo delle poste a latina




“ ……l’incuria,
l’ignoranza degli uomini. Un frammento……per non dimenticare ”.


Proposta progettuale per un Museo d’Arte Contemporanea,
ex Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni
a Latina

“littoria-latina: ieri,oggi…..domani.”
1994
architetto massimo palumbo
 

 
"......L'odioso e infame crimine perpetrato nei confronti del bell'edificio della Città della Scienza di Napoli dimostra, casomai ce ne fosse ancora bisogno, che cultura e bellezza rappresentano un binomio che fa paura alla criminalità. Dimostra, altresì, come la buona architettura possa simboleggiare e rappresentare il riscatto di una città, di un quartiere, esprimendo le sue energie migliori e più positive, le sue speranze di rinascita....».

Così il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori sull'incendio che ha distrutto la Città della Scienza

giovedì 7 marzo 2013

rogo alla città della scienza a napoli








"......L'odioso e infame crimine perpetrato nei confronti del bell'edificio della Città della Scienza di Napoli dimostra, casomai ce ne fosse ancora bisogno, che cultura e bellezza rappresentano un binomio che fa paura alla criminalità. Dimostra, altresì, come la buona architettura possa simboleggiare e rappresentare il riscatto di una città, di un quartiere, esprimendo le sue energie migliori e più positive, le sue speranze di rinascita....."
Così il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori sull'incendio che ha distrutto la Città della Scienza


....sono veramente inquietanti le cose che accadono in questo paese!

6.3.13

mercoledì 6 marzo 2013

casa lasala il bunker a latina località nascosa



 
Il “Bunker”, ovvero, Casa Lasala: una responsabile avventura.
di
Loredana Lasala
 
 
     Solo un anno prima si era rivolto all’azienda di famiglia per stampare i biglietti da visita: “Antonio D’Erme – Architetto …”.
Un pezzettino di carta la cui originalità rivelò subito le caratteristiche e le potenzialità di quel giovane progettista e convinse mio padre ad affidargli la trasformazione di quella tipografia nel centro della città in uno spazio moderno ed efficiente.
     Di lì al conferirgli l’incarico della progettazione della “casa dei sogni” il passo fu breve.
     Era l’inizio degli anni ’70 e la fiducia nel futuro, ancora, consentiva, pur a non più giovanissimi imprenditori, di investire nella qualità e, perché no, nel prestigio di aziende e famiglie.
     Noi figli si era solo dei ragazzi. Tonino una sorta di fratello maggiore. E la casa che nasceva sotto i nostri occhi impreparati era un fenomeno affascinante reso ancor più eccitante dalla sua personalità di tranquillo ma inarrestabile vulcano.
     Veniva nel nostro appartamento di via F.lli Bandiera, dove viveva qualche piano più sotto, con i suoi disegni e i plastici straordinari che ci facevano vedere dove e come saremmo vissuti di lì in poi. Il passo quasi saltellato di chi non riesce a star fermo - più per eccesso di energia che per inquietudine -  il sorriso dei suoi occhi dolce-acuti; sempre lieve e ottimista (non credo di averlo mai visto arrabbiato). In fondo, non lo si poteva contraddire.
     Purtroppo, però, con il primo progetto, sforò il budget di troppo per potergli consentire di realizzare le sue ‘visioni’: doppie altezze, rampe elicoidali che distribuivano le stanze a vari livelli: uno splendore. Fu il primo ed unico rifiuto che i committenti gli opposero.
     Dovette ripiegare su una versione semplificata, ridimensionata ma non mortificata: il genio e la cultura dell’architetto emersero comunque da quello che si era trasformato in
un elementare quanto ‘pensato’ parallelepipedo di cemento dalle proporzioni perfette.
     La facciata scalpellinata, gli elementi emergenti dei comignoli ellittici e del solarium semicircolare, la giustapposizione di pieni e vuoti, le inclinate, i colori e una serie di dettagli tutti da scoprire, avevano creato un oggetto architettonico essenziale nelle linee ma fortemente plastico: una scultura di pietra (artificiale) e colore, di silenziosa eleganza, nel piatto
paesaggio della campagna di Latina che non lascia rimpiangere la prima versione.
      Le Corbusier, Terragni, Rudolph, Mies, Mondrian: evocati e riletti nell’interpretare un castello medioevale scozzese; (1) con la rampa di accesso che allude a un ponte levatoio. (2)
     Aveva studiato Tonino e capito - come pochi - quei maestri del novecento che d’un colpo avevano spazzato via orpelli e retorica dall’abitare e dal costruire. Senza restarne schiavo, da discepolo troppo ossequioso, ma traducendone la lezione in un prodotto originale e sensibile.
 
 
     La prima notte nella casa fu un’esperienza di quelle che non si dimenticano. Il silenzio innaturale, rotto solo dal canto degli uccelli notturni, agitava profondamente. I lucernari, sapientemente disposti a segnare percorsi e a disegnare fondali, lasciavano entrare la luce bianca della luna in un gioco di geometriche ‘presenze’; gli spazi fluenti al punto da confondere (non fu facile trovare il frigo). Non potei dormire.
     Non era una casa, quella, era una dimensione esistenziale nuova che giorno dopo giorno si rivelava e si impossessava di te.
Tutto invitava alla meditazione e alla contemplazione ma allo stesso tempo ti spingeva ad esplorare, incuriosiva, sorprendeva.
     Posso dire che l’esperienza di quegli spazi fu davvero una rivoluzione. La “pianta libera”, l’intimo rapporto con la natura circostante, concesso dalle generose vetrate, le visuali a sorpresa, mutevoli ad ogni passo, ad ogni ora, ad ogni stagione - che ancora oggi mi danno la sensazione di ‘passeggiare’, quando sono in casa - mi hanno ri/educato incidendo profondamente nelle mie categorie. Piazza pulita di tutto il conosciuto/subito; fine dell’ordine stabilito. Almeno quello di porte e finestre, stanze e corridoi a cui, la maggior parte  di noi, Italiani-classe media-di provincia, ci eravamo fino ad allora adattati e sottomessi.
Il cambiamento era nell’aria. C’era stato il ’68; poi vennero il’73 e il’78. Anni di cambiamenti profondi di cui Tonino aveva colto il portato migliore: la freschezza e l’autenticità di una libertà più consapevole: la responsabile avventura di una nuova e sconosciuta libertà, una libertà non violenta. (3)
     Solo gentilezza, nessuna aggressività, elegante rigore, non disordine mentale: questa era l’espressività di Tonino. Questo traspare ancora in ogni curatissimo dettaglio. Una cura che ne fa un’opera di altri tempi. Un’opera uscita dalle mani e dal cuore, oltre che dalla matita più o meno grassa dell’architetto-artigiano-artista. Nessuna operazione di copia-incolla. Databile, non datata; con tutto il fascino e la freschezza delle cose frutto di pensiero nobile. Oltre che di talento.
     Nulla o quasi è stato cambiato; nessun abuso, nessuna manomissione: la creazione è stata rispettata e amata al punto da far esclamare ad un noto storico in visita: “Bisogna che un notaio documenti tutto ciò. Tutto questo deve essere messo a verbale e sigillato…”, o giù di lì. Una boutade in linea con il personaggio, una provocazione (francamente, ancora oggi ho solo una vaga idea, e mi sfugge pure, di quello che volesse dire).
     Ma  la casa è davvero, ancora, l’espressione fedele del genio dell’architetto (lo si lasciò lavorare assecondandolo in tutto) e del suo tempo.
     Non senza problemi. La crisi energetica esplose quasi senza preavviso e solo qualche domenica dopo la conclusione dei lavori l’Italia andava a piedi. La tecnologia e i materiali non convenzionali, usati per realizzare una “scultura da abitare”, non avevano fatto i conti con il gasolio alle stelle e la dispersione termica, inevitabile in ambienti così ‘fluidi’, non circoscritti e così ampiamente vetrati,  rese il quotidiano degli abitanti piuttosto complicato nel tempo. Le tonnellate di ferro e cemento impiegati furono uno spreco indicibile: ci si sarebbe potuta costruire una palazzina di diversi piani. E poi il cemento a vista, con i ferri più superficiali che gonfiano e spaccano.
E’ giusto parlarne perché questa non sia solo un’occasione di postuma piaggeria ma momento di riflessione; e ripensamenti se necessario. Personalmente sono in grado di comprendere e accettare. Qualunque cosa. Il premio, in bellezza, è irrinunciabile e ripaga.
E’ questione di scelte: perdite, fatica; ogni  innovazione ne richiede. E se non ci annoia un'altra considerazione, ricordiamo come la ben più nota e prestigiosa “Casa sulla Cascata” – di F. L. Wright – dovette essere abbandonata per l’incessante e, ad un certo punto, insopportabile rumore dell’acqua. Un’audacia, un errore di valutazione progettuale che tuttavia continua a regalarci poesia e meraviglia.
     Audacia che ha fatto sì che si possa gustare, nella casa Lasala, un’atmosfera unica, autentica, ancora estremamente stimolante. I visitatori, a distanza di più di trent’anni, ne restano ammaliati. Forse più di allora quando, non proprio affettuosamente, era nota come “il bunker”. Ma erano tempi diversi; non eravamo pronti a tanta “brutalità” (4) e per la prima volta, dopo anni di pace, si respirava un’aria minacciosa: quella del “Golfo”.
     Oggi, qualche artista, ma non solo,  la sceglierebbe volentieri come dimora o dichiara di voler cambiare tutto della propria dopo tale esperienza estetica. Qualcuno ne rileva il tocco di surrealismo, forse il più stridente in tanta coerenza: la presenza dei proprietari. Sorprende questa coppia di 87 e 81 anni in tanta attualità. Una coppia di ‘giovani’ pionieri che hanno creduto nell’Architettura Moderna e, soprattutto, in un Architetto.

________________
 
1) Il riferimento a tale fonte di ispirazione è dello stesso Tonino D’Erme.
2) La rampa  era stata una precisa richiesta della proprietaria in prospettiva di una vecchiaia funestata da possibili disabilità.
3) Per questo, “Gas”, il film di recente ambientato (fortuna, solo alcune scene) nella casa, non rende merito al suo spirito. Serviva una casa anni ’70 per una storia ambientata a Latina che la famiglia, ignara dei contenuti, ha concesso per favorire un giovane regista concittadino.
4) L’opera si può definire “brutalista” (da béton brut) per l’uso del  cemento a vista
 
 
 
 

lunedì 4 marzo 2013

a proposito della biblioteca stirling








James Stirling, Michael Wilford, and Associates
Biblioteca Pubblica, Latina, Italy (1979-85)


diceva...

“…………. Sono proprio questi mediocri ideologi che ieri puntavano su una sorta di perbenismo per difendere privilegi e oggi vagheggiano aperture edonistiche come la droga, per esempio, per conservare l'esistente e ridurre il cambiamento a puro fenomeno di evasione e di provocazione, che cercano di impedire iniziative come queste con accuse e argomentazioni che, quando non sono risibili e demagogiche, sono provinciali ed astratte.
Il fatto di voler realizzare a Latina strutture per rendere la città più vivibile e porre in atto iniziative culturali d'alto livello che permettano un inserimento anche internazionale non è segno di megalomania o di 'mentalità' faraonica o cesarea come è stato detto da qualcuno con scarsa fantasia o molta mediocrità da piccolo 'borghese', ma è segno di acquisire maturità e di realistiche valutazioni delle potenziali possibilità della nostra provincia e di Latina in particolare: potenzialità che se ignorate ulteriormente, renderanno ancora più stridente il contrasto che già esiste tra la sua forza economica e demografica ed il livello delle attività che essa offre ed il ruolo regionale che le viene riconosciuto o assegnato.
La scelta di James Stirling quale progettista della ristrutturazione dell'isolato del vecchio Ospedale e della nuova Biblioteca Comunale, per chi sa appena qualcosa di urbanistica e di architettura appare quanto mai opportuna e giusta. Lo abbiamo scelto non soltanto perché si tratta di una grandissima personalità di livello mondiale, ma soprattutto per la qualità delle sue opere; esse infatti, al di là di ogni altra valutazione critica (che qui sarebbe comunque fuori luogo dal momento che ci sono decine di volumi su tale argomento) mostrano una grande capacità di interpretare l'attuale aspirazione (anche della nostra gente) ad un ambiente nuovo per un nuovo modo di vivere, combinando insieme la logica del manufatto a quelle funzioni proprie di spazi urbanistici non molto estesi e fortemente condizionati, con l'adattamento, la sperimentazione, ma anche il recupero di forme e figure, qualche volta addirittura di tipo, per così dire, "rinascimentale".
Non credo infine, che debba essere sottovalutato il fatto che egli ha progettato Università e biblioteche in quella Inghilterra che forse non sempre ci somiglia, ma che quasi sempre ci precede o suscita la nostra ammirazione, almeno nel modo di affrontare i problemi, sociali e quelli urbanistici…”
Antonio Corona
Sindaco di Latina

 

con franco purini

 
 
 
” Affermare che l’architetto deve migliorare l’abitare comporta il fatto che la sua disciplina deve dar luogo ad una attività – che é arte e insieme scienza – essenzialmente positiva.
 Ciò significa che, a differenza della letteratura, dell’arte pittorica e plastica, del cinema, della musica, della danza e della poesia,
 l’architettura non ha la possibilità di descrivere la sofferenza, il disagio, lo spaesamento, l’insennatezza del vivere, la perdita di sè, la tragedia....."
Franco Purini

 
 
con Franco Purini
Secondo PREMIO ERNESTO LUSANA
Latina

palazzo comunale di casacalenda









Palazzo Comunale di Casacalenda
architetto massimo palumbo
 (1980-1988)
……….dalla relazione illustrativa del progetto. Stralci.
Quando gli Amministratori decisero di ristrutturare il Palazzo Comunale di Casacalenda, era il 1980, si pensò che era giunto il momento di intervenire adeguando l'intera struttura dell'edificio alle nuove esigenze partecipative dei cittadini; l'edificio costruito nei primi anni del 900, pur non essendo edificio di particolare valore architettonico, presentava alcune valenze che comunque si è creduto opportuno conservare e valorizzare.
Si pensò che una riorganizzazione dei servizi e una loro maggior razionalizzazione erano necessari per avere in prospettiva un diverso uso del palazzo comunale, un uso di tipo sociale da parte di tutta la cittadinanza.
La progettazione ha tenuto costantemente conto di queste volontà ed ha individuato proprio nel riuso dello spazio-corte interna al palazzo “il luogo principe" intorno al quale far ruotare tutte le altre attività e servizi (da quelli amministrativi a quelli di carattere culturale).
L'aula consiliare o spazio polifunzionale, è stato il punto di partenza per tutta la progettazione.
Analizzando i collegamenti ed i percorsi essa risulta centrale e integrata agli altri servizi, è godibile a due altezze diverse per poter favorire l'ascolto e la partecipazione di un numero maggiore di cittadini.
La ristrutturazione dell'edificio ci ha permesso inoltre di poter  raddoppiare i metri quadrati fruibili. Sono stati recuperati tutti gli spazi sottotetto, che sono risultati di notevole valore architettonico-spaziale.
L'intervento è stato rispettoso, dei volumi, degli spazi, dei materiali, cercando sempre….. il dialogo e un rapporto costantemente dialettico con i nuovi materiali e le nuove tecnologie ovunque fossero necessarie. Da qui l'uso e la contrapposizione del cemento armato e del legno, del ferro e della muratura, del vetro e del plexigas.
L’atteggiamento progettuale è stato quello che si ha nel rivisitare porzioni di città, togliere dove necessario, inserire per esaltare: il gioco sapiente….per poter fare architettura.
Il nuovo intervento allora risulta sempre leggibile e si contrappone rispettando il contenitore di sapore primo 900”. Il tutto risulta integrato in un unico organismo spaziale
La copertura dell’ aula consiliare in c.a. e la scala di accesso ai diversi piani del palazzo, in ferro e pietra, sono segni strutturali forti e leggibili nel contesto e realizzati con materiali poveri.
La presenza di un piano intermedio nell'aula ConsiIiare è giustificata sia da motivi di articolazione dello spazio interno sia da motivi funzionaIi (aumento della recettività dell'aula e sua possibile utiIizzazione per altri usi di interesse culturale).
Il percorso anulare di affaccio sulI 'aula Consiliare garantisce la non interferenza delle funzioni di questa con quelle degli altri ambienti, ma allo stesso tempo la caratterizza opportunamente come luogo centrale e simbolico del centro civico.
Proprio la tensione progettuale a dare a questo spazio centrale una forte caratterizzazione ha orientato il progettIsta per quanto riguarda la copertura verso una scelta integrata di forma e struttura, che differenziasse in modo deciso lo spazio centrale di nuova acquisizione.
Si rafforza così formalmente l'idea di centralità di cui si è espressa poc’anzi l'intenzione progettuale, evitando però mediante opportune scelte formaIi e funzionaIi (aperture e percorsi) la rigidità di un impianto simmetrico da un punto di vista spaziale.
La progettazione individua, nel riuso dei cortili interni all'edificio, i due luoghi di maggior partecipazione: da una parte l'Aula Consiliare, dall'altra il Museo Civico,con annessa biblioteca e Pinacoteca Comunale. La copertura é una struttura in cemento armato sorretta da quattro esili pilastri in ferro.
Anche per il museo civico, si é ritenuto opportuno legare le funzioni diverse (biblioteca, museo) e spazi per attività culturali, con piani integrati tra loro,a quote diverse. La copertura, in questo "Luogo",ha valore e significato diverso: le capriate sono in ferro e vetro……

“…….all’Architettura piace essere trasformata con cura ”
(Alvaro Siza), 
alcune considerazioni a margine del progetto….Un progetto bocciato dal geometra comunale
……… un occasione minimale, come altre per tentare di fare architettura, da vivere come momento irrinunciabile di poesia per un  luogo : uno spazio che deve dare emozioni.
………il plastico biancore mediterraneo, la luce, la leggerezza, lo spazio e il rapporto costante dell’uomo che vive il luogo: l’architettura sempre sottintesa come mezzo per amplificare l’azione dell’uomo, ed intensificare la sua esperienza quotidiana.
……… L’alzato e la pianta che vivono in continua tensione il pieno e il vuoto, spazi positivi e negativi
……. la semplicità, come dominio della complessità e delle contraddizioni , quando nello specifico una nuova struttura si confronta con quello che la precede e la circonda.
……………..il far si che anche operando intorno ad un architettura minima la sfida è sempre quella di rendere un senso di grandezza al tema progettuale che ci troviamo sul tavolo da disegno……

 “…………penso che il bello non sia una sostanza in se,
 ma solamente un disegno di ombre
 prodotto da un gioco di chiaroscuro ,
con la giustapposizione di sostanze diverse….. “
( Junichiro Tanizaki) 

1988





a proposito di ponte genovese a borgo sabotino




......L’idea di environnement di Massimo Palumbo, consistente nell’ipotizzare un ponte-mongolfiera, virtualmente in grado di spiccare il volo in ogni momento, a causa dei grandi palloni aerostatici bianchi ad esso collegati in punti strategici, e miranti “ad infinitum”, gioca, com’è prassi consolidata in altre installazioni di questo nostro originale rappresentante della land-art, con un’arrière pensée fortemente polemica, com’è del resto intuibile dall’osservazione della serie di foto “parlanti” a documentazione della bellezza architettonica e quasi sensoriale del manufatto romano del ponte. Piccoli blocchi di laterizio caldo, aggettanti e rientranti ad interpretare il movimento dei brevi piloni e l’armonioso svolgimento delle arcate, piombato, il tutto, nel magma di un desolante degrado di periferia urbana, tra  stracci, canneti  e roulottes . Vola via, pontile romano, nell’oscurità della notte, prendi il largo per lidi più ospitali…questo un possibile messaggio, tra i tanti  ipotizzabili per il progetto di Massimo Palumbo...
Marcella Cossu*

*Marcella Cossu Curatore, Storico dell'Arte,
direttrice della Raccolta Manzù,Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma 


quinto premio lusana: premiazione











________________
Premiazione
PREMIO ERNESTO LUSANA Quinta Edizione
Latina 3x Garage Ruspi
12.12.12

Massimo Palumbo architetto
project team:
Stefano Benetazzo, Antonio Chiominto, Mauro Chiominto
consuling:
Sara Palumbo, Giacomo Ravesi.
Latina_Italy

Primo classificato è il progetto contraddistinto con il motto
"HANGAR 3.0" ( Arch. Massimo Palumbo ) che è stato prescelto dalla Commissione con la seguente motivazione:
" E' il progetto che,  nel suo complesso, risponde alle finalità del bando, in quanto rappresenta la soluzione architettonica ritenuta dalla Commissione fondamentalmente convincente.  La proposta, tutta condotta sul tema della costruzione del vuoto, connota Piazza del Popolo con elementi distintivi tipici della "città di fondazione", come ad esempio, i portici e gli spazi di relazione ben definiti in soluzioni che rimandano al linguaggio Metafisico. La proposta del progetto vincitore, sempre a parere della Commissione, interpreta alcune peculiarità di  "materiali innovativi" e di alta qualità  che costituiscono il valore aggiunto dell'idea progettuale: molto convincente è stata, infatti, la capacità di coniugare i temi della storicità del luogo con le possibilità offerte dalle nuove tecnologie in tema di comunicazione che permette al progetto di raggiungere una sintesi in equilibrio tra tradizione ed innovazione architettonica."___




sabato 2 marzo 2013

con mauro staccioli


con




con Mauro Staccioli
2007
Casacalenda _Molise
Museo all'Aperto d'Arte Contemporanea Kalenarte

con costas varotsos

  
 
con Costas Varotsos
Casacalenda_Molise
Museo All'Aperto Arte Contemporanea Kalenarte
1997

leonardo ricci, condividere


Condividere
 ……………..il ruolo dell'architetto. Una volta, quando mi capitava di frequentare i consigli comunali, mi chiamavano architetto, adesso magari mi definiscono un tecnico, e mi arrabbio.
Io non sono un tecnico, sono un architetto.
Con il termine «tecnico» si vorrebbe sottolineare un ruolo meramente esecutivo di idee che vengono elaborate da altri. Ma scherziamo? Non si tratta di orgoglio. In ogni disciplina esiste un ruolo creativo, spesso insondabile, che trova la soluzione all'altezza dei problemi. Che sia un matematico, che sia un calciatore che inventa un dribbling. lo sono un architetto, ma sono anche la gente e quindi ho il diritto e il dovere di capire, nella mia disciplina, quale sia quel piccolo passo avanti da compiere nel mondo sconosciuto dell'architettura, in quella porzione ancora sconosciuta dello spazio di cui abbiamo bisogno. Credo proprio che si debba trovare un registro nuovo, non un alfabeto, ma un linguaggio, il linguaggio dell'architettura.
Leonardo Ricci

l’idea dell’arte


…l’idea dell’arte come intrattenimento….abbellimento,decorazione…………
sono convinto che non sia questa la direzione giusta,  l’arte deve entrare nel meccanicismo segreto del conflitto.....
 mp.

 

venerdì 1 marzo 2013

secondo premio ernesto lusana





Perché il Concorso d’idee.
Abbiamo sempre pensato che la politica per la qualità dell'architettura è porre all' attenzione, non solo degli addetti ai lavori ma della società civile in genere e del mondo politico uno strumento in grado di garantire una reale concorrenza, fondata sulla qualità del prodotto: il concorso di architettura.
In Italia e  non ci stancheremo mai a dire,  si fanno ancora  pochi concorsi di idea di architettura.  Nella nostra provincia poi, escluso qualche caso molto, molto isolato, la cosa è molto più grave.
Credo non si sa neppure cosa siano, nel senso che vengono ignorati. Questo in un quadro generale ove per la realizzazione di opere pubbliche la Legge MerIoni invece l'istituisce come obbligo.
Malgrado la legge, non si tengono concorsi, mentre, contrariamente a quello che accade in Europa, si fanno  limitate gare di progettazione e non sempre anzi molto di rado, segue la realizzazione dell' idea premiata.
Le "idee" sono, la traduzione e la visibilità della cultura architettonica contemporanea. Il risultato di un concorso dipende da come è immaginato, definito e proposto, in relazione anche ad una chiara sequenza degli obiettivi e delle finalità, tradotte in atti concreti e perseguibili sotto il profilo strategico ed economico.Risulta pertanto  particolarmente importante riuscire a creare sinergie tra le istituzioni e gli organi competenti la gestione e la promozione del territorio.
Certo e di questo ne siamo convinti, Il concorso non è il toccasana dei problemi legati alla crescita  delle città, ma è evidente che la qualità dell' architettura è anche da ricercare con il confronto che  alimenta la competizione e la volontà di produrre architettura di qualità.  I concorsi e le idee sono utili per far emergere buona architettura e costruire città miglior.Da troppo tempo invece la qualità architettonica in Italia è considerata un qualcosa di superflo, quando invece si sa che un' opera di architettura oltre a rappresentare un valore etico per la società è un bene sociale e un  investimento capace di riqualificare brani di città.La bellezza quando c’è non è solo un valore estetico, ma per la città diventa anche un valore economico che si traduce in valore aggiunto e in un investimento per il futuro.
Cosa invece risulta diffuso tra le amministrazioni pubbliche oggi, in  risposta alla legge Merloni. Il concorso-gara, che come sappiamo altro non è che come sedersi al tavolo di una roulette, come la definiva un nostro collega. Una gara che avviene per selezione di curricula, fatturato, ed altro,  dove a vincere,  vince chi ha più vinto e raramente riesce ad inserirsi chi non è di gradimento dell’Amministrazione; i bandi naturalmente vengono predisposti con elementi di selezione che a monte caratterizzano “il Prescelto”.   
In un quadro del genere appare quasi eroico inseguire concetti elementari, parlare di architettura, pensare addirittura alla bellezza! Ma il nostro intorno è fatto di questo e di tante altre contraddizioni.
Siamo convinti che il concorso d’idee è il sistema più corretto per raggiungere risultati di qualità architettonica e progettuale. Bisognerebbe creare delle alleanze tra pubbliche amministrazioni, imprenditori, architetti, e cittadini per rilanciare l’immagine delle nostre città e del territorio più vasto inteso come paesaggio.Un tavolo, uno sportello aperto come si direbbe oggi per altre iniziative, per trovare gli incentivi i programmi gli investimenti giusti che siano capaci di riportare al centro del processo edilizio, il progetto di architettura, la procedura dei concorsi, la qualità e l’innovazione degli interventi.
Perseguendo scenari di questo tipo, abbiamo trovato sinergia con la Camera di Commercio di Latina, che con noi ha condiviso gli obiettivi di questo Concorso.
Attraverso il Bando del Concorso, così come strutturato, abbiamo chiesto progetti innovativi, sul piano della ricerca architettonica e della sperimentazione. Era anche quello che si richiedeva, in occasione del primo premio Ernesto Lusana, e pensiamo possa ancora essere considerato il punto di partenza per questa seconda edizione. Abbiamo pensato ad un Premio d’Architettura che si apre alle molteplici possibilità e che offre il metodo del Concorso di progettazione, metodo, troppo poco conosciuto e troppo poco usato dai nostri amministratori. Come obiettivo abbiamo la qualità e l’innovazione negli interventi, capaci di ridare vivibilità e bellezza alle città per valorizzare anche con interventi minimali lo straordinario patrimonio delle nostre città.  
Pensiamo al concorso d’idee di progettazione e sia convinti che sia sempre “tempo” per cominciare e  di indagare, per offrire anche spazi di possibilità a chi queste occasioni le trova con difficoltà. Vogliamo  essere irriducibili nel pensare, che sia sempre “il tempo” di porre attenzione al progetto, alle idee, e ……quando capita, alle occasioni e agli avvenimenti che a volte riescono ad aggiungere “valori” agli orizzonti troppo spesso stretti, delle realtà che fanno il nostro quotidiano.
” promuovere il progetto d’Architettura”
E’  quanto si impose il consiglio dell’Ordine degli Architetti di Latina nel sostenere,  l’idea  del Premio Ernesto Lusana. Era per  ricordare un amico ed un architetto, Ernesto Lusana che tanto aveva dato all’Architettura come etica di valori che durano nel tempo, ma ci interessava anche  istituire a cadenza biennale, un premio d’architettura per sollecitare progetti nuovi e  innovativi capaci di valorizzare anche il senso della nostra contemporaneità .
Un Premio che fosse occasione periodica e cadenzata per discutere di Architettura e delle diverse tematiche ad essa collegate, ma anche  per avere momenti di discussione tra quanti hanno a cuore la sorte delle nostre città, degli ambienti e dei luoghi in cui viviamo. Gli architetti  sono coscienti del ruolo che  rivestire l’architettura per migliorare l’ambiente. L’architettura è un bene di tutti, un bene della società  anche perché può e deve  rappresentare  il punto di equilibrio fra lo sviluppo economico e la salvaguardia dell’ambiente
La prima edizione, ha visto nel celebrare il trentennale della costituzione del nostro ordine, una grande mostra e la consegna del Primo Premio d’Architettura  a progetti meritevoli di colleghi iscritti all’Ordine e che operano sul nostro territorio.
Una attenta riflessione di quanto è stato fatto, ci ha portato a considerare, che forse era maturo il tempo per un salto di qualità nel considerare il premio occasione da non perdere per aprire ad un concorso di respiro nazionale e verificare il progetto d’Architettura in un contesto e in un area ben individuata della nostra città. E’ stato così individuato  un tema di grande rilievo per la città e un area centrale del centro storico di Latina, un area irrisolta, fa da base a questo Concorso Nazionale d’Idee: l’area delle così dette Ex Autolinee.
L’ obiettivo, condiviso da quanti hanno voluto il Concorso è stato anche l’acquisizione di idee progettuali relativamente ad un area centrale del “centro storico” di Latina, teso anche ad individuare proposte mirate a sviluppare “il gusto di vivere la città” nonché a migliorarne la fruizione sociale ed economica.
L’augurio  che in questo momento ci sentiamo di fare, è che dal Concorso possano essere usciti contributi di novità e di qualità attraverso l’elaborazione di progetti innovativi, sia sul piano della ricerca architettonica e della sperimentazione, capaci di esprimere nuove sensibilità e  rappresentare  nuovi linguaggi,  nonché occasione per  indagare sulle potenzialità nei rapporti tra Architettura e Arte così,  come il Bando chiedeva e  auspicava..

 “……oltre il nonluogo,
ipotesi progettuali per uno spazio urbano di una città del novecento:
Latina…..”

Luogo, nonluogo, un concetto di alcuni anni fa che attende risposte e che al di la delle mode,  è parte di una problematica generale tutt’ora di grande attualità per il territorio italiano e che per quanto riferito al contesto della città di Latina pensiamo possa essere colto come valore-nonvalore, da studiare e capire ulteriormente
Giorgio Muratore alcuni anni fa a Latina in occasione della manifestazione Arcipelaghi d’Architettura diceva :
 “........effettivamente il problema del non-luogo, del caos, ........è un problema che qui si sente e c'è…. Cosa c'è più di non-luogo di questo posto, che prima era la pianura piena di zanzare, tremenda, poi dopo è stato il fiore all'occhiello degli anni 30-40, però è durato poco perché………. poi l'hanno dovuto subito nascondere, e quindi è diventato un non-luogo perché tutto il dopoguerra è stato segnato dal fatto di cancellare quell' orrendo luogo che era stato costruito negli anni trenta, e quindi era un non- luogo”.
Noi per dare senso e continuità al nostro lavoro abbiamo dato seguito a questa traccia pensando, come provocazione, di poter anche andare “oltre”. Nasce così il Concorso d’idee. Vogliamo sperare come inversione di tendenza, che questa  del Concorso d’Idee, non sia per Latina, per la nostra città,  un occasione unica ed irripetibile per proporre contribuiti e idee utili a ricucire quel vuoto e dare significato ad un spazio  irrisolto. Pensiamo invece che Latina, e il nostro territorio hanno bisogno di tante occasioni di questo tipo, e di  tanti interventi di microchirurgia come direbbe Francesco Moschini,
”…….. forse siamo in grado di ricostruire un senso del luogo a partire dalla rilettura stessa dei luoghi, come ci è stato insegnato da sempre a scuola, ma ne abbiamo perso probabilmente la memoria. Allora tra l'eccesso di progettuaIità della piazza brunelleschiana, e il rapporto con il luogo della piazza seicentesca, pensiamo alla dimensione della piazza metafisica……….., ecco credo che vada ritrovato il senso del rapporto con l'idea di microlettura…..”
Interventi nella città per ricucire porzioni di città, per legare Latina a Littoria o Littoria a Latina, ma anche  per ridare dignità alla marina, a porzioni urbane centrali, e a periferie, che non hanno alcuna voglia di rimanere tali. Periferie e dormitori senza anima che invece chiedono servizi e dignità da cittadini, periferie che vivono nel nulla e che hanno voglia di luoghi, di simboli di nuovi segni.
E’ sempre  il momento di andare “oltre”, di uscire dalle secche, di lavorare per la crescita di questo territorio; è il momento di rompere gli schemi e di essere propositivi.
“Oltre”……. per fare quadrato, non per una ennesima rifondazione, ma seguire comunque la storia di questa città, che comunque e a dispetto di noi tutti che la viviamo, va verso il suo destino. Il futuro di Latina fatto da chi la vive giornalmente e che per quanto riguarda il nostro ambito specifico di architetti, è un futuro comunque rappresentato dai nostri “segni”.
Franco Purini sempre in occasione di Arcipelaghi d’Architettura aggiungeva :” …….io ho l'impressione che Latina e il suo territorio siano giunti a un momento di svolta,' un momento di svolta che corrisponde a una situazione molto critica, ma anche a una condizione di, come dire, di grande privilegio nei confroniti del contesto delle città italiane. Spazi aperti collettivi, bene, non c'è spazio aperto collettivo di scala geografica più favorito, in Italia, forse, dopo la pianura padana, della pianura pontina. cioè noi possiamo leggere questo spazio considerando la pianura pontina come, minimamente, il più grande luogo collettivo di metà della penisola italiana. E un luogo collettIvo che è dotato di strutture straordinariamente efficienti, che ha raggiunto un punto critico di densità oltre il quale, ovviamente, nasceranno tutta una serie di problemi insoluti, ma a questo punto non è stato ancora raggiunto……
……Latina è una città, assieme ad altre nella pianura pontina, che ha il nuovo come antico, e quindi si trova in una condizione di assoluto appunto privilegio nei confronti di molte altre città italiane. E quindi sul piano del rapporto col nuovo come antico può insegnare molte cose alla cultura progettuale italiana e non solo…
……. La periferia di Latina, ovvero la città di Latina ha un tono, per così dire, urbano, un tono diciamo di civiltà insediativa che, non solo si è conservato, ma secondo me ha subito anche un certo incremento……..”
Il luogo o il nonluogo siamo noi a determinarlo, come cittadini, come architetti. Sappiamo che ogni epoca ha lasciato quello che poteva dare. Per noi oggi, anche attraverso questo Concorso d’idee il  contributo, l’occasione e la capacità di costruire uno scenario migliore di cui i veri attori sono le persone che abitano questa polis e che hanno fra le proprie mani la possibilità di vivere un presente, che ha valore, con la prospettiva di lasciare un futuro migliore a chi verrà dopo.
Perché non mettere in moto una nuova etica, una nuova morale, un nuovo gioco?.
Il futuro di Latina, si giocherà sicuramente intorno ai suoi punti deboli, sulla capacità di saper ricucire le sue diverse parti e la capacità di inventare nuovi spazi, nuovi luoghi. 
Massimo Palumbo
Curatore
Premio d’Architettura Ernesto Lusana
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da Secondo
PREMIO ERNESTO LUSANA
Latina Aprile 2002

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"lo sono di quelli che credono - e per me è molto importante - che gli uomini appartengono a qualche luogo.
L’ideale è essere di un luogo, avere le radici in un posto, ma che le nostre braccia siano aperte a tutto il mondo, che ci siano utili le idee di qualunque cultura. Tutti i luoghi sono perfetti per chi vi si adatta ed io, qui nei miei Paesi Baschi, sento che questo è il mio posto, come un albero che si è adattato al proprio terreno, ma con le braccia aperte a tutto il mondo. Sto cercando di fare l'opera di un uomo,
la mia, perché io sono io e, visto che
sono di qui, quest'opera avrà delle sfumature particolari, una luce scura che è la nostra".

                                                Eduardo Chillida